Analisi – Le accuse di frodi elettorali e i dubbi sul corretto svolgimento delle elezioni del 9 ottobre hanno causato proteste e scontri violenti in Mozambico, alimentando lo stato di instabilità politica nel Paese, soprattutto nella regione settentrionale di Cabo Delgado, già segnata da conflitti e una crescente insurrezione islamista.
LE VIOLENZE POST-VOTO IN MOZAMBICO
Lo scorso 9 ottobre si sono svolte in Mozambico le elezioni generali per eleggere il Presidente, i 250 membri dell’Assemblea e i membri di 10 assemblee provinciali. Il confronto principale è stato tra il Frelimo (Frente de Libertação de Moçambique) del Presidente in carica Filipe Nyusi – il partito di Governo al potere da 49 anni – e il partito di opposizione storico, la Renamo (Resistencia Nacional Mozambiqueña). Queste elezioni hanno visto anche l’emergere di un nuovo schieramento politico, il Partito Ottimista per lo Sviluppo del Mozambico (Podemos), formato attorno ai membri dissidenti del Frelimo e che sostiene la candidatura presidenziale di Venâncio Mondlane. Negli ultimi tempi, Podemos è riuscito non solo a mettere in discussione il dominio storico dei due partiti che hanno combattuto nei 16 anni di guerra civile del Paese, ma anche a raccogliere un significativo sostegno da parte dell’opinione pubblica, in particolare tra i giovani. Il 24 ottobre la Commissione Elettorale Nazionale del Mozambico (CNE) ha annunciato la vittoria del Frelimo, con il suo leader Daniel Chapo che sarà il prossimo Presidente, avendo ottenuto il 70,67% dei voti. Mondlane, a capo di Podemos, che ufficialmente ha ricevuto il 21% dei voti, ha contestato i risultati, parlando di elezioni fraudolente. In seguito a queste accuse, Mondlane ha lanciato un appello sui social media per organizzare manifestazioni di massa, che si sono trasformate in scontri violenti con la polizia.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Un veicolo militare blocca l’accesso alla frontiera tra Mozambico e Sudafrica a Ressano Garcia, in Mozambico, 13 novembre 2024
LE CONSEGUENZE INTERNE
Le violenze delle ultime settimane si vanno a sommare a un contesto di crisi preesistente, contribuendo così all’aggravare della situazione politica e sociale del Paese. Dal 2017 è in corso, infatti, un conflitto che Medici Senza Frontiere definisce “invisibile”: una guerra civile che ha come epicentro la regione di Cabo Delgado, nel nord del Paese, una delle aree più ricche di risorse naturali di tutta l’Africa australe. Le proteste sono scoppiate in diverse città del Mozambico, portando a violenti scontri tra manifestanti e forze di sicurezza. Secondo Amnesty International le Autorità mozambicane hanno avviato una massiccia repressione dei manifestanti dopo le contestate elezioni del 9 ottobre. Finora la polizia ha ucciso decine di persone, ne ha ferite oltre un centinaio e ne ha arrestate o detenute arbitrariamente migliaia. La situazione è ulteriormente peggiorata, con il Governo che ha limitato l’accesso a internet e minacciato l’intervento dell’esercito. Il blocco di internet viola i diritti umani, perché impedisce ai cittadini di comunicare, di riunirsi pacificamente e di esprimere le proprie opinioni politiche in un momento di crisi. È stato riportato inoltre l’utilizzo di gas lacrimogeni da parte della polizia nei confronti dei manifestanti. Infine, più di 150 negozi sono stati vandalizzati con danni stimati in 369 milioni di dollari, aggravando ulteriormente le turbolenze economiche.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il Presidente del Mozambico, Filipe Nyusi, durante il Forum Cina-Africa, Pechino, 5 settembre 2024
LE CONSEGUENZE REGIONALI
La crisi sta causando gravi ripercussioni sia interne che regionali: il Sudafrica e lo Zimbabwe hanno infatti chiuso i confini con il Mozambico per motivi di sicurezza. Il Sudafrica ha deciso di interdire temporaneamente il valico di Lebombo, ovvero il principale collegamento tra i due Paesi, creando un notevole disagio soprattutto in termini economici. Questo passaggio è il più utilizzato per gli scambi commerciali tra Sudafrica e Mozambico e la maggior parte dei beni che arrivano nella capitale, Maputo, deve attraversare questa frontiera. La decisione è stata presa in seguito a scontri e violenze avvenute proprio lungo il confine con il Sudafrica. Secondo Gavin Kelly, amministratore delegato dell’Associazione sudafricana del trasporto merci su strada, la crisi in corso ha causato perdite economiche stimate in 10 milioni di rand (550mila dollari) al giorno per il Sudafrica. Di certo, l’impatto maggiore lo avrà il Mozambico, perché potrebbe derivare una carenza di cibo e di beni di prima necessità. Già in questi giorni molti supermercati e negozi sono rimasti chiusi nella capitale a causa delle proteste, aumentando l’insicurezza alimentare della popolazione.
Embed from Getty ImagesFig. 3 – Manifestanti a Maputo, capitale del Mozambico, 7 novembre 2024
IL RUOLO DELLA SADC
La Comunità di Sviluppo dell’Africa meridionale (SADC) ha organizzato un summit straordinario dal 16 al 20 novembre ad Harare, in Zimbabwe, proprio per discutere l’attuale situazione in Mozambico, stato membro dell’Organizzazione regionale. La SADC è stata più volte criticata per l’inefficacia nel rispondere alle crisi in Mozambico e in generale nella regione dell’Africa australe. L’Organizzazione è infatti ancora debole a livello istituzionale e la mancata visione comune tra i suoi Stati membri contribuisce alle sue difficoltà. In questi giorni la SADC non ha preso posizione nel condannare il Governo di Maputo per la soppressione delle proteste e l’uccisione di civili. L’opposizione del Mozambico ha inoltre criticato la missione di osservazione elettorale della SADC (SEOM), dopo che questa aveva elogiato lo svolgimento del processo elettorale. Gli inviati internazionali, compresi quelli dell’Unione Europea, hanno concluso che le elezioni sono state caratterizzate da gravi irregolarità. La SADC, l’Unione Africana e i Paesi vicini dovrebbero condannare con fermezza la situazione in Mozambico e chiedere al Governo di interrompere le violenze nei confronti della popolazione. Questa crisi dimostra come le Organizzazioni regionali nel Continente non siano ancora abbastanza mature e capaci di agire nei confronti dei propri Stati membri, intervenendo per garantire il rispetto dei diritti umani, la sicurezza e l’ordine pubblico.
Benedetta Ardizzone
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