In 3 sorsi – L’inserimento del PKK nella lista delle organizzazioni terroristiche dell’Unione Europea sembra una decisione dibattuta, ma un cambiamento di rotta potrebbe compromettere i rapporti con la Turchia.
1. GENESI DI UN MOVIMENTO
Il conflitto interno tra Turchia e curdi è radicato nella storia. I curdi costituiscono la più grande minoranza etnica senza Stato, con 30 milioni di individui distribuiti tra Turchia, Iraq, Iran e Siria. Il Kurdistan Workers’ Party (PKK) fu fondato nel 1978 con l’obiettivo di creare uno Stato indipendente curdo formato da una parte del territorio turco meridionale e altri territori dei Paesi confinanti. I curdi hanno da sempre rivendicato il proprio diritto di autodeterminazione, seppur in maniera non omogenea, con priorità e agende differenti spesso in conflitto tra di loro.
Ad oggi questa linea si è modificata soprattutto in Turchia, dove la richiesta del movimento è quella di una gestione autonoma del territorio. In una intervista della BBC nell’aprile 2016, il leader del partito, Cemil Bayik, aveva infatti dichiarato che le intenzioni del PKK non erano quelle di creare uno Stato separato dalla Turchia, ma di continuare a vivere all’interno dei suoi confini, gestendo in maniera autonoma il proprio territorio.
L’ultima escalation di violenze è avvenuta lo scorso marzo, quando l’esercito turco, coadiuvato da quello iraniano, ha avviato un’offensiva militare contro i curdi lungo il confine orientale. L’annuncio è stato dato dal Ministro dell’Interno turco, seguito dalla smentita dell’agenzia di stampa ufficiale iraniana IRNA sul non coinvolgimento delle forze iraniane nell’offensiva.
Fig. 1- Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan parla durante una conferenza a Mosca, aprile 2019
2. L’EUROPA E IL RICONOSCIMENTO DEL PKK
Nel 2002 l’Unione Europea inserì il PKK all’interno della lista delle organizzazioni terroristiche, come giĂ fatto da Turchia e Stati Uniti precedentemente, ma il suo atteggiamento riguardo a questa decisione ha subito nel tempo delle critiche e dei ripensamenti. Nel 2008 il Parlamento europeo modificò la dicitura “militanti del PKK” in “attivisti” e giĂ si discuteva di una possibile eliminazione del movimento dalla lista delle organizzazioni terroristiche. Â
La sentenza del Tribunale dell’Unione Europea 316/14 del novembre 2018 ha abrogato la decisione del Consiglio in merito all’inserimento del PKK tra le organizzazioni terroristiche nel periodo che va dal 2014 al 2017. «Inoltre, la domanda volta ad ottenere che sia dichiarato inapplicabile, nei confronti del PKK, il regolamento (CE) n. 2580/2001 del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entitĂ , destinate a combattere il terrorismo, è respinta». Nelle motivazioni della sentenza si spiega che l’inserimento in questo periodo di tempo è giustificato da alcuni episodi che però non sussisterebbero dal punto di vista giuridico. Â
A marzo 2019 il Parlamento europeo è tornato a parlare di questa decisione. Alcuni parlamentari hanno chiesto di eliminare il PKK dalla lista (aggiornata ogni sei mesi), ma l’emendamento è stato respinto dalla maggioranza e da Federica Mogherini (Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza), la quale la ritiene una decisione al momento fuori discussione. In questo modo si rischierebbe di compromettere i rapporti con la Turchia, fondamentali nella gestione dei flussi migratori e nella risoluzione politica del conflitto siriano.
Nel giugno 2018, l’agenzia Europol ha evidenziato nel “Terrorism situation and trends report” che il PKK sfrutterebbe l’Europa come base di reclutamento e reperimento di armi. In particolare, i tentativi reclutamento militare da parte del PKK tra la diaspora curda in Europa avverrebbero soprattutto tra i giovani. In Francia il processo di reclutamento è messo in atto dalla Kurdish Young Organization, che attirerebbe i giovani curdi per poi spingerli a partire per l’addestramento militare in Armenia, Iran e Iraq.
Fig. 2 – Uno dei leader fondatori del PKK Cemil Bayik durante un’intervista nel nord dell’Iraq nel 2015
3. IL PKK E L’ITALIA
I contatti tra PKK e Italia iniziarono concretamente nel novembre del 1998, quando il leader del partito Abdullah Ocalan arrivò in cerca di asilo politico, dopo un mandato di arresto emesso dalla Turchia. Il Governo dell’epoca, guidato da Massimo D’Alema, decise di non accordare la richiesta d’asilo, anche in seguito alle pressioni turche e statunitensi. Dopo una dichiarazione di “allontanamento volontario”, arrivato a Nairobi fu poi catturato dai servizi segreti turchi e messo in carcere con l’accusa di tradimento e attentato all’unitĂ e sovranitĂ dello Stato.
Nell’ottobre 2016, la TV filo curda Med Nuce con sede legale in Italia fu sospesa in seguito alla campagna di repressione avviata da Erdogan dopo il fallito golpe militare del luglio 2016. La questione scatenò l’indignazione in primis del suo direttore, Antonio Ruggeri, e anche di Sinistra Italiana, che si rivolse subito al Governo e all’AGCOM per chiedere il ripristino delle trasmissioni.
Il dibattuto inserimento del PKK nella lista delle organizzazioni terroristiche appare una scelta politica dalla quale dipendono i rapporti con la Turchia, al momento indispensabili per l’Unione Europea.
Altea Pericoli