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Vicini scomodi: scintille tra Pyongyang e Seoul

Martedì 23 novembre alle 14.30 (ora locale) l’artiglieria nord-coreana colpisce l’isola sud-coreana di Yeonpyeong, nel Mar Giallo, situata al limite della linea di demarcazione tra la Corea del Nord e la Corea del Sud. Alta è l’allerta a Seoul, dove il Presidente Lee Myung Bak ha dichiarato che non esiterà a reagire con un contrattacco se necessario.

L’ATTACCO ALL’ISOLA DI YEONPYEONG – L’isola di Yeonpyeong, territorio sud-coreano, è situata nel Mar Giallo a pochi chilometri di distanza dalla costa della Repubblica Popolare della Corea del Nord e in prossimità della Northern Limit Line, la linea di demarcazione che dall’armistizio del 1953 segna il confine tra la Corea del Nord e la Corea del Sud. Data la particolare posizione di confine, è stata più volte teatro di scontri. L’ultimo risale a martedì 23 novembre, quando, durante la tradizionale esercitazione militare sud-coreana, l’artiglieria nord-coreana ha colpito non solo obiettivi militari ma anche edifici civili presenti sull’isola, uccidendo due soldati sud-coreani e ferendo 19 tra civili e militari. Dopo aver risposto al fuoco, lo stato di allerta in Corea del Sud ha raggiunto livelli elevatissimi e ci si interroga ora su cosa abbia spinto Kim Jong-il, leader nord coreano, ad una tale azione che, come messo in evidenza da alcuni analisti, rappresenta l’ennesima prova della debolezza della Sunshine Policy, la politica inaugurata alla fine degli anni ’90 dall’allora Presidente sud-coreano Kim Dae Jung nel tentativo di avvicinare i due Paesi e creare le basi per una cooperazione più stretta e per una convivenza pacifica. L’attacco di ieri non è un episodio isolato, infatti nell’ultimo anno abbiamo assistito ad un altro momento durante il quale la tensione tra i due Paesi è aumentata. Nel marzo 2010, il Governo di Pyongyang fu accusato, infatti, di aver affondato la nave sud-coreana Cheonan nel Mar Giallo, nei pressi dell’isola di Baengnyeong. Dal canto suo, la Corea del Nord ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento nell’incidente, in ciò supportata anche dalla Cina e dalla Russia. La vicenda ha mostrato come la tensione nella Penisola sia palpabile e pronta ogni volta a sfociare in scontri aperti che finiscono per coinvolgere anche altri Paesi, in particolare Stati Uniti e Cina.

LE CAUSE: LA SUCCESSIONE – Ogni avvenimento geopolitico che si rispetti nasconde dietro la superficie una miriade di cause e concause che si intrecciano tra loro in maniera indissolubile tanto da far apparire l’evento finale come la sola punta dell’iceberg. L’incidente in questione non si discosta poi molto da questa dinamica. Analisti sud-coreani, infatti, danno a questo attacco molte spiegazioni. Non parliamo solo dell’ennesimo tentativo di Pyongyang di dimostrare la propria forza, ma anche, come afferma Cho Myung Cheol ricercatore presso il Korean Institute for International Economic Policy, un tentativo di rafforzare la stabilità interna in un momento in cui si comincia a parlare della successione di Kim Jung-il. Un modo per dire alla Comunità Internazionale e alla popolazione coreana che Kim Jong-Un, figlio di Kim Jung-il e suo successore designato, sarà in grado non solo di continuare ciò che il padre ha iniziato ma di continuarlo nel migliore dei modi. 

LA RIPRESA DELLE TRATTATIVE A SEI – La questione della Corea del Nord è principalmente legata al programma nucleare che questa porta avanti da anni ormai. Nei giorni precedenti l’attacco all’isola di Yeonpyeong, hanno fatto il giro del mondo le immagini satellitari della costruzione di una nuova centrale nucleare (nell'immagine si possono scorgere le nuove costruzioni) che conterrebbe centrifughe per arricchire l’uranio, utilizzabile per creare armi nucleari. Ciò dimostra come, nonostante le ripetute sanzioni delle Nazioni Unite e i richiami allo smantellamento del programma nucleare, la Corea del Nord continui per la sua strada, non paga dei due test nucleari del 2006 e del 2009. Tuttavia, non sono pochi gli analisti che interpretano questi come dei segnali che Pyongyang vuole inviare per riprendere le trattative a sei che si erano interrotte nel 2007 a causa dell’atteggiamento di non collaborazione della Corea del Nord. Le trattative, iniziate nel 2003 dopo l’uscita di questa dal Trattato di Non Proliferazione Nucleare con lo scopo di trovare una soluzione pacifica ai problema di sicurezza che il programma nucleare nord-coreano pone, hanno visto impegnati in prima linea, oltre la stessa Corea del Nord, gli Stati Uniti, la Russia, la Corea del Sud e la Cina, ma non hanno ottenuto i risultati desiderati e si sono concluse con l’espulsione degli ispettori nucleari presenti nel Paese. Secondo il Presidente del Sejong Institute, Song Dae Sung, Pyongyang con quest’azione estrema cerca una reazione degli Stati Uniti, con i quali vuole ingaggiare nuovi ulteriori dialoghi.

COSA DOBBIAMO ASPETTARCI? – Quanto accaduto nel Mar Giallo non resta un episodio isolato, nel corso degli anni i rapporti tra i due Paesi hanno sempre rischiato di rompersi in maniera irreparabile. Ciò, tuttavia, non ha impedito a Seoul di fornire aiuti umanitari ai vicini, in linea con quanto previsto dalla Sunshine Policy, valsa al Presidente Kim Dae Jung il nobel per la pace, contribuendo a non portare la situazione ad un punto di non ritorno. Quanto accaduto martedì mette nuovamente in discussione la stabilità della Penisola, in un momento in cui si apre la spinosa questione della successione in Corea del Nord e in cui si ripropone in maniera sempre più pressante la questione nucleare. Il dubbio, a questo punto, riguarda le motivazioni alla base dell’attacco, e sono in molti a ritenere che ci possa essere una volontà della Corea del Nord di subentrare a Seoul nella sovranità sul gruppo di isole di cui fa parte Yeonpyeong, mettendo in discussione il confine tracciato alla fine della Guerra di Corea. Per il momento la Corea del Sud, oltre ad aver risposto al fuoco e a prepararsi per un eventuale ulteriore scontro, ha bloccato gli aiuti umanitari verso la Corea del Nord. Gli equilibri nella zona sono molto delicati essendovi degli interessi diretti di Cina e Stati Uniti, i quali giocheranno un ruolo fondamentale negli eventi che seguiranno l’attacco. Le speranze di tutti sono riposte nella ripresa delle trattative a sei e nella capacità di Pyongyang e Seoul di appianare le loro divergenze utilizzando i metodi diplomatici e non militari, come ricordato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, il quale ha condannato l’attacco, definendolo uno dei più gravi incidenti dai tempi della Guerra di Corea.

Anna Grieco [email protected]

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