sabato, 23 Settembre 2023

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La guerra sporca del Messico

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Si è assisto al passaggio dalla guerra contro il narcotraffico alla guerra “sporca” delle campagne elettorali. Questo lo scenario in cui domenica scorsa si sono tenute le elezioni per la nomina di governatori, sindaci e legislatori locali in 12 dei 31 Stati messicani. Il tutto si è svolto in un clima di tensione politica e violenza diffusa che da due mesi a questa parte è diventata una costante nella nazione messicana.

TERRORE – In tutto il Paese i candidati hanno rinunciato alle ultime ore di campagna elettorale nonostante il governo avesse offerto macchine blindate e guardie del corpo. La paura ha avuto la meglio. Proprio lo scorso lunedì si è verificato il più grave omicidio degli ultimi 15 anni: Rodolfo Torres Cantu, candidato del Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) alla nomina di governatore per lo Stato di Tamaulipas (Provincia nel nord del Paese), è stato assassinato mentre si dirigeva all’aeroporto di Vitoria. Immediata la reazione del partito che ha deciso di candidare il fratello Egidio per una delle elezioni messicane più violente e attese dal 2006, anno in cui fu eletto il presidente Felipe Calderón.

ELEZIONI – sebbene il PRI abbia vinto in 9 dei 12 Stati coinvolti nelle elezioni è evidente che qualcosa è cambiato. Il vecchio partito, che vanta un’egemonia dal 1929 al 2000, aveva annunciato la vittoria su tutti gli Stati coinvolti, con l’obiettivo di affermare la propria leadership in previsione delle elezioni presidenziali che si terranno nel 2012. Questa convinzione si basava sul fatto che all’opposizione c’era una destra sempre più debole, anche a causa del fallimento del Presidente Calderón nella guerra contro il crimine organizzato, e una sinistra divisa in mille parti. Colpo di scena: il partito di destra Azione Nazionale (PAN) e di sinistra Rivoluzione Democratica (PRD) hanno stretto un’alleanza che ha permesso loro la vittoria in 3 Stati (Oaxaca, Puebla e Sinaloa) in cui il PRI governava da 80 anni.

VASO DI PANDORA – Le elezioni hanno messo in evidenza tutte le contraddizioni in cui vive il Paese, e con questo non si fa riferimento solo all’aumento vertiginoso del numero di morti, ma anche al graduale incremento della criminalità in tutte le sue forme e in vari ambiti.

I dati parlano da sé: dei 2.800 municipi del Paese è stato stimato che l’8% è totalmente controllato dal crimine organizzato; alto livello di emarginazione sociale in almeno 900 municipi; 4.000 estorsioni al mese con un aumento del 883% in otto anni; violazione dei diritti umani da parte dei militari, 1.230 le denunce nel 1998 e 1.791 nel 2009; e, infine, record di crimini in un giorno, 85 si sono verificati venerdì 11 giugno e 271 nella settimana  dal 5 all’11 giugno.

GUERRA SPORCA – è una guerra sucia (sporca) quella che si sta combattendo nella comunità politica messicana. Come hanno affermato gli stessi politici, questa guerra, nella quale è sempre più presente la criminalità organizzata, si è intensificata a giugno quando il PAN consegnò alla stampa conversazioni private dei governatori di Veracruz e Oxaca (entrambi del PRI) in cui dichiaravano ai propri collaboratori che avevano il potere per fare qualsiasi cosa volessero nei propri Stati, tra cui la possibilità di distribuire denaro per ottenere più voti.

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COLOMBIANIZZAZIONE – Dall’arrivo al potere del presidente Calderón nel 2006, tutti i media hanno utilizzato l’aggettivo “colombianizzazione” per definire la politica messa in atto dal governo, intendendo con questo la presenza nelle istituzioni politiche dei cartelli dei narcotrafficanti. Dalla dichiarazione di guerra contro i narcos da parte del governo messicano si sono registrati 23.000 morti, e non solo, si è assistito a una corruzione diffusa a più livelli che vanno dalla compagine governativa, polizia, esercito, governi locali a i funzionari che operano alla frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti.

Tuttavia, il processo che ha portato alla simbiosi tra il narcotraffico e la classe politica in Colombia si è sviluppato molto più lentamente rispetto a quello messicano in cui si è assistito, invece, a un cambiamento improvviso.

In Colombia, nonostante l’esportazione massiccia di droga sia iniziata a metà degli anni ’70,  l’ondata di violenza contro i civili è iniziata il decennio successivo. Nell’attuale Messico, come la Colombia degli anni ’80 inizio anni ’90, il vuoto di potere e l’esclusione di una grande parte della società ha permesso a un potere più grande, il narcotraffico, di rimpiazzare il potere statale.

Anche se le somiglianze tra i due paesi sono molte, bisogna tenere presente che in Colombia la leadership del narcotraffico è iniziata in maniera diversa. Sin dall’inizio si è avuto un coinvolgimento della sfera politica e non si è assistita a una vera e propria guerra contro i narcos fino agli anni ’90. Al contrario in Messico sin dall’arrivo al potere di Calderón, è stata proclamata la guerra contro i narcotrafficanti, che ha comportato la mobilitazione di circa 45.000 soldati.

GOLPE MEDIATICI –  Guerra è la parola strategica che è stata usata da Calderón per la sua campagna elettorale nel 2006 rivolta principalmente alla lotta contro i gruppi del crimine organizzato. L’azione di Calderón è stata definita da alcuni un “Golpe strategico”, avallato dall’aiuto dei mezzi di comunicazione di maggior impatto come la televisione, che ha messo fine a sei anni di silenzio e apatia sull’argomento durante la presidenza di Vincente Fox. 

Ma non è stato sufficiente. Nonostante il forte utilizzo della propaganda militare e l’aumento delle risorse a favore delle Forze Armate, la situazione interna del Paese non sembra aver subito vistosi miglioramenti. Al contrario, i fatti che si stanno verificando negli ultimi mesi non fanno altro che destare sempre maggiori preoccupazioni.

“Nemico comune”, “guerra”, “combattere senza tregua”, “tutta la forza dello Stato” sono tutte parole che sono entrate a far parte del lessico del governo che ha optato per la repressione come misura per combattere la criminalità. Il punto debole è non aver effettivamente dedicato risorse e misure adatte per tutti gli aspetti connessi al crimine organizzato come il riciclaggio di denaro, il traffico di armi e la corruzione delle forze di sicurezza.

STRATEGIA DI CAMBIAMENTO?- La preoccupazione per la percezione del Paese soprattutto all’estero ha portato alla necessità di modificare nel più breve tempo possibile l’immagine del Messico, associata alla violenza, all’insicurezza e ai trafficanti di droga. Il “marketing” è sembrata la soluzione per occultare la realtà. Così Calderón in alcune dichiarazioni pubbliche e messaggi diffusi attraverso la rete nazionale, ha preferito non riferirsi più alla guerra contro il narcotraffico ma alla “lotta per la sicurezza pubblica”. Dal risolvere il problema del narcotraffico e sconfiggere i delinquenti, è passato alla formula “riduzioni delle loro azioni”.

In una guerra in cui non si vede ancora la fine e nemmeno un vincitore, a parere di molti il presidente messicano ha scelto di controllare il problema ponendogli dei limiti. Calderón applica la vecchia strategia tipica del PAN di negoziare e al tempo stesso lasciar fare, una strategia questa che non sembra più efficace in un Paese come il Messico.

Valeria Risuglia

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Redazione
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