Grandi "movimenti" in Argentina: le elezioni legislative che si svolgeranno il 28 giugno in Argentina potrebbero decretare la sconfitta di Néstor e Cristina Kirchner, provocando un regolamento dei conti nel Peronismo.
L’ARGENTINA AL VOTO – Urne aperte in Argentina: domenica 28 giugno si svolgeranno le elezioni legislative, che porteranno al rinnovo di parte della Camera e del Senato. Una sorta di “mid-term”, per dirla all’americana, che rappresenta però un banco di prova fondamentale per la tenuta del “kirchnerismo”, la corrente politica che prende il nome dall’ex presidente della nazione sudamericana, Néstor Kirchner, e dall’attuale Capo di Stato, la moglie Cristina Fernández de Kirchner. Dopo sei anni al potere praticamente incontrastati, pare infatti che la luna di miele tra il popolo argentino e i coniugi al Governo sia terminata. Sull’onda della (apparentemente) irresistibile ripresa economica del quinquennio 2003-2008, seguita alla drammatica crisi debitoria del 2001, il successo dei Kirchner non sembrava in discussione; tuttavia, lo scontro con la potente lobby dei produttori agricoli prima, e quest’anno la crisi economica, hanno bruscamente ridotto il grado di approvazione della “Presidenta” Cristina.
LA FINE DEL PERONISMO? – I Kirchner fanno parte del Partido Justicialista, che per i canoni politologici sudamericani è schierato ideologicamente nel centro-sinistra, ma che in realtà presenta tratti demagogico-populisti che lo rendono difficilmente incasellabile per gli “standard” europei. Il PJ è il diretto erede della tradizione peronista, che ha fatto del nazionalismo economico e del protezionismo alcuni dei cardini principali della propria politica. Néstor e Cristina fanno parte del Frente Amplio, corrente del PJ considerata “oficialista”, ovvero più vicina all’ortodossia peronista e la battaglia nelle prossime elezioni sarà con le correnti “dissidenti” in seno allo stesso Partido Justicialista. Nella provincia di Buenos Aires, la più popolosa di tutta l’Argentina, Kirchner sfiderà Francisco de Narváez (Unión Pro): i sondaggi per il momento danno i due candidati in sostanziale pareggio. In parecchie altre province, però, il kirchnerismo è dato per sconfitto: per esempio a Santa Fe, dove dovrebbe vincere l’ex pilota di Formula 1 Carlos Reutemann. In realtà, dunque, la battaglia è tutta interna al PJ: la principale forza di opposizione, l’Unión Cívica Radical, raramente è stata in grado di impensierire la coalizione di Governo. Se i Kirchner saranno sconfitti, probabilmente ci sarà un rimescolamento di carte, ma le linee di fondo principali della politica argentina non dovrebbero mutare con nettezza.

RITORNO AL PROTEZIONISMO – Come si diceva, tra gli “ingredienti” principali del peronismo c’è, a livello di politica economica, una certa dose di avversione al libero scambio. Tale componente si è ripresentata negli ultimi mesi, quando la Presidenta Kirchner ha tentato di risolvere la crisi economica innalzando barriere tariffarie in difesa delle merci argentine. A farne le spese è stato innanzitutto il principale partner commerciale di Buenos Aires: il Brasile, che ha visto calare sensibilmente le proprie esportazioni. Si è poi sostanzialmente arenato il processo di integrazione del Mercosur, l’unione doganale che comprende Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay. Non solo: anche imprese straniere ne hanno fatto le spese, come l’italiana Telecom. La compagnia di comunicazioni nazionale, infatti, ha forti interessi in Sudamerica, ma il Governo argentino ha bloccato la partnership con la spagnola Telefónica, considerata lesiva della concorrenza locale. In un periodo in cui l’apertura alle relazioni internazionali sembra essere una risposta per uscire dalla crisi, specialmente per Paesi export-oriented come l’Argentina, sono lecite le perplessità sull’opportunità di tali politiche economiche.
Davide Tentori [email protected] 24 giugno 2009