Ristretto – 3 marzo 1878: Russia e Turchia firmano il trattato di Santo Stefano che porta all’indipendenza di Bulgaria, Romania, Serbia e Montenegro. Le disposizioni del documento verranno rettificate piĂą tardi dal Congresso di Berlino, ma esso finisce comunque per stravolgere gli equilibri politici della penisola balcanica e per rappresentare la fine del dominio ottomano su tale regione.
Firmato nel piccolo villaggio di Santo Stefano, a ovest di Costantinopoli, il trattato è frutto della pesante sconfitta militare turca nel conflitto con la Russia inziato nell’aprile 1877. Desideroso di vendicare le umiliazioni della guerra di Crimea (1853-56), il Governo zarista approfitta infatti delle rivolte anti-ottomane in Erzegovina e Bulgaria, brutalmente represse da Costantinopoli, per muovere guerra al Sultano e rafforzare il proprio ruolo di “protettore” delle popolazioni slave nei Balcani. Le truppe russe entrano inizialmente in Romania, che dichiara la propria indipendenza dall’Impero Ottomano, e poi attraversano il Danubio, avanzando in direzione di Costantinopoli. Sulla carta, i turchi dispongono di un buon sistema di difesa, incentrato su diverse fortificazioni strategiche in Bulgaria, e di migliori armi da fuoco acquistate dalla Gran Bretagna e dalla Germania. Ma i comandanti ottomani sono troppo passivi e lasciano sin dall’inizio ampia libertà di manovra ai russi, che si impadroniscono della fortezza di Nicopoli e tentano anche di prendere Plevna. Il tentativo fallisce e le truppe zariste sono quindi costrette ad un sanguinoso assedio della città , ma i turchi non riescono a soccorrere gli assediati e subiscono una dura sconfitta al Passo di Shipka. Dopo quasi cinque mesi di assedio, Plevna si arrende infine alle forze russo-romene che riprendono la propria marcia verso sud, sostenute ora anche dalla Serbia. Una serie di nuove battaglie intorno al Passo di Shipka porta infine al collasso dello schieramento ottomano, mentre i russi si impadroniscono di Sofia e avanzano rapidamente verso Edirne, minacciando direttamente la capitale turca. A quel punto la Gran Bretagna interviene in difesa della Porta e minaccia un’azione navale per impedire ai russi di prendere Costantinopoli. Il Governo zarista intavola quindi negoziati con il Sultano che portano alla firma del trattato di Santo Stefano nel marzo 1878.
Il trattato prevede la creazione di una Bulgaria indipendente, situata tra il Danubio e la Tracia orientale, e il riconoscimento del distacco definitivo di Serbia, Montenegro e Romania dall’Impero Ottomano. Inoltre il nuovo Stato bulgaro dovrebbe includere la Macedonia e avere uno sbocco sul Mediterraneo, concessione chiaramente affine agli interessi geostrategici russi. I turchi dovrebbero riconoscere anche l’autonomia di Bosnia, Erzegovina, Creta e Tessaglia, ma le proteste britanniche e l’intervento mediatore di Bismarck vanificano l’obiettivo russo di una sostanziale espulsione del potere ottomano dai Balcani. Il successivo Congresso di Berlino (13 giugno – 13 luglio 1878) porta infatti a una parziale rettifica delle disposizioni del trattato di Santo Stefano: la Bulgaria resta indipendente di fatto, seppure ancora sotto sovranita formale ottomana, ma perde parte della Macedonia; la Romania cede la Bessarabia alla Russia in cambio della Dobrugia; la Gran Bretagna ottiene Cipro e l’Austria-Ungheria diventa “amministratore fiduciario” di Bosnia e Erzegovina. Pur delusa, la Russia accetta il risultato del Congresso e si accontenta di avere comunque incrinato il potere ottomano nell’area del Mar Nero, ottenendo anche importanti acquisizioni territoriali nel Caucaso (Ardahan, Batum, Kars).
Il trattato di Santo Stefano rappresenta un vero e proprio punto di svolta nella storia dei Balcani. Esso segna infatti l’inizio della fine della presenza ottomana nella penisola e la nascita ufficiale di una serie di Stati locali ambiziosi e divisi da svariate rivendicazioni territoriali. Queste rivendicazioni porteranno successivamente alle guerre balcaniche (1912-13) e allo scoppio della prima guerra mondiale. Ancora oggi la Bulgaria celebra la firma del trattato come il Giorno della Liberazione da cinque secoli di dominazione ottomana.
Simone Pelizza