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Il futuro dell’alleanza

Il Giro del Mondo in 30 Caffè – La NATO, creata durante l’epoca della Guerra Fredda per costituire un blocco militare da opporre all’Unione Sovietica, ha da tempo cambiato obiettivi e strategie, e la minaccia principale che è chiamata ad affrontare in questi anni è il terrorismo. Sul tappeto rimangono comunque alcuni nodi problematici con attori rilevanti come Russia, Iran e Cina. Le sfide che si pongono dinanzi all’Alleanza Atlantica nel prossimo decennio potranno essere cruciali.

 

QUALI OBIETTIVI? – Gran parte del 2010 è stato impiegato a definire il nuovo concetto strategico della NATO, processo culminato con la conferenza di Lisbona di Novembre 2010.

 

Indipendentemente dai termini tecnici e dalla formulazione degli accordi, l’intera questione gira attorno a una semplice domanda: a cosa serve la NATO oggi? L’Alleanza Atlantica è nata per contrastare il Blocco Sovietico durante la Guerra Fredda, ma tale minaccia è cessata da tempo. La NATO rimane un’alleanza difensiva che offre una mutua protezione contro paesi o entitĂ  ostili, ma quali?

 

Dal 2001 contrastare il terrorismo internazionale costituisce l’obiettivo principale della NATO, così come arginare le nazioni che lo finanziano e lo supportano, e tale situazione è destinata a continuare nel prossimo futuro. La conferma dei principi di mutuo soccorso, lo scudo antimissile, le relazioni con la Russia, la missione in Afghanistan, il rallentamento dell’espansione a est – tutti elementi trattati a Lisbona – contribuiscono a confermare le linee d’azione sulle questioni conosciute, ma esistono altri aspetti da considerare.

 

NATO E RUSSIA – L’importanza dell’avvicinamento alla Russia apre la strada a collaborazioni strategiche di ampio respiro. La rinuncia al programma antimissile in Europa dell’Est ha infatti portato a un accordo per il mantenimento delle lunghe vie di rifornimento NATO dalle repubbliche ex-sovietiche all’Afghanistan, un contributo all’addestramento delle forze di polizia di Kabul, lo stop definitivo alla vendita del sistema antiaereo S-300 all’Iran, e un maggior dialogo sui trattati START di riduzione dell’arsenale atomico. Ma questo non implica che le relazioni NATO-Russia da ora in poi siano prive di contrasti: rimangono i contrasti riguardo alle repubbliche georgiane indipendenti di Abkhazia e Ossezia del Sud, e i timori di pressioni economiche ed energetiche verso i paesi est europei.

 

L’allargamento all’Europa dell’Est permetterebbe alle nazioni lì presenti di affrancarsi definitivamente dal controllo russo, tuttavia proprio le tensioni che ne derivano possono contribuire a rendere caldo un fronte particolarmente delicato per le questioni non solo politiche ma anche e soprattutto energetiche ed economiche che vi sono coinvolte. Del resto questo non significa lasciare le nazioni coinvolte al loro destino, come evidenziato dai piani per l’operazione militare recentemente rivelata che punta a difendere i Paesi Baltici e la Polonia da eventuali invasioni russe (come avvenuto in Georgia). Significa però cercare di spegnere alla base i possibili focolai di contrasto così da costruire un ambito diplomatico più rilassato che consenta di costruire elementi di sicurezza economica e politica altrettanto importanti di quelli militari.

 

ALLARGAMENTO: OPPORTUNITA’ O TRAPPOLA? – In generale, la mancanza di un blocco avversario e la natura globale della minaccia terroristica potrebbero indurre a credere che l’allargamento dell’alleanza a quanti più stati sia possibile costituisca una naturale ed auspicabile evoluzione della situazione. In effetti questa è stata la tendenza dell’ultimo decennio, ma recentemente alcuni eventi portano a pensare come essa possa essere anche controproducente se non valutata con attenzione.

 

Basti pensare alla richiesta della Turchia di escludere Iran e Siria dalla lista degli stati considerati ostili, in cambio dell’impiego del proprio territorio per lo scudo antimissile; appare evidente come attualmente possano esistere importanti differenze di vedute su quali siano le minacce e come affrontarle. La lealtà della Turchia alla NATO non appare ancora in discussione, eppure non va dimenticato come l’integrazione delle economie e delle diplomazie renda più difficile ottenere chiari consensi in caso di dispute con paesi terzi. Per questo motivo, l’inclusione di paesi che possiedono interessi regionali differenti da quelli USA ed Europei può contribuire a paralizzare il processo decisionale interno, così come accade per l’ONU in alcune occasioni.

 

La NATO dovrebbe dunque evitare la trappola di puntare a un’espansione incontrollata, poiché essa può ridurre invece che aumentare la sua forza. Lungi dal creare maggiore sicurezza, il rischio è proprio che i principi di mutuo soccorso vengano meno alla prova dei fatti a causa di tanti particolarismi regionali, di fatto indebolendo lo scopo stesso dell’Alleanza. La sfida per il futuro sarà dunque quella di costruire una serie di accordi e cooperazioni regionali che permettano alla NATO di mantenere la propria efficacia e influenza senza la necessità di mantenere una presenza diretta in tutto il mondo che potrebbe creare fratture indesiderate all’interno.

 

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ORGANIZZAZIONE MILITARE – L’Alleanza rimane comunque principalmente militare e per questo è presumibile continui a curare con attenzione la propria organizzazione. Attualmente buona parte dell’impegno dei comandi NATO al di fuori delle operazioni sul campo è rivolto all’integrazione delle forze armate dei diversi paesi membri europei. La formazione di brigate miste e di task force nazionali ed internazionali a risposta rapida, capaci dunque di partire e schierarsi in un nuovo teatro operativo col minimo di preavviso, costituisce uno dei punti primari di sviluppo. L’integrazione operativa è generalmente positiva, ma rimangono problemi di finanziamento, mentre la riluttanza dei paesi membri di mettere in situazioni di combattimento le proprie truppe continua a porre seri limiti all’impiego reale.

 

Inoltre, ogni paese continua a pianificare in maniera autonoma lo sviluppo delle proprie forze armate e manca dunque una visione comune e complementare.  E’ evidente che la struttura militare USA rimane l’asse portante e lo sarà ancora a lungo, tuttavia proprio l’Afghanistan ha mostrato la necessità dell’impiego delle truppe alleate per dividere il peso delle operazioni.

 

QUALE COMPETIZIONE? – L’apparato NATO al momento non deve piĂą affrontare una forte competizione, per quanto il carattere asimmetrico della guerra al terrorismo costituisca una sfida non ancora risolta. Se il riarmo militare russo tende a rallentare per mancanza di fondi, desta invece preoccupazione il progressivo sviluppo tecnologico delle forze armate cinesi, in particolare marina (portaerei), aviazione (il primo velivolo stealth cinese) e apparato missilistico. Esso rimane comunque inferiore alla sua controparte USA e occidentale in genere per qualitĂ  e quantitĂ  di finanziamenti, ma viene tenuto sotto costante osservazione perchĂ© capace, sul lungo termine, di modificare gli equilibri regionali. Il Pacifico Occidentale è lontano dalle tradizionali aree operative della NATO, e l’interconnessione delle economie USA e cinese sembra scongiurare contrasti troppo forti sul breve-medio periodo, eppure piĂą di un analista indica quello come possibile futuro nuovo teatro operativo. In ogni caso, la NATO si prepara ad affrontare un futuro che, per quanto meno definito, appare pieno di sfide forse piĂą che in passato.

 

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Lorenzo Nannetti
Lorenzo Nannetti

Nato a Bologna nel 1979, appassionato di storia militare e wargames fin da bambino, scrivo di Medio Oriente, Migrazioni, NATO, Affari Militari e Sicurezza Energetica per il Caffè Geopolitico, dove sono Senior Analyst e Responsabile Scientifico, cercando di spiegare che non si tratta solo di giocare con i soldatini. E dire che mi interesso pure di risoluzione dei conflitti… Per questo ho collaborato per oltre 6 anni con Wikistrat, network di analisti internazionali impegnato a svolgere simulazioni di geopolitica e relazioni internazionali per governi esteri, nella speranza prima o poi imparino a gestire meglio quello che succede nel mondo. Ora lo faccio anche col Caffè dove, oltre ai miei articoli, curo attività di formazione, conferenze e workshop su questi stessi temi.

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