Consigli non richiesti: MENA – I nostri suggerimenti al Governo “Conte bis” sulla politica estera italiana
Lo stato delle relazioni
A dispetto del grande focus del precedente governo sulla questione immigrazione, la strategia italiana nei confronti dell’area Nord-Africa e Medio Oriente (MENA – Middle East North Africa) è stata ridotta e limitata a una generica opposizione alle iniziative francesi. L’Italia ha invece numerosi dossier aperti in un’area che geopoliticamente rimane quella dove abbiamo maggiori leve da sfruttare e maggiori interessi diretti, anche considerando la presenza di militari italiani in Libia (operazione MIASIT) e nel sud del Libano (operazione Leonte, parte di UNIFIL2), oltre al recente impegno in Kurdistan (operazione Prima Parthica).
L’Eni è uno dei principali attori italiani nell’area MENA, e non è una sorpresa dati gli interessi energetici del nostro Paese: oltre al petrolio (in quantità variabili a seconda dell’instabilità dell’area), dalla Libia importiamo gas naturale tramite il gasdotto Green Stream, mentre dall’Algeria facciamo lo stesso tramite il gasdotto Transmed. Eni è anche attiva in Egitto, dove spicca la recente scoperta del giacimento supergigante di Zohr e altre scoperte minori, ed è anche in prima fila nei rapporti con l’Iran, che risulta essere un mercato promettente per vari settori dell’economia italiana ma è attualmente sotto sanzioni USA che limitano l’interscambio. La stabilità dell’area è vitale per noi, poiché il Nord Africa è ovviamente interessato dalla tratta finale delle rotte migratorie ed è uno dei terreni fertili per i gruppi terroristi, così come l’area del Golfo Persico.
Le prioritĂ
- Una strategia in Libia: va bene appoggiare il Premier Libico Serraj e denunciare l’aggressività del Maresciallo Haftar, ma serve una strategia di lungo termine per risolvere l’instabilità in Libia. In particolare, ogni iniziativa che vede coinvolti solo i principali attori ha mostrato di essere fallimentare, pertanto meglio una strategia che punti a coinvolgere anche gli attori minori (principali milizie e stakeholders locali) tramite la redistribuzione dei proventi della vendita di idrocarburi. E qui l’Italia ha sia i contatti sia le risorse sul campo per essere attore fondamentale e perfino guidare lo sforzo internazionale. Attenzione alla Francia: è vero che ha interessi spesso non coincidenti con noi ma un qualche dialogo occorre trovarlo perché non si continui a ostacolarci a vicenda. I francesi vogliono stabilità , anche a costo di dare il Paese in pasto a un dittatore: a noi sta il compito di mostrare che una soluzione realistica diversa esiste, anche perché manterrebbe la nostra influenza nel Paese.
- Migrazioni: legata alla soluzione sopra, pagare le fazioni libiche perché non ci mandino migranti è risultato una soluzione parziale e che ci ha resi vulnerabili a ricatti. Serve scavalcare i trafficanti in Libia e Nord Africa con una strategia di canali dai Paesi di origine.
- Iran: La strategia USA di massima pressione verso l’Iran sta creando una crisi non necessaria (se si arriverà a un accordo, come tutti sperano, non sarà troppo diverso dal precedente JCPOA) che danneggia anche gli interessi italiani nell’area, dove siamo posizionati meglio di altri. L’Italia dovrebbe supportare le iniziative europee per trovare una soluzione alla crisi che permetta nuovamente la penetrazione economica italiana nel Paese.
- Egitto: L’Egitto può diventare un hub regionale del gas, con export anche verso l’Italia, ma l’intero capitolo è spinosissimo, perché coinvolge la questione relativa a Giulio Regeni. In Italia viene vista come una disputa politica tra destra e sinistra, ma non è così: coinvolge la credibilità dello Stato in ambito internazionale e la sicurezza dei nostri cittadini all’estero. Togliere l’ambasciatore, come richiesto dalla famiglia, è controproducente: l’Egitto comunque non accetterà di umiliarsi pubblicamente davanti a un tale gesto, e le nostre imprese ne sarebbero danneggiate. Ma l’Italia, tramite l’Eni, ha un’influenza potenzialmente enorme e può usarla per fare forti pressioni sottobanco per ottenere giustizia, anche se difficilmente si arriverà a incriminazioni di alti gradi: qualcuno crede davvero che al-Sisi possa essere processato, come chiedono alcune parti dell’opinione pubblica? Allo stesso tempo, deve essere chiaro che tali gesti non sono tollerabili: se non per Giulio, almeno per coloro che rischieranno lo stesso in futuro.