venerdì, 22 Settembre 2023

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Venezuela in ginocchio ma Maduro resta in piedi

In breve

  • L’opposizione venezuelana, frammentata e senza un piano comune, ha esaurito la sua spinta rivoluzionaria. Le quotazioni di Guaidó, criticato anche da Trump, sono in caduta libera.
  • Le pressioni USA per rovesciare il regime si sono rivelate fallimentari. Il Presidente statunitense indietreggia e si dice disposto a incontrare Maduro.
  • Il regime bolivariano, sopravvissuto al fuoco incrociato di opposizione e Stati Uniti, rafforza la sua posizione e sembra aver vinto la battaglia sul lungo periodo.

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In 3 sorsi – Il Paese è allo stremo, ma Maduro appare solido. Guaidó è in flessione, Trump ha finito le carte da giocare. Il regime venezuelano sfrutta la crisi per reprimere gli avversari interni e puntellare il proprio sistema di potere.

1. LA PARABOLA DISCENDENTE DI GUAIDÓ                              

A un anno e mezzo di distanza dal tentativo di rovesciare il regime bolivariano, la missione dell’autoproclamato Presidente Juan Guaidò, esponente del partito Voluntad Popular,  è un insuccesso. L’opposizione venezuelana, infatti, non è riuscita a fare breccia nel Governo di Nicolas Maduro, che anzi si è gradualmente rafforzato nonostante le tragiche condizioni – sociali, economiche e sanitarie – in cui versa il Paese.  Le ragioni della mancata transizione sono molteplici: frattura dell’opposizione, eccessiva dipendenza dalla Casa Bianca, incapacità di offrire una visione alternativa al Chavismo, un fronte ideologicamente radicato e ampio nella sua composizione politica.
Maduro, forte del consenso dell’esercito e di una buona parte della popolazione, ha dimostrato resilienza, lasciando i suoi avversari a consumarsi nell’attesa. Una strategia che paga come dimostrato dall’accordo siglato con le opposizioni per ottenere gli aiuti umanitari dell’Organizzazione Panamericana della Sanità per contrastare la pandemia. L’intesa rappresenta un atto di reciproca legittimazione e assesta un duro colpo a Guaidó: mina la sua credibilità – bollava l’erede di Chavez come “un usurpatore” – e ridimensiona la sua leadership nell’opposizione. L’accordo, infatti, Maduro lo ha firmato con Luis Parra, che sei mesi fa ha rimpiazzato Guaidó come Presidente dell’Assemblea nazionale con un voto contestato. A tutto questo si aggiungono le grane giudiziarie: la Procura venezuelana ha aperto un’indagine sul Presidente ad interim per tradimento dopo la tentata invasione armata di aprile.

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Fig. 1 – Il leader dell’opposizione Juan Guaidó poco prima di una conferenza stampa a Caracas

2. LA GIRAVOLTA DI TRUMP E IL FLOP USA

Tanti tentativi e pochi risultati spingono gli Stati Uniti a cambiare approccio nello scontro. La strategia della massima pressione per destituire il leader venezuelano non ha funzionato e Donald Trump apre al dialogo. In un’intervista del 21 giugno il Presidente USA si è detto disposto a incontrare Maduro e ha fatto trapelare insoddisfazione per l’operato di Guaidó, salito ai riflettori a gennaio 2019 con il sostegno esplicito di Washington. Poco dopo ha corretto il tiro ribadendo di voler parlare con ilPresidente bolivariano solo per un’eventuale rinuncia alla carica.
La Casa Bianca ha attaccato il regime di Maduro in ogni modo, dallo strangolamento economico fino agli attacchi politici. Trump ha inasprito le sanzioni economiche, alimentato l’opposizione nel Paese, minacciato (e poi indirettamente tentato ad aprile) l’intervento militare nella regione, condannato le alte cariche del Paese per narcoterrorismo. A nulla è servito: il Presidente sudamericano sembra inscalfibile e le ultime dichiarazioni hanno finito per rafforzarlo, alimentando la narrazione anti-imperialista. Maduro, che ha superato indenne una delle annate più difficili dal 2013, anno della successione a Chavez, ha accettato il confronto americano chiedendo “una base di mutuo rispetto”.

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Fig. 2 – Il Presidente Donald Trump parla alla comunità venezuelana a Miami, in Florida

3. PAESE AL COLLASSO, MADURO ALL’INCASSO

Il Venezuela vive una profonda crisi umanitaria accentuata dal crollo del prezzo del petrolio e dall’impatto del coronavirus. Maduro ha approfittato dell’attenzione rivolta verso la pandemia per puntellare il sistema di potere in vista delle elezioni parlamentari di quest’anno. Prima ha sfruttato il Tribunale supremo di giustizia, fedele al Governo, per estromettere dalle elezioni i direttivi di due partiti avversari, Voluntad Popular e Acción Democrática. Poi ha nominato i nuovi membri del Consiglio elettorale nazionale, scavalcando le prerogative costituzionali dell’Assemblea nazionale, in mano alle opposizioni. L’Unione Europea ha provato a far sentire la sua voce e il 29 giugno scorso ha annunciato sanzioni contro il Governo per la violazione dello Stato di diritto. Maduro ha risposto con durezza, definendo l’atto “colonialismo europeo” e intimando all’ambasciatore UE a Caracas di lasciare il Paese.
La pandemia fino a questo momento si è dimostrata un viatico per il regime. La repressione della dissidenza si è rivelata efficace. Le pressioni esterne si sono gradualmente affievolite. E il solido sostegno di Mosca e Pechino ha offerto temporanee boccate di ossigeno a un’economia allo stremo. In molte occasioni il regime venezuelano è sembrato sul punto di finire: questa volta, invece, lo scenario più probabile è che Maduro riesca a rimanere al potere potenziando il suo ferreo controllo sul Paese.

Luca Gasperoni

Luca Gasperoni
Luca Gasperoni

Classe 1994, toscano, giornalista praticante. Laureato in giurisprudenza all’università di Firenze ho poi studiato alla scuola di giornalismo di Urbino. Appassionato di politica internazionale, seguo con attenzione Usa e America Latina. Irrequieto e curioso, parlo quattro lingue. Nella mia vita viaggi in solitaria, libri distopici e vinili folk.

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