In 3 sorsi – Negli ultimi anni sono aumentate le azioni pubbliche – e il corrispettivo sdegno – di calciatori turchi a sostegno del Governo. Cionondimeno la loro natura non può essere data per scontata: si tratta di strategia governativa o del naturale comportamento di una societĂ divisa agli antipodi?
1. LO SPORT COME MEDIUM POLITICO
La forza sociale e politica dello sport non è qualcosa che si trova unicamente nelle ultime riviste specializzate. Al contrario, la sua funzione veniva giĂ identificata con scientifica inquietudine nel secondo dopoguerra come un distrattore per la missione rivoluzionaria del proletariato o, ancora, negli anni Novanta, come un elemento di conciliazione della competizione e della rivalitĂ politica. Esempio lampante della consapevolezza da parte degli attori statali del potenziale economico e diplomatico dello sport è il mondiale di calcio del 2023, svoltosi in Qatar e travolto dalle contestazioni dei media occidentali per la condizione degli addetti ai lavori e per la generale mancanza del rispetto dei diritti umani. Lo studio della diplomazia dello sport è oggi in crescita, definendo quest’ultimo un “soft power” piĂą che efficace nell’aumentare la propria influenza internazionale e, al contempo, anche utile per inseguire il riconoscimento interno. Dall’altro lato, però, sono numerosi gli atleti che – godendo della loro alta influenza – si esprimono in maniera netta rivolgendosi alla cittadinanza per indirizzarne i consensi. In un Paese come la Turchia, il ruolo dello sport va quindi letto anche in virtĂą dell’altissima polarizzazione politica che divide l’opinione pubblica.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Doha, Qatar, 31 marzo 2022: il Primo Ministro del Qatar Hhalid Bin Khalifa Bin abdulaziz Al Thani riceve un regalo dal Presidente della FIFA Gianni Infantino
2. IL CALCIO SECONDO ERDOGAN
Così come la maggior parte della politica dell’attuale Presidente Recep Tayyip Erdogan – dall’accentramento dei poteri, alla limitazione delle libertĂ personali, all’interruzione del processo di integrazione europea, – anche la politicizzazione del calcio ha preso luogo nel suo secondo decennio di potere. GiĂ nel 2000 l’allora Primo Ministro Demirel ha dichiarato, in seguito a un successo europeo, che “la Turchia era diventata europea“. L’ingerenza governativa nello sport ha accentuato però l’identitĂ e l’opposizione politica tra le tifoserie cittadine. Da un lato si è cominciato a vedere l’aperto sostegno del Presidente per la squadra del quartiere piĂą conservatore di Istanbul (BaĹźakĹźehir), dall’altro i tifosi avversari hanno cominciato a sfocare i confini tra fede calcistica e militanza politica. Un esempio è la partita vinta dal Galatasaray nel 2018, proprio contro i nemici “sostenuti” dal Governo, nella quale i tifosi in festa hanno cantato cori di supporto a Mustafa Kemal contrari al conservatorismo religioso di Erdogan. Ad ogni modo l’obiettivo del Paese di rilanciarsi come potenza economica passa anche per il calcio, così com’è stato testimoniato da diversi osservatori dopo il successo della finale di Champions League giocata proprio a Istanbul nel 2023. Incredibilmente, però, Ankara si è vista negare la possibilitĂ di ospitare i campionati europei quest’anno per la mancanza di un piano d’azione nell’ambito del rispetto dei diritti umani, la prima volta che un tale criterio viene preso in considerazione dall’UEFA.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Tifosi del Galatasaray allo stadio
3. DAL CAMPO ALLA POLITICA
Il mondo del calcio turco è stato recentemente palcoscenico di dibattito politico in seguito all’esultanza del calciatore Merih Demiral nei quarti di finale dell’europeo contro l’Austria che richiamava il movimento xenofobo e ultranazionalista turco dei “lupi grigi”. In realtà , non è la prima volta che un fatto del genere salga all’onore delle cronache provocando lo sdegno della stampa occidentale e scontri diplomatici con l’Europa. Nel 2019, in seguito a un pareggio contro la Francia, sette giocatori – tra cui, ancora, Demiral – vennero immortalati nell’esultare con il saluto militare, durante lo svolgimento della cosiddetta “Operazione Sorgente di Pace”, che vide la Turchia attaccare la comunità curda al nord della Siria in seguito al disimpegno militare degli Stati Uniti. Più grave ancora è stata invece la vicenda che vide come protagonista Hakan Sukur, attaccante della Nazionale turca diventato aspro oppositore del Governo, perseguitato da Erdogan in quanto definito terrorista appartenente all’organizzazione di Fethullah Gulen, oggi ancora in esilio negli Stati Uniti. Tenendosi a distanza di sicurezza da giudizi di valore e da alcuna analisi costi-benefici, il caos proveniente dai campi di calcio può essere definito come l’inevitabile controindicazione del tentativo di vendere l’immagine di un Paese la cui profonda divisione è esacerbata dalla politica autoritaria di Recep Tayyip Erdogan.
Bruno Bevilacqua
Immagine di copertina: “Galatasaray 3-1 Trabzonspor (2019)” by l3o_ is licensed under CC BY-NC-SA