Tra fondi sovrani per riciclare i proventi del petrolio e intese con colossi come Finmeccanica, cerchiamo di capire i piani di alcuni Stati africani per crescere e sviluppare le proprie economie
LIQUIDITA’ AFRICANA – Una delle novità più dibattute negli ultimi anni nello scenario politico internazionale sono i cosiddetti fondi sovrani, strumenti economici (con una forte valenza politica) che servono ai paesi che esportano petrolio (o che hanno una bilancia commerciale positiva, e le due categorie quasi sempre coincidono) per reinvestire la liquidità e le proprie riserve monetarie. La novità è che ora i fondi sovrani non sono più ad appannaggio dei paesi della penisola Arabica, della Cina o della Russia, ma anche alcuni paesi africani stanno iniziando ad utilizzare questo strumento per reinvestire le proprie riserve economiche. Ora dopo Botswana e Nigeria anche l’Angola, per bocca del ministro dell’Economia, Manuel Nunes Junior, ha appena annunciato che il paese varerà entro il 2009 un fondo sovrano per gli investimenti. L'Angola è un paese che conosce la stabilità politica da soli sette anni dopo trent’anni di conflitti interni e dal 2002 ha registrato dei tassi di crescita double-digit. Inoltre è uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo: ciò ha permesso al governo di ottenere delle enormi linee di credito (in particolare da parte cinese mentre l’FMI negava i fondi) e aprire moltissimi cantieri infrastrutturali. Ora il governo ha accumulato delle ampie risorse con i proventi del petrolio che permettono al paese di investire direttamente delle risorse per lo sviluppo della propria economia o per acquistare bond statali esteri, obbligazioni e azioni di società occidentali con prospettive di medio-lungo termine. Un salto qualitativo notevole per un paese che fino a pochi anni Tony Blair avrebbe definito una parte di quella ferita sulla coscienza per il mondo. Oggi l’obiettivo di Luanda è quello di smarcare l'economia dalla dipendenza da petrolio e materie prime, e l’obiettivo centrale del fondo sovrano è esattamente la diversificazione. Oltre a ciò un altro obiettivo è quello di dimostrare una notevole solidità economico-finanziaria del paese e di conseguenza suscitare maggiore fiducia negli investitori esteri, che è uno dei volani principali per lo sviluppo economico del paese.
FINMECCANICA LIBICA – Ma anche nell’Africa Sahariana si muovo investimenti sostanziali grazie a dei fondi sovrani: dopo aver acquisito una forte partecipazione in Unicredit ora la Libia, con il fondo Libya Africa Investment Portfolio (Lap) ha sottoscritto un memorandum di intesa con Finmeccanica che prevede la costituzione entro un anno di una joint venture partecipata al 50% da Finmeccanica e 50% da Lap. La joint venture sarà lo strumento principale per le iniziative congiunte di business e potrà effettuare investimenti per specifiche attività commerciali e industriali costituendo apposite società nei Paesi di interesse. Finmeccanica potrà usare la joint venture come partner preferenziale nelle iniziative da lei direttamente promosse e come cassa dove recuperare la liquidità necessaria agli investimenti più onerosi. Inoltre, utilizzando questa partnership le due parti potranno sviluppare nuove opportunità di business in particolare in aree geografiche strategiche per la futura crescita del gruppo, come Africa e Medio Oriente. La Libia invece avrà così, oltre alla possibilità di investire le proprie liquidità in uno dei maggiori colossi mondiali per solidità economica, anche l’accesso preferenziale ad un know-how tecnologico all’avanguardia in vari settori civili ma soprattutto nel settore militare. Stefano Gardelli