In 3 sorsi – Da Ginevra l’OMS apre la 73esima Assemblea Mondiale della Sanità. Nonostante il sostegno internazionale di alleati, formali e non, Taiwan non riesce a ottenere lo status di osservatore. L’ultimo atto di un rapporto, quello tra Ginevra e Taipei, che si nutre di sospetti e accuse.
1. IL BRACCIO DI FERRO TRA TAIWAN E L’OMS
Il 18 maggio 2020 si è aperta la 73esima Assemblea Mondiale della Sanità (AMS). Gli Stati membri virtualmente presenti sono 194, ma manca quello che sarebbe dovuto essere l’osservatore speciale: Taiwan. Dopo settimane di polemiche e accuse, sospetti e campagne social su Twitter al grido di #TweetForTaiwan, l’OMS non cede e non “regala” nulla a Taipei.
Per l’agenzia specializzata dell’ONU, la responsabilità e il potere di accettare o meno Taiwan è solo degli Stati membri e non dell’Organizzazione. Ma Taipei esprime tutto il suo “forte disappunto e insoddisfazione” per una scelta che è frutto delle “pressioni del Governo cinese”, come ha dichiarato Joseph Wu, Ministro degli Esteri dell’isola. I 29 Paesi e gli oltre 600 legislatori tra Europa e America che hanno espresso il loro sostegno alla causa non sono quindi riusciti nel loro obiettivo, per questa volta.
Il Ministro Wu ha infatti dichiarato che la proposta per una futura partecipazione di Taiwan verrà discussa entro quest’anno: “Nazioni affini e alleati hanno suggerito che la proposta sia discussa entro la fine dell’anno, quando le riunioni saranno condotte normalmente, per assicurare una discussione piena e aperta”.
Fig. 1 – Il Direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus, dal 2017 a capo dell’OMS
2. TAIWAN CALL
“Bene, abbiamo già parlato della Cina”. Stop. Questa è stata la conclusione dell’intervista all’epidemiologo e senior advisor dell’OMS Bruce Aylward e che ben riassume il difficile rapporto tra l’OMS e Taiwan. Taipei non ha mai nascosto il suo malcontento sull’operato dell’Organizzazione, colpevole, dietro pressioni di Pechino, di non aver dato ascolto alla nota delle Autorità sanitarie di Taiwan che ipotizzavano una trasmissione umana del virus già lo scorso 31 dicembre e di aver successivamente tagliato fuori l’isola dal flusso di informazioni sulla pandemia.
Da Ginevra il Direttore Generale Tedros Adhanom Ghebreyesus ha sempre negato tutto. Versando benzina sul fuoco, l’8 aprile ha incolpato Taipei di sostenere attacchi razzisti e minacce nei confronti della sua persona. Accuse prontamente smentite da Taipei, che ha dichiarato false e figlie della manipolazione cinese, dichiarando che a Taiwan “non c’è nessun problema di razzismo”.
Fig. 2 – Chen Shih-chung, il Ministro della Salute e del Welfare di Taiwan. È lui l’architetto della strategia anti-coronavirus dell’isola
3. TAIWAN HA MAI PARTECIPATO ALLE ASSEMBLEE DELL’OMS?
“Circa 49 anni fa, le Nazioni Unite e l’OMS decisero che c’era un solo rappresentante legittimo della Cina all’interno del sistema ONU e questo è la Repubblica Popolare Cinese”. Steven Solomon, il principale responsabile legale dell’OMS, ha sempre risposto così a chi chiedeva perché Taiwan non facesse parte dell’OMS, sottolineando una verità storica. Correva l’anno 1971 quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la Risoluzione 2758, ritirava il seggio alla Repubblica di Cina, nome ufficiale di Taiwan, per darlo alla Repubblica Popolare Cinese (e successivamente aprendo la strada alla visita del Presidente Nixon dell’anno successivo).
Anche se senza sovranità, nel nuovo millennio Taiwan ebbe la possibilità di sedere all’OMS come osservatore tra il 2008 e il 2016 sotto il nome di “Taipei cinese”. Dal 2016 anche lo status di osservatore scompare. A cambiare è la presidenza di Taiwan, che passa da Ma Ying-jeon e dal suo Kuomintang (KMT) all’attuale Tsai Ing-wen, che Pechino accusa di non rispettare il Consenso del 1992 e di cercare l’indipendenza.
Rocco Forgione
“12.02 總統與美國總統當選人唐納川普(Donald J. Trump)通話” by Taiwan Presidential Office is licensed under CC BY