Ristretto – 3 dicembre 1973: muore Adolfo Ruiz Cortines, ex Presidente del Messico e protagonista del boom economico del Paese negli anni ‘50.
Originario di Veracruz, Ruiz si unisce giovanissimo alla rivoluzione contro il regime di Porfirio Diaz, spinto dalla sua educazione liberale e dagli scritti del leader democratico Francisco Ignacio Madero. Nel 1913 diventa membro della fazione rivoluzionaria guidata da Alfredo Robles e Venustiano Carranza nel centro del Paese, ma non partecipa ad azioni armate e si occupa solo di gestire la paga delle truppe. In tale funzione si guadagna presto la fama di amministratore onesto e competente, cosa che gli apre le porte di una fortunata carriera nel Dipartimento Nazionale di Statistica nei primi anni ‘20. Un decennio più tardi, l’incontro con Miguel Alemán Valdés, figura in ascesa del Partido Nacional Revolucionario (PNR), lo spinge infine a tentare seriamente la strada della politica, servendo nelle campagne presidenziali di Lázaro Cárdenas e di Manuel Avila Camacho. Nel 1940 la nomina dell’amico Alemán al Ministero dell’Interno lo porta prima al Governo come Sottosegretario e poi lo aiuta a ottenere la candidatura per il governatorato di Veracruz nelle fila del nuovo Partido Revolucionario Institucional (PRI). Nel 1944 Ruiz vince facilmente le elezioni per il governatorato e si occupa per diversi anni di riformare profondamente il suo Stato natale, sostenendo l’educazione pubblica per le fasce più povere della popolazione e concedendo il voto alle donne nelle elezioni municipali. Inoltre il suo impegno per la modernizzazione del porto di Veracruz trasforma l’area in un hub commerciale importante per la regione del Golfo del Messico, dando ulteriore stimolo alla notevole crescita economica nazionale iniziata sotto la presidenza di Alemán nel 1946.
I motivi di tale crescita economica sono molteplici e danno vita a quello che gli esperti definiranno come un vero e proprio “miracolo messicano”, con tassi di crescita annuale del PIL intorno al 7% e un senso di benessere diffuso in larga parte della società messicana. Allo stesso tempo il Paese registra una significativa espansione del settore manifatturiero, grazie anche a numerosi investimenti stranieri, e diventa autosufficiente nella produzione di molti beni di consumo, esportandone il surplus sui mercati internazionali. Eletto Presidente nel 1952, Ruiz gioca un ruolo chiave nel consolidamento del “miracolo”: più integerrimo del suo predecessore, insiste ripetutamente sulla necessità di una maggiore “moralità” da parte della classe politica messicana ed esercita un controllo oculato della spesa pubblica, indirizzandola principalmente a sostegno di programmi di sviluppo economico e di welfare sociale. Sotto la sua presidenza, ad esempio, viene debellata la malaria e sono implementate varie misure a favore delle comunità rurali. Memore dell’esperienza positiva nello Stato di Veracruz, Ruiz promuove anche la modifica dell’articolo 34 della Costituzione per consentire il voto alle donne a livello nazionale, con l’intento di rafforzare il carattere democratico e egualitario della repubblica messicana. La riforma viene portata a termine con successo nell’ottobre 1953. Allo stesso tempo il Presidente cerca di mantenere un certo distacco diplomatico dagli Stati Uniti e di rafforzare i rapporti con gli altri Paesi latinoamericani, ma i suoi tentativi di integrazione regionale si scontrano con la dura realtà della guerra fredda e con la debolezza dei suoi vicini rispetto a Washington. Nel 1958 Ruiz lascia infine la presidenza al successore Adolfo López Mateos e si ritira a vita privata nella sua Veracruz, dove muore nel dicembre 1973 per arresto cardiaco.
Il “miracolo messicano” continuerà ancora per oltre un decennio, sostenuto anche dal rigore riformista di Ruiz. Sarà solo la crisi petrolifera del 1973 a mettervi fine e a dar vita a un periodo di fortissima instabilità economica e sociale che continua a tormentare il Messico ancora oggi.
Simone Pelizza