Miscela Strategica –Â La missilistica ha svolto un ruolo chiave nella strategia di deterrenza nucleare prima di passare ad applicazioni scientifiche in ambito civile. Vediamo l’evoluzione dei missili balistici con uno sguardo alla situazione attuale
IL PRIMO MISSILE BALISTICO – La storia dei razzi per impiego bellico è andata avanti con alterne vicende fino alla Seconda Guerra Mondiale, quando in Germania avvenne un grande salto tecnologico. Il regime nazista aveva finanziato e messo sotto controllo delle SS, un programma di costruzione di missili per poter colpire i Paesi nemici a distanza senza dover coinvolgere forze aeree. Il progetto tedesco era stato affidato a un team di scienziati e progettisti guidati da Wernher von Braun. I risultati dei loro sforzi portarono alla creazione del missile A4 (Aggregat 4) che passò alla storia col nome V2 (Vergeltungswaffe 2–Arma di rappresaglia 2).
Il V2 era alto 14 metri e pesava 12,5 tonnellate. La sua velocitĂ massima superava i 5.000 chilometri orari e la sua gittata (distanza massima percorribile) era di 320 chilometri. Queste caratteristiche lo rendevano capace di raggiungere Londra se lanciato dalla Francia settentrionale (Normandia) o dal Belgio e non esistevano sistemi difensivi in grado di contrastarlo. Il missile impattava a circa 2880 chilometri orari dopo aver raggiunto un’altezza massima di 88 chilometri. La sua testata esplosiva era di una tonnellata di Amatolo (miscela di Tritolo e Nitrato di Ammonio).
CACCIA AI TECNICI TEDESCHI – Negli ultimi del conflitto, le forze Alleate avevano ben chiaro il potenziale di questa nuova arma, sia perchĂ© l’avevano vista in azione (soprattutto in Gran Bretagna) sia perchĂ© i loro servizi di intelligence erano riusciti a mettere le mani su alcuni disegni e dettagli tecnici del missile. Si scatenò dunque una caccia che vedeva coinvolte le forze operative e d’intelligence anglo-americane da una parte e quelle sovietiche dall’altra. Lo scopo era mettere le mani su quanti piĂą missili e relative fabbriche possibile e sugli scienziati e tecnici che avevano partecipato al progetto. Gli anglo-americani riuscirono a requisire un buon numero di missili e, fatto importantissimo, a ottenere la collaborazione di Wernher von Braun. Anche i sovietici dal canto loro requisirono alcuni missili V2 con relativi disegni e progetti.
I PRIMI ICBM – Un team di progettisti sovietici, guidati da Sergei Korolev, che aveva inizialmente lavorato sui V2 requisiti dall’URSS, ideò e realizzò il vettore R-7, che divenne il primo Missile Balistico Intercontinentale (Intercontinental Ballistic Missile-ICBM). Il razzo a due stadi era alto 34 metri, pesava 280 tonnellate. e i motori, per funzionare, bruciavano cherosene e ossigeno liquidi. Il suo iniziale raggio d’azione era di 8.800 chilometri e la testata nucleare poteva raggiungere la potenza di 3 Megatons (1 Chiloton equivale a 1.000 chili di TNT, un Megaton a 1.000.000 di chili di TNT). Alcune versioni modificate del R-7 portò in orbita il satellite Sputnik e i primi cosmonauti sovietici, mentre la versione R-7A, che raggiungeva i 12.000 chilometri di gittata, divenne il primo ICBM operativo. I sovietici avevano puntato molto sul programma ICBM per compensare il gap con gli Stati Uniti nel numero di bombardieri strategici e per poter trasportare le testate sovietiche che, essendo molto pesanti, richiedevano un mezzo piĂą potente di un bombardiere.
In seguito ai successi sovietici, gli statunitensi accelerarono i loro programmi per la costruzione di propri ICBM. GiĂ nel 1954 il programma del missile Atlas era stato inserito tra le prioritĂ nazionali dal presidente Eisenhower, ma, prima che questi divenissero operativi, gli americani si affidarono a missili a medio raggio (Medium Range Ballistic Missile-MRBM) schierati in Europa e Turchia per coprire il gap strategico nei confronti dell’Unione Sovietica. I piĂą famosi tra questi MRBM erano i Jupiter, derivati dal missile Redstone, progettato da Wernher von Braun per lo US Army. A cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta divennero operative le prime famiglie di ICBM americani, tra i quali gli Atlas e i Titan (utilizzati anche per i voli spaziali con equipaggio Mercury e Gemini della NASA). In realtĂ , gli statunitensi avevano sopravvalutato la capacitĂ missilistica sovietica: gli R-7A non erano stati prodotti in gran numero e necessitavano di molto tempo per essere preparati al lancio.
COME FUNZIONA UN ICBM – Gli ICBM moderni sono custoditi in silos sotterranei e sono predisposti per il lancio con un breve preavviso. Utilizzano motori a propulsione alimentati da propellente solido, che forniscono una potente spinta iniziale e una maggiore prontezza operativa rispetto ai motori alimentati a propellenti liquidi. Un ICBM appena lanciato accelera per circa 3 minuti e raggiunge quote comprese tra i 150 e i 400 chilometri a seconda della traiettoria scelta e l’obiettivo da raggiungere. La seconda fase è il volo sub-orbitale (il missile ha una velocitĂ Â sufficiente a raggiungere lo spazio, ma insufficiente per entrare in un’orbita stabile), che dura circa 25 minuti. In questa fase, il missile vero e proprio rilascia la testata nucleare (o le testate, se ne trasporta piĂą di una) e, se necessario, dispositivi atti a ingannare le difese nemiche. L’ultima fase è il rientro atmosferico della testata, protetta dal calore provocato dalla frizione con l’aria da uno scudo termico e la detonazione sul bersaglio. Agli ICBM, vanno aggiunti i missili balistici lanciati da sottomarini (Submarine-Launched Ballistic Missile–SLBM) che hanno lo stesso funzionamento, ma, essendo imbarcati su questi vascelli, sono difficilmente localizzabili dai sistemi di intelligence.
CONTROMISURE – Delle tre fasi descritte in precedenza solo due sono atte a impiegare contromisure: la fase di lancio e la fase di volo sub-orbitale. Schierando batterie anti-missilistiche vicino ai confini della potenza nucleare nemica è possibile colpire il ICBM nella fase iniziale di volo. Questo richiede un sistema di allarme lontano (Early Warning) operativo e funzionante e capacitĂ di risposta in brevissimo tempo. Intercettare una o piĂą testate in volo sub-orbitale è molto piĂą complesso, poichĂ© per colpirle sono necessarie conoscenze di volo spaziale e meccanica orbitale. L’obiettivo dell’Iniziativa Difensiva Strategica (Strategic Defense Initiative-SDI) promossa da Reagan puntava infatti a sfruttare la fase di volo sub-orbitale delle testate per colpirli con laser trasportati da una rete di satelliti.
ICBM E SLBM ATTUALI – Il trattato New START, firmato da Stati Uniti e Federazione Russa nel 2010 e ratificato l’anno seguente pone nuovi limiti agli ICBM, SLBM , bombardieri e testate utilizzabili dalle parti. Questi limiti sono: 700 tra missili, sottomarini e bombardieri operativi, 1550 testate nucleari, 800 tra missili, sottomarini e bombardieri totali. Vista la recente firma e ratifica dell’accordo, i numeri previsti non sono stati ancora raggiunti da entrambi i paesi.
Gli Stati Uniti si affidano agli ICBM Minuteman III a propellente solido, Â con una gittata superiore ai 10.000 chilometri, e agli SLBM Trident II. Inoltre possiedono numerose bombe imbarcabili sui bombardieri B-52 e B-2. La Federazione Russa possiede diverse famiglie di ICBM, alcune delle quali lanciabili tramite rampe mobili, e SLBM. Questi ultimi sono imbarcati su sottomarini nucleari classe Delta IV.
Oltre a Stati Uniti e Federazione Russa, tra i paesi che possiedono capacitĂ di dispiegare ICBM e/o SLBM vi sono il Regno Unito, la Francia, la Repubblica Popolare Cinese, l’India, il Pakistan, Israele e, secondo alcuni, la Repubblica Popolare Democratica della Corea (Corea del Nord).
Emiliano Battisti