Caffè lungo – La COP 16 di Cali è un forum internazionale dal doppio risvolto. Da un lato i Paesi dell’America Latina sono stati protagonisti di traguardi importanti per tutelare la biodiversità marina e terrestre e le popolazioni indigene. Dall’altro, la COP ha fatto riemergere le tradizionali divergenze tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo su temi cruciali quali governance e finanziamenti.
LA ‘COP DE LA GENTE‘
Tra il 21 ottobre e il 1° novembre 2024 si è svolta a Cali, in Colombia, la COP 16 sulla biodiversità . L’evento aveva quattro obiettivi principali: valutare l’implementazione del Global Biodiversity Framework (GBF), un piano comune adottato nel 2022 per contrastare la perdita di biodiversità ; rivedere le strategie e i piani d’azione nazionali per la biodiversità (NBSAP); sviluppare un quadro di monitoraggio per aggiornare il GBF; e finalizzare un meccanismo multilaterale per una giusta ed equa distribuzione dei benefici e delle informazioni genetiche digitali.
La COP 16 si è presentata come “la COP delle persone”. Secondo il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, è fondamentale coinvolgere l’intera societĂ , specialmente le popolazioni indigene, considerate “i piĂą grandi guardiani della natura e luminari dell’uso sostenibile”. A questa apertura sono seguite le parole della Ministra dell’Ambiente e dello Sviluppo Sostenibile della Colombia e Presidente della COP, MarĂa Susana Muhamad, che ha spronato le Parti a trovare soluzioni per ripensare il rapporto con la natura.
Fig. 1 – La Ministra dell’Ambiente e dello Sviluppo Sostenibile colombiana, MarĂa Susana Muhamad, insieme a un gruppo di indigeni
IL NODO CRUCIALE
La novità più importante è arrivata il 28 ottobre con il lancio di un framework da parte dell’International Advisory Panel on Biodiversity Credits. Questo gruppo di consulenza, fondato da Regno Unito e Francia nel giugno 2023, è nato per sbloccare nuovi flussi finanziari per la salvaguardia ambientale. Il documento introduce la definizione di “crediti di biodiversità ”, uno strumento economico che certifica i benefici “duraturi e aggiuntivi” per la diversità biologica derivanti da progetti governativi e non. Al centro del framework c’è il principio di “alta integrità ”, volto a garantire “risultati verificati per la natura, equità e giustizia per le persone, e una buona governance dei mercati”.
A fare da contraltare a questi sviluppi, però, sussistono nodi ancora irrisolti. In primo luogo, solo 34 Stati, di cui nove membri dell’Unione Europea, dei 196 Paesi partecipanti alla COP hanno aggiornato il proprio NBSAP. La questione più spinosa riguarda la governance del fondo del GBF, la Global Environmental Facility (GEF). I Paesi del cosiddetto Global South temono di avere poca influenza su come i fondi vadano gestiti, denunciando l’assenza di garanzie per il consenso delle popolazioni indigene. Indonesia e Brasile reclamano un maggior potere decisionale in quanto Paesi ricchi di biodiversità e, quindi, sono tra i maggiori destinatari del GEF.
Fig. 2 – Un gruppo di delegati stanchi all’ultima sessione plenaria della COP16
ALTRI TRAGUARDI
Sebbene la GEF sia stata il fulcro di COP 16, altri successi significativi meritano attenzione. Da un lato, Brasilia ha promosso il Tropical Forest Forever Facility (TFFF), un fondo di 125 miliardi di dollari destinato ai Paesi tropicali per la protezione delle foreste, che sarĂ ufficializzato nel 2025 durante la COP 30 sul Clima a BĂ©lem. Dall’altro, la Colombia si è distinta per il suo impegno nella creazione del “Fondo Cali”, finalizzato a redistribuire equamente benefici e profitti derivanti dall’uso delle informazioni sul sequenziamento digitale delle risorse genetiche. Inoltre, BogotĂ ha lavorato alla progettazione di un “Bond per la BiodiversitĂ in America Latina”, pensato per finanziare progetti di conservazione della biodiversitĂ nella regione e nei Caraibi.
Inoltre, il 1° novembre scorso i Paesi membri della Convenzione sulla Diversità Biologica (CDB) hanno creato un “organo sussidiario” per istituzionalizzare le istanze dei “Popoli Indigeni”. La decisione è storica perché, per la prima volta dal 1992, anno dell’istituzione della CBD, viene dato potere effettivo a questi attori applicando concretamente l’articolo 8(j), che indica il principio di inclusione dei Popoli Indigeni nella tutela della biodiversità .
Infine, a Calì è terminato un negoziato lungo otto anni sulla definizione di un “Accordo Globale” per la tutela delle aree marine chiave per la biodiversità ubicate in acque internazionali. L’Accordo Globale istituisce un “gruppo consultivo internazionale” che identifica tramite criteri scientifico-tecnici delle aree marine di importanza ecologica o biologica. Il meccanismo si presenta come neutrale nelle questioni di sovranità territoriale, inclusivo per gli attori non statali e finanziato da Germania, Belgio, Canada, Svezia e Norvegia.
Fig. 3 – La ministra dell’Ambiente brasiliana, Marina Silva, fautrice del TFFF
PROSSIMI APPUNTAMENTI
La COP 16 si svolge in un anno cruciale per le questioni climatico-ambientali come il 2024: da un lato, per aver coinvolto elettoralmente un numero record di Stati, tra cui Unione Europea, Stati Uniti, Messico, Indonesia e India, ovvero attori fondamentali nella diplomazia climatica globale; dall’altro, la COP 16 è solo la prima di tre conferenze che si terranno da metà novembre a metà dicembre. Infatti, il 2-13 dicembre è in programma la COP sulla Lotta alla Desertificazione a Riyadh, mentre quella sul Clima a Baku è attualmente in corso. Questo raro allineamento tra i tre vertici fa sì che i negoziati avviati a Cali influenzeranno i summit successivi, modellando l’azione della comunità internazionale per la tutela del pianeta.
Lorenzo Avesani
“Euglossini” by Carlos Eduardo Joos is licensed under CC BY