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Crimine e potere

Prosegue il reportage del “Caffè” direttamente dal Messico. Continuando ad analizzare le dinamiche del narcotraffico, questa volta presentiamo il caso dei “Los Zetas”, uno dei gruppi criminali più influenti nel Nord del Paese. Grazie alla violenza e al dominio del territorio riescono ad esercitare un controllo geopolitico basato sul terrore nel quale è costretta a vivere la popolazione.

LOS ZETAS – Tra le bande di narcotrafficanti messicane, Los Zetas meritano una menzione speciale. Ex paramilitari e militari d’alto rango, esperti di tecniche di antisommossa, operazioni di comando, tiro franco, guerra psicologica, intelligence militare, tecniche per interrogatori, che dagli ultimi anni del XX secolo si dedicano attivamente al narcotraffico. Nati come braccio armato del Cartello del Golfo, non si contendono con gli altri cartelli il dominio del territorio, ma si occupano di fare il loro lavoro sporco, seminando terrore tra la popolazione.

La nascita di questo gruppo si fa risalire al 1997, quando Arturo Guzmán Decena, nome in codice Z1, soldato di fanteria per 5 anni ed esperto in combattimento, addestrato da militari e paramilitari israeliani, decide, con alcuni compagni, di disertare l’esercito messicano e fondare un gruppo di sicari mercenari. Inizialmente si affiancano al Cartello del Golfo, lavorando al soldo del suo capo, Osiel Cárdenas Guillén, e cominciando a radicarsi in Tamaluipas, regione del nord est del Messico confinante con gli Stati Uniti.

Col passare del tempo al piccolo gruppo si aggiungono militari ed ex paramilitari attratti dal facile denaro, addestrati dalla Scuola delle Americhe, centro di formazione dei migliori ufficiali dell’America Latina per contrastare le insurrezioni, e dalla CIA, e disertori del Gruppo aeromobile delle Forze Speciali (GAFE), Gruppo anfibio delle Forze Speciali (GANFE) e della Brigata de Fucilieri Paracadutisti (BFP) dell’Esercito Messicano, reparti fondati nel 1994 a causa dell'insurrezione zapatista in Chiapas. Ultimamente sono arrivati a rimpolpare le fila di questa nuova banda anche un numero indeterminato di soldati precedentemente in carica nelle Forze Speciali guatemalteche.

LE DINAMICHE – Con gli anni, Los Zetas hanno formato un gruppo mafioso pronto a tutto che si muove agilmente sul territorio messicano, grazie ad una struttura ispirata alla disciplina militare, nella quale ogni persona ha un preciso rango e responsabilità. Il gradino più basso è formato dai Falchi, gli occhi in città, giovani tra i 12 e i 25 anni con scarse possibilità economiche, incaricati di spiare le attività dei nemici, funzionari statali o membri di altri cartelli. Poi ci sono i Cobra, gradino appena sopra i Falchi, che si occupano di estorcere denaro ai cittadini; i nuovi Zetas, ex militari guatemaltechi e messicani, delegati ad organizzare le tecniche di assalto e combattimento; i vecchi Cobra, persone di fiducia senza una formazione militare, e i vecchi Zetas, gli unici che possono essere i capi dello squadrone, metodo usato dagli Zetas per le loro quotidiane attività. Si muovono in veicoli separati con 5 elementi a bordo, uno di ogni livello e ognuno responsabile di una azione. In aggiunta, in ogni posto di smercio di droga, l’incaricato ha alcuni informatori, il suo particolare ragioniere e il suo sicario, il responsabile della sicurezza del comandante.

In questo modo, dall’originaria Tamaulipas, hanno esteso il loro mercato a diverse regioni messicane, da Nuevo Leon, principale zona industriale messicana, fino a Campeche, famosa regione turistica del sud del Messico, divenendo tra i maggiori esperti di uccisioni mirate, sequestri, assalti alle carceri, torture, furti, traffico di immigrati, di minori e di donne. Spesso sono additati come i responsabili delle “narcofosse” che quotidianamente si trovano in diverse parti del Messico piene di uomini uccisi con un colpo alla testa e messi in posizione di Zeta. 

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VIOLENZA PER IL POTERE – Una delle loro attività più ricorrenti è l’uccisione di sindaci e capi della polizia: nel giugno del 2005 assassinarono al capo della polizia di Nuevo Laredo sei ore dopo che era stato nominato; ultimamente, los Zetas sono saliti alla ribalta della cronaca per l’uccisione del sindaco di Santiago, cittadina del Nuevo Leon, ritrovato ucciso nell’autostrada verso Acapulco. Solo durante il 2010, sono stati uccisi 10 sindaci in tutto il Messico, appartenenti a diversi partiti politici; i corpi dei sindaci uccisi mostravano il colpo di grazia alla testa.

Inoltre, negli ultimi mesi, il gruppo dei Los Zetas ha preso una piega ancora più sanguinaria: dopo la estradizione di Osiel Cárdenas Guillén e la presa del potere del cartello del Golfo da parte di suo fratello Ezequiel cárdenas Guillen alias Tony Tormenta, dal febbraio del 2010 los Zetas hanno deciso di non riconoscere più la autorità del Cartello del Golfo e di mettersi a disposizione degli altri gruppi in guerra con quest’ultimo cartello. Hanno firmato un patto di non belligeranza con il Cartello di Tijuana e si sono alleati con i fratelli Beltrán Leyva, disertori del Cartello di Sinaloa, per potersi dedicare alla guerra contro i loro antichi padroni. Hanno messo a ferro e a fuoco varie città del nord est del Messico cercando e uccidendo qualunque membro del Cartello del Golfo e dell’esercito, in scontri tra bande dove hanno partecipato centinaia di furgoni blindati pieni di uomini armati. Questa guerra ha rapidamente convertito gli agglomerati urbani in scenari di combattimenti per strada tra criminali e militari, esplosioni di auto bombe e stragi, trasformando le città in fantasma e provocando la fuga di migliaia di persone, costrette a scappare in altri stati. Per esempio, un mese fa, centinaia di abitanti di Ciudad Mier, alla frontiera con gli Stati Uniti, hanno dovuto abbandonare il centro abitato impauriti dalle minacce del crimine organizzato, il quale non si limita a sparare liberamente tra le strade, ma continua con la sua politica di estorsione ad ogni proprietario di un appezzamento terriero, causando grandi difficoltà all’economia della regione.

LA RISPOSTA DEL GOVERNO – Di fronte a questa situazione da “far west”, anarchico e senza etica, il governo federale ha deciso di mandare nuove truppe di militari nel nordest messicano, che si aggiungeranno agli altri 50 mila militari dislocati dal dicembre del 2006 in tutto il Messico nella lotta antidroga e che hanno causato un aumento della spirale di violenza che ha ucciso più di 28.000 persone, secondo le fonti governative. Per esempio, solo nella cittá di Monterrey, capitale del Nuevo Leon, sede di numerose multinazionali, gli omicidi dolosi vincolati con il narcotraffico sono aumentati in maniera esponenziale. L’efficacia della strategia anti-narcos del Presidente Felipe Calderón è stata criticata dalla maggioranza dei partiti politici messicani, da numerosi giornalisti e commentatori, soprattutto sulla mancanza di indagini volte a mettere in luce i legami imprenditoriali e politici del narcotraffico. D’altro canto, i militari messicani sono stati più volte accusati di torture, sevizie e uccisioni ai margini della legge di civili.

Andrea Cerami (da Città del Messico)

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