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Ritorno sulla Via della Seta?

La Repubblica popolare torna a guardare a Occidente. Dietro all’interesse del dragone si nascondono sete di petrolio e l’esigenza di tutelare la propria sicurezza nazionale. L'Asia Centrale si caratterizza però per essere una regione “difficile” per la sua instabilità politica e religiosa.

LA CINA E L'ASIA CENTRALE, UNA LUNGA STORIA- Una storia non sempre d’amore, ma non per questo meno importante. La via della seta, per secoli la più importante via commerciale planetaria, passava attraverso quelle pianure assolate e polverose. Questo potrebbe darci la misura di quanto la Cina sia stata legata al “suo” occidente. Oggi, secoli dopo, la storia si ripete. La Cina torna a guardare verso il sole calante.

LE RISORSE ENERGETICHE, UNA NECESSITA'- Il tempo delle spezie e della seta è finito, questa è l’era del petrolio e dei minerali, degli oleodotti e delle ferrovie. La Cina, con quasi un miliardo e mezzo di abitanti e un tasso di crescita che sfiora il 10% annuo è il Paese che più ne ha bisogno. La sete del dragone -come viene acutamente evocata la brama di idrocarburi che anima Pechino- è forte e non basteranno pochi barili di greggio a placarla. La Repubblica Popolare deve soddisfare i suoi bisogni energetici, questa è un'assoluta priorità nell’agenda dei suoi dirigenti. Paesi come l’Uzbekistan -solo per citarne uno- rappresentano una fonte che Pechino non può non considerare attentamente. Soprattutto quando si consideri che l’estrazione di petrolio sul suolo cinese ha praticamente smesso di crescere mentre i consumi della Repubblica Popolare sono aumentati vertiginosamente: dall’esportatore di greggio che era, il Paese si è trasformato nel secondo importatore a livello mondiale. Nel 2004 la domanda cinese costituiva ben il 31% della crescita della domanda mondiale. Considerando che i cinesi consumano a livello pro-capite molto meno degli occidentali è facile intravedere la crescita potenziale della sua domanda nei prossimi anni. Dunque, l’oro nero e i metalli rappresentano un obiettivo primario nella marcia verso occidente. Ma non sono gli unici elementi. E’ chiaro che l’interesse cinese per le aride terre che si estendono oltre il Gobi ha anche radici politiche e strategiche. L’Asia Centrale è una zona instabile, ma estremamente importante per la sicurezza della Repubblica Popolare. Ieri era il luogo dove stanziavano le truppe sovietiche, oggi è il terreno di coltura per l'estremismo islamico che influenza gli uighuri nello Xinjiang. Le cose cambiano, ma sembra che continui ad esserci una buona ragione per tenere sott’occhio il confine occidentale.

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I RISCHI POLITICI – Inserirsi con peso economico e politico in quest’area potrebbe tuttavia sollevare delle problematiche nuove. In primis, ovviamente, svetta l’inevitabile conflitto con la Russia. L’erede dell’Unione Sovietica ha sempre avuto una fortissima influenza sui Paesi dell’Asia Centrale, specialmente nel settore più caro ai cinesi, quello del petrolio. L’inserimento di Pechino con oleodotti e investimenti potrebbe mettere in forse il peso di Mosca, che finora ha avuto un vantaggio competitivo enorme dovuto ai suoi collegamenti stradali e ferroviari, nonché ai suoi gasdotti (basti pensare che, fino al 2007, Gazprom comprava il gas Uzbeko a 50 dollari ogni mille metri cubi per poi venderlo all’Europa a 300). D’altra parte bisogna sempre considerare la delicata posizione internazionale dell’Iran e la presenza americana in Afghanistan. Un’area calda che sta richiamando l’attenzione del mondo come successe ai tempi del “great game”. Finora la Cina ha mantenuto una posizione defilata su tutti questi temi, assicurando la priorità alle questioni economiche, ma è difficile ipotizzare che questo possa continuare se la Cina si presenterà con maggior forza nella regione. Il rischio è di trovarsi invischiati in questioni scottanti ed essere sottoposti a maggior pressione da parte di Paesi terzi. Da quando la Cina ha cambiato volto –vale a dire dalle riforme di Deng Xiaoping- Pechino non ha accettato di assumere un ruolo politico pari a quello economico. In futuro chissà.

Michele Penna

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