giovedì, 8 Giugno 2023

Associazione di Promozione Sociale | Rivista di politica internazionale

Il narcotraffico dopo la pandemia

In breve

  • In Messico la guerra tra il cartello di Sinaloa e il gruppo Jalisco Nueva Generacion non si è fermata nemmeno durante il lockdown.
  • Le Autorità colombiane sono talmente occupate a fronteggiare l’epidemia di Covid-19 che la produzione di cocaina è aumentata negli ultimi mesi.
  • Con la fine delle restrizioni di movimento, l’Europa rischia di essere invasa da una montagna di droga a “basso costo e di alta qualità”.

 

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In 3 sorsiDal Messico al Brasile: ecco i nuovi equilibri del narcotraffico in tempo di Covid-19.

1. NARCOTRAFFICO, IN MESSICO SI SPARA ANCORA

La Covid-19 ha fermato le grandi economie mondiali. Quelle criminali invece si sono adattate molto bene alla pandemia. In Messico, ad esempio, nel solo mese di marzo (il primo di quarantena) sono stati registrati circa 3mila omicidi, il valore più alto dall’inizio della Presidenza di Andrés Obrador (entrato in carica il 1° dicembre 2018). “Sono regolamenti di conti tra bande di narcotrafficanti” – spiega Vidal Romero, direttore del Centro studi sulla sicurezza interna (CESIG). La provincia dove sta scorrendo più sangue è quella del Guanajuato, considerata fino a pochi anni fa un’oasi pacifica nel cuore del Messico. Questo territorio è strategico per i narcos, poiché qui passano le principali arterie che collegano il Sud del Paese con gli Stati Uniti. La guerra in questa regione è iniziata a novembre 2019, quando il cartello di Sinaloa ha sfidato apertamente il gruppo Jalisco Nueva Generacion, che detiene maggiore influenza nel Guanajuato. Forti dell’alleanza stretta con il cartello di Santa Rosa de Lima, gli emissari di Sinaloa hanno costretto il leader dei Jalisco, Nemesio “El Mencho” Oseguera (recentemente inserito nella lista dei super ricercati dalla DEA) ad adottare la strategia della terra bruciata. Difatti soli cinque giorni prima del lockdown, le quattordici principali strade dello Stato sono state bloccate da una fila di macchine rubate e poi date alle fiamme. I proiettili e la crescente violenza sono stati molto più determinanti del coronavirus nella decisione del Governatore dello Stato Diego Vallejo di iniziare la quarantena in anticipo rispetto al resto della nazione. Basti pensare che solo nel mese di marzo sono stati aperti 325 fascicoli di indagine per omicidi avvenuti nel Guanajuato. Fatti di sangue che si suppone siano collegati a questa guerra tra narcos.

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Fig. 1Operazione delle forze speciali contro il narcotraffico a Città del Messico

2. NARCOTRAFFICO, LA PRODUZIONE CONTINUA

Se il coronavirus non è stato un freno alla violenza dei cartelli, sembra che nemmeno la produzione di droga sia stata più di tanto intaccata. Lo sostiene l’ultimo rapporto dell’ufficio Nazioni Unite per la prevenzione al crimine: “Le foglie di coca sono prodotte in Colombia, Perù e Bolivia. I tre Paesi hanno adottato restrizioni di mobilità per contenere la diffusione della Covid-19, ma poiché la pianta di coca cresce e viene raccolta durante tutto l’anno, l’impatto sulla raccolta annuale derivante da tali restrizioni potrebbe essere limitato”. Con l’aggravarsi della pandemia in America Latina, prosegue il dossier, le Autorità dei Paesi produttori di cocaina sono molto più impegnate nel contenere il contagio, piuttosto che a proseguire la campagna di distruzione delle coltivazioni dei narcos. In Colombia, invece, la chiusura delle frontiere con il Venezuela ha reso più complicato l’acquisto a basso costo dei precursori, cioè le sostanze usate nel processo produttivo della cocaina. Il report però avverte che la profonda crisi economica scaturita dalla Covid-19 in questi Paesi, unito all’allentamento dei controlli da parte delle forze di polizia, potrebbero spingere le “fasce sociali più deboli latinoamericane” a coltivare illegalmente la pianta. Una sorta di proletari della coca. 

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Fig. 2 Maxi sequestro di 3.800 chili di cocaina proveniente dalla Colombia nel porto di Valencia

3. IL RISCHIO DELLA RIAPERTURA

La cocaina quindi si continua a produrre, ma ancora non si riesce a esportare. Motivo per il quale durante il lockdown le principali metropoli occidentali sono rimaste a bocca asciutta. Ad aprile inoltre è stato arrestato Fuminho, il narcobroker brasiliano che per oltre un decennio ha distribuito in Europa migliaia di chili di cocaina. Un duro colpo per il mondo del narcotraffico, che però si è subito riorganizzato. Difatti, avvisa il report dell’ONU, “una volta revocate le restrizioni Covid-19” c’è il rischio che “il mercato europeo sia invaso da cocaina di basso costa e di alta qualità”. Ancora una volta la parola “crisi” per le organizzazioni criminali è diventata sinonimo di opportunità. 

Mattia Fossati

Washout Norfolk-18” by U.S. Marshals Service is licensed under CC BY

Mattia Fossati
Mattia Fossati

Friulano di nascita, bolognese per meriti accademici. Mi sono laureato in Scienze Politiche per poi specializzarmi in Giornalismo. Mi occupo di mafia, corruzione e narcotraffico. Ho svolto un tirocinio in Brasile effettuando svariati video-reportage delle manifestazioni studentesche contro i tagli del Governo Bolsonaro.  In seguito sono partito per un viaggio dal Cile alla Colombia per scrivere un libro sulle nuove rotte dei narcos. Follemente innamorato delle mie due case: Venezia e l’America Latina. Non potrei mai rinunciare a un buon caffè o a bere il mate in compagnia.

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