In 3 sorsi – In concomitanza alla diffusione del coronavirus, il Governo vietnamita ha obbligato Facebook a censurare video e post di alcuni utenti accusati di diffondere “fake news”, compromettendo l’efficacia della piattaforma e riducendo di conseguenza anche la libera circolazione dell’informazione online.
1. IL WEB “INFETTO” IN ISOLAMENTO
La conferma che la richiesta del Governo di Hanoi è stata soddisfatta arriva proprio da Facebook. Il gigante del web ha ammesso di aver acconsentito alla censura di post e video ritenuti “fake news” dal Governo in cambio della possibilità di continuare a garantire l’accesso agli altri utenti vietnamiti. L’inchiesta di Reuters ha rivelato che da metà febbraio fino ai primi di aprile, proprio in concomitanza con la diffusione del coronavirus, i server locali di Facebook sono stati messi “offline” dall’agenzia di telecomunicazioni gestita dallo Stato, la VNPT. Il rallentamento causato dalla messa offline dei server ha suscitato perplessità da parte degli utenti, che, ignari dei retroscena, lamentavano un peggioramento nelle prestazioni della piattaforma. Nonostante oggi il normale funzionamento del social media sia stato ripristinato, la decisione di Facebook ha scatenato un vivace dibattito portato avanti da attivisti per i diritti umani e organizzazioni non governative, che accusano l’azienda di essersi piegata a un Governo che strumentalizza la lotta alla disinformazione per scopi politici.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – La musicista e attivista vietnamita Mai Khoi, che ha spesso accusato Facebook di complicità con le politiche censorie del Governo di Hanoi
2. AUMENTANO IL CONTROLLO E GLI ARRESTI
Tra i mesi di gennaio e marzo circa 654 persone sono state indagate per aver diffuso materiale “pericoloso” sul web. L’insorgere della Covid-19 ha spinto le Autorità vietnamite ad approvare un provvedimento di legge (il 15/2020) che sanziona penalmente chi diffonde materiale critico che fomenterebbe idee “reazionarie” e antigovernative. Pochi giorni dopo l’approvazione del provvedimento, infatti, nella provincia di Hai Giang, Dinh Thi Thu Thuy è stato arrestato sulla base dell’articolo 117 del Codice Penale vietnamita per aver diffuso online materiale critico. Già dal 2019, però, nel Paese è in vigore la legge sulla “cybersecurity” che obbliga la rimozione immediata di qualsiasi tipo di materiale ritenuto offensivo dalle Autorità. In passato Facebook si era più volte astenuta da richieste di questo tipo, ma oggi, considerate le forti pressioni, si è visto costretto ad assecondare il Governo per continuare a garantire l’accesso ai 65 milioni di utenti che sfruttano la piattaforma anche come fonte di informazione.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Mascherine e manifesti sanitari per le strade di Hanoi. Finora il Vietnam sembra avere contrastato con successo l’epidemia di Covid-19
3. CITTADINI SEMPRE MENO LIBERI
Secondo Freedom House il Paese è considerato “non libero” e il suo punteggio nell’indice delle libertà è di 20 su 100. La situazione non migliora se si considera anche il rapporto di Reporter Senza Frontiere (RSF), che colloca il Vietnam al 175esimo posto su un totale di 180 Paesi. Limitare l’accesso all’informazione proprio nel mezzo di una pandemia è stata una scelta altamente criticata. Il consulente per i diritti umani di Amnesty International William Nee ha dichiarato che la scelta di Facebook segna un devastante “turning point” per la garanzia della libertà di espressione in Vietnam e non solo. Infatti il timore che anche altri social media possano, in futuro, seguire l’esempio di Facebook e concorrere a ridurre la libertà di informazione nel mondo è sentimento diffuso tra le varie organizzazioni che si battono per la difesa dei diritti umani. La mossa di Facebook, che si colloca quindi all’interno di un Paese in cui i diritti sono già da tempo limitati, pone un’ulteriore stretta alla libertà d’informazione, che durante la pandemia potrebbe invece essere sfruttata come potente strumento per salvare vite umane.
Desiree Di Marco
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