Ecco la seconda parte della nostra storia sulla Guerra del Pacifico, combattuta alla fine del XIX secolo in Sudamerica. Una controversia che dura ancora oggi, come testimonia il processo tuttora in corso presso la Corte Internazionale dell’Aia.
UNA GUERRA CHE LASCIO’ IL SEGNO – La guerra lasciò profondi segni nelle società dei tre paesi, visibili ancora oggi. I Boliviani attribuiscono gran parte delle proprie difficoltà economiche anche odierne alla mancanza di un accesso diretto al mare, un tema spesso utilizzato da politici locali per guadagnare consenso. Le relazioni diplomatiche col Cile si sono interrotte nel 1978 e ogni anno viene commemorata la perdita del territorio di Antofagasta.
Per il Perù le ferite dell’occupazione cilena, i morti civili, i bombardamenti di città e il furto di opere d’arte e tesori sono memorie ancora vivide che fanno rinascere desideri di rivalsa. Ma soprattutto, dopo la guerra il paese visse pesanti scontri civili e sociali che ne minarono lo sviluppo e portarono a divisioni razziali tra ispanici e nativi indios non del tutto superate nemmeno ora.
Il Cile invece, unico vincitore, sfruttò al massimo il guano e il salnitro facendo crescere il proprio tesoro del 900% dal 1879 al 1902; per quasi un secolo inoltre la narrazione della guerra riportò come ragione principale di vittoria la superiorità razziale cilena. Ma finì isolato. Nel tentativo di migliorare le relazioni, nel 2007 il Cile ha restituito al Perù molti libri antichi e preziosi rimasti in propria mano. Rimangono però alcune dispute sui confini marittimi, con entrambi i paesi che ogni tanto si accusano reciprocamente di prepararsi a un secondo scontro.
LA PROCEDURA DI ARBITRATO INTERNAZIONALE – Come si diceva all’inizio, è interessante notare come eventi accaduti molto tempo fa abbiano conseguenze che si ripercuotono fino ai giorni nostri. La guerra del Pacifico ha lasciato un’eredità di relazioni che, se non proprio tese, non sono mai state idilliache tra Cile e Perù, come testimonia la controversia per la delimitazione dei confini marittimi che è tuttora in corso presso il Tribunale Internazionale dell’Aia. La controversia riguarda l’attribuzione di sovranità su un’area di 37mila km2 tra i due Paesi nell’Oceano Pacifico. Mentre il Perù sostiene che un accordo sull’attribuzione dei confini non fu mai firmato, il Cile sostiene che i trattati internazionali sul diritto marittimo sono sufficienti per regolare la questione. La sentenza della Corte Internazionale è finalmente attesa per il prossimo 27 gennaio e dovrebbe mettere la parola fine ad una discordia che dura dal 1883.
CENT’ANNI DI DISCORDIE – Una vicenda dunque interessante per comprendere come funzionano alcune dinamiche nelle relazioni internazionali, ma anche per capire come l’evoluzione dei fatti renda in molti casi del tutto vana la tragicità della guerra. Si noti come siano bastati meno di quarant’anni per rendere inutile ogni vantaggio o motivo dietro la Guerra del Pacifico: durante la I Guerra Mondiale si iniziarono a produrre nitrati chimicamente e in maniera più economica; il valore delle risorse naturali cilene crollò e così la sua economia, che ormai dipendeva grandemente da esse. Cento anni invece non sono bastati a sopire le recriminazioni e le differenze tra i popoli coinvolti: ancora oggi, dopo più di cento anni, molti Cileni guardano i Peruviani con superiorità; ancora oggi, dopo più di cento anni, molti Peruviani guardano i Cileni con rabbia; ancora oggi, dopo più di cento anni, molti Boliviani reclamano a gran voce quell’accesso al mare che considerano proprio diritto irrinunciabile. Dunque oggi, nonostante i rapporti fra i tre Stati sudamericani siano generalmente positivi, alcuni nervi rimangono tuttora scoperti, impedendo un livello di cooperazione ed integrazione regionale più profondo ed efficiente.
Lorenzo Nannetti