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Il confine greco-turco e il futuro della crisi migratoria

Analisi – Tra febbraio e marzo migliaia di persone hanno tentato di valicare la frontiera per entrare in Grecia dalla Turchia dopo che il premier Erdogan aveva dichiarato i confini “aperti”. Qual è la risposta dell’Europa e quali sono le ragioni che hanno spinto Erdogan a passare dalle minacce ai fatti?

COSA SUCCEDE AL CONFINE GRECO-TURCO?

Da fine febbraio la tensione tra Grecia e Turchia è molto alta. A seguito della dichiarazione del Presidente Erdogan sull’apertura del confine con la Grecia migliaia di persone si sono riversate sulla frontiera per tentare di entrare in Europa. Le tensioni sono scoppiate perché il passaggio verso l’Europa è tutt’altro che aperto e dunque l’arrivo dei migranti ha visto una risposta cruda da parte della polizia greca volta al contenimento e al respingimento dei flussi. Sono scoppiati disordini e violenze che hanno attirato l’attenzione su un problema tutt’altro che nuovo.
Ad oggi, secondo un aggiornamento di Amnesty International, almeno due uomini sono stati uccisi e una donna rimane dispersa a seguito delle violenze perpetrate dalle forze dell’ordine greche presenti alla frontiera, che hanno sparato proiettili di vario tipo e lanciato gas lacrimogeni contro richiedenti asilo e migranti.
Circa 40mila persone si trovano sulle isole greche in uno spazio che potrebbe accoglierne un sesto e versano in condizioni disastrose. A questo drammatico scenario va aggiunta l’emergenza sanitaria causata dalla Covid-19 e all’imminente necessità di spostare le persone dalle strutture di detenzione sovrappopolate e igienicamente compromesse in alloggi sicuri e adeguati. Alla fine di marzo le Autorità turche avrebbero incendiato nella notte i rifugi sul confine con lo scopo di evacuare forzatamente i profughi dall’area.

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Fig. 1- La polizia greca tenta di respingere i migranti verso il confine turco anche attraverso l’uso di gas lacrimogeni. Edirne, Turchia – 19 marzo 2020

LE PRESSIONI TURCHE SUL PIANO GEOPOLITICO

La questione migratoria è strettamente connessa al conflitto siriano. A questo proposito la Turchia ospita più di 3 milioni e mezzo di rifugiati, inutile dire che i costi di questi enormi flussi di persone sono molto elevati. Secondo il Governo turco 40 miliardi di dollari sarebbero stati spesi per fare fronte all’accoglienza dei migranti. Senza contare anche le pressioni sociali concernenti un pesante malcontento da parte dei cittadini turchi nei confronti dei rifugiati siriani, esacerbato dalla crisi economica che ha colpito il Paese con particolari ricadute dalla seconda metà del 2018.
Alle pressioni interne si aggiungono anche quelle esterne: dal momento che il conflitto in Siria non pare essere vicino alla fine, anche i flussi di persone in cerca di un posto più sicuro dove stare continuano a non calare e a premere sui confini meridionali turchi. Ci stiamo riferendo a quei milioni di siriani che, a causa dell’avanzata militare da parte delle forze di Assad volta a liberare l’ultima roccaforte dei ribelli jihadisti a Idlib, si sono ritrovati coinvolti in un disastro umanitario causato dal fallimento della creazione di una zona di de-escalation prevista dall’accordo di Astana, al quale anche la Turchia ha partecipato. Infatti, come vi abbiamo raccontato nella nostra analisi sul destino di Idlib, Erdogan sta chiedendo supporto in questa missione all’UE, tenendo Bruxelles sotto scacco con la questione migranti. Uno degli obiettivi più importanti di sicurezza nazionale per la Turchia è la neutralizzazione dei curdi al confine meridionale e, dunque, la creazione di una zona cuscinetto è di fondamentale importanza, ma anche la necessità che i gruppi jihadisti presenti nella roccaforte restino al di fuori dei suoi confini.

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Fig. 2- Richiedenti asilo continuano ad attendere al confine tra Grecia e Turchia. Edirne, Turchia – 19 marzo 2020

GLI ACCORDI INFRANTI

L’apertura dei confini va vista come una risposta all’escalation con la Siria del 27 febbraio, dove 33 soldati turchi hanno perso la vita in un raid aereo del Governo di Damasco. La decisione di passare dalle parole ai fatti da parte di Erdogan è da vedere come una reazione della Turchia a seguito dell’indifferenza mostrata dall’Europa verso le esigenze di sicurezza nazionale di Ankara che si giocano sul suolo siriano.  
Inoltre la Turchia sostiene un mancato rispetto dell’accordo sui migranti da parte dell’Europa che continua a portare avanti una politica di chiusura. L’accordo del 2016 tra Turchia e Unione Europea prevedeva che l’Europa si impegnasse sul piano economico a sostenere il contenimento migratorio di persone in Turchia. Dunque promise di fornire 6 miliardi di euro in due tranche da tre miliardi l’una. Se però pensiamo ai costi (ovvero un totale di 40 miliardi) che più di 3 milioni e mezzo di profughi hanno costituito negli ultimi quattro anni è lampante che la Turchia abbia speso molto per far fronte alla crisi. Infine, i 6 miliardi forniti dall’Unione erano validi fino all’agosto 2019 e da quel momento non si è più parlato di supportare ulteriormente la Turchia. 
Altro punto cruciale del patto del 2016 tra le due parti è la questione dei reinsediamenti, ossia la presa in carico da parte dell’Unione di un certo numero di rifugiati siriani. Il meccanismo funzionava come segue: all’arrivo di persone sulle isole greche via mare si identificavano i siriani, che venivano riportati indietro e rimpatriati in Turchia. Per ogni siriano rimpatriato in Turchia dalle isole greche un altro siriano doveva essere reinsediato dalla Turchia all’Europa, dando prioritĂ  ai migranti che precedentemente non avessero tentato di entrare nell’UE in modo irregolare. L’Europa aveva promesso di farsi carico di circa 70mila persone, ma nella concretezza dei fatti ne ha reinsediate solo 25mila.
Le conseguenze della chiusura europea, sempre più considerata una fortezza impenetrabile che fatica gestire i flussi migratori, porta allo sfruttamento da parte di attori come la Turchia di questo tasto dolente. D’altro canto Ankara si sente incompresa in merito alle proprie esigenze e per farsi ascoltare utilizza politiche di ricatto le cui conseguenze ricadono sui rifugiati.

Giulia Macario

Immagine di copertina: “Syrian refugees’ camp in Cappadocia, Turkey” by Fabio Sola Penna is licensed under CC BY-ND

Dove si trova

Perchè è importante

  • Tra febbraio e marzo 2020 le tensioni sono aumentate esponenzialmente al confine greco-turco a causa dell’apertura unilaterale di Erdogan del confine con la Grecia.
  • La risposta della polizia greca è stata dura, ma sostenuta dai vertici delle varie Istituzioni europee, che hanno espresso solidarietĂ  al Governo di Atene.
  • L’UE ha mandato un messaggio chiaro alla Turchia dopo il mancato rispetto dei punti dell’Accordo sui migranti del 2016

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Giulia Macario
Giulia Macario

Al momento sto terminando il research master IMARC in Criminologia Internazionale. Ho vissuto un anno ad Amman dove, oltre ad aver lasciato il cuore, ho lavorato all’ “Arab Institute for Security Studies” (ACSIS) e studiato arabo al Qasid. Ho conseguito nel 2018 il Master in Middle Eastern Studies (MIMES) a Milano. Mi interesso principalmente di movimenti salafiti-jihadisti e islam politico.

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