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Da tripla in schedina

Il Giro del Mondo in 30 Caffè – Ebbene sì, è come il vecchio 1X2 del Totocalcio:  nel 2011 libanese può succedere di tutto. Tra un nuovo premier e accuse bipartisan di voler tentare un colpo di stato, il Libano appare alla ricerca costante di un equilibrio sempre più difficile da trovare. Logico quindi che si guardi al 2011 con preoccupazione. Quale sarà la prossima mossa di Hezbollah, quale atteggiamento adotterà Israele, ma soprattutto quali saranno le ripercussioni della pubblicazione dell’atto di accusa formale del Tribunale Onu che indaga sull’omicidio di Rafiq Hariri? Domande alle quali non è facile rispondere vista l’enormità di attori in gioco che aumentano quasi all’infinito gli scenari possibili.

FACCIAMO IL PUNTO – Siria, Turchia, Qatar, Arabia Saudita: Sono questi 4 i paesi che ufficialmente, ma soprattutto ufficiosamente, stanno provando a ricreare una seppur fragile forma di equilibrio nel paese mediando tra le dure posizioni di Hezbollah e le richieste della parte avversa, l'ex coalizione governativa del 14 Marzo. Si tratta in segreto, senza cercare il clamore delle prime pagine. Il compito non è affatto semplice.

Nasrallah, leader di Hezbollah, ha già affermato che chiunque si azzarderà ad accusare anche solo uno degli uomini del suo partito verrà trattato come un nemico: “Gli taglieremo le mani”. A seguito di questa chiarissima minaccia, il Partito di Dio ha pensato in questi primi giorni dell’anno di voler dimostrare la sua forza, politica ancor più che militare. La scorsa settimana pare che a Beirut forze di Hezbollah abbiano simulato un colpo di stato bianco, dislocando uomini, non armati, nei punti nevralgici della città. Una chiara dimostrazione di forza, anche qui senza troppi giri di parole.

Il 14 marzo (coalizione composta dalle Forze Libanesi – formazione cristiana di destra – Movimento d'indipendenza e Partito del Rinnovamento Democratico) osserva preoccupato l’evolversi della situazione, quasi impotente di fronte allo strapotere di Hezbollah. Saad Hariri, dopo esser stato costretto nei fatti a dimettersi, prova una faticosa opera di riconciliazione chiamando a colloquio tutte le forze politiche. Tuttavia è quasi certo che non avrà l’appoggio delle forze dell’8 marzo – formata da Hezbollah, Amal (sciiti) e Movimento Patriottico (cristiani fedeli a Michel Aoun) – né tanto meno dei drusi di Walid Jumblatt, ormai decisamente orientati a sostenere senza mezzi termini il nuovo premier Najib Mikati (foto sotto).

L’idea di Hezbollah, e la nomina di Mikati ne rappresenta il primo passo, sarebbe quella di formare un nuovo esecutivo (nuovo premier e nuova squadra di governo) che una volta insediato si proclami indipendente rispetto alla conclusioni cui giungerà il Tribunale Speciale dell’Onu, fortemente voluto da U.S.A. e Gran Bretagna, che indaga sulla morte dell'ex premier Rafiq Hariri. Un esecutivo, per utilizzare ancora le parole di Nasrallah, che non cada nell’ennesima trappola del complotto (termine estremamente ricorrente in Medio Oriente) teso dagli interessi americani e sionisti.

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UNO SCONTRO POLITICO – Va tuttavia registrato come lo scontro sia, almeno per ora, fermo ed immobile sul piano politico. In un paese che subito s’infiamma e le cui esagerate passioni hanno già portato a sanguinose guerre civili, bisogna riconoscere come per adesso le forze politiche abbiano evidentemente deciso di non esacerbare eccessivamente gli animi. Questo anche perché nessun partito o movimento libanese può competere autonomamente sul piano militare con Hezbollah, il quale a sua volta appare ben conscio dei rischi derivanti per la sua immagine una volta fosse riconosciuto responsabile di una nuova guerra civile.

Nessuna soluzione sembra comunque poter essere raggiunta in tempi brevi. Anzi, tempi notoriamente lunghi delle diplomazie cercheranno di portare entro un mese il Libano verso un accordo comune fra le parti politiche. Un mese solo, perché è proprio fra circa 30 giorni verranno resi pubblici i capi di accusa contro i presunti assassini dell’ex premier Hariri ed Hezbollah, insieme alla Siria, sembra essere sulla lista.

Ed Hezbollah non accetterà mai un governo che riconosca come valide le accuse portate nei suoi confronti. La sua posizione si è ulteriormente consolidata nel corso del 2010 ed ormai Nasrallah parla sempre più, a torto o a ragione, come un vero e proprio capo di Stato. Non a caso i mediatori turchi e del Qatar hanno visitato il leader sciita subito dopo aver incontrato il presidente della Repubblica Michel Suleiman, il dimissionario premier Saad Hariri e lo speaker del Parlamento Nabih Berri. Nasrallah viene trattato come il quarto, ma forse più importante, pilastro della traballante repubblica libanese.

UN INCERTO 2011 – Nel frattempo cresce all’interno del paese un clima di tensione che assomiglia sempre più a pura e semplice paranoia. La paura di nuove violenze non può essere assolutamente calmierata dal fatto che finora i vari leader politici abbiano deciso di mantenere bassi i toni del confronto. Appare infatti quasi impossibile compiere previsioni sul futuro del Paese, capace nella sua storia di sprofondare in un attimo nella più totale brutalità e purtroppo non altrettanto velocemente uscirne. Anni di guerre civili infestano le memorie di chi ha vissuto quei tremendi anni ed hanno riempito fin troppe pagine di libri per essere facilmente dimenticati.

Tuttavia, come già evidenziato, i segnali giunti finora dalle cronache locali non sembrano andare in questa direzione, tanto che l’autorevole quotidiano in lingua inglese Daily Star Lebanon ha sottolineato, in un editoriale visibilmente sorpreso, come il confronto si sia finora svolto secondo le regole democratiche previste dalla legge libanese. Tuttavia il Libano e più in generale i Paesi della regione ci hanno abituato nel corso della storia a veri e propri colpi di scena improvvisi, lasciando quasi sempre l’amaro in bocca per il mancato happy end.

Il nuovo premier voluto da Hezbollah, Najib Mikati, pur avendo ricevuto la maggioranza delle preferenze parlamentari non gode di alcuna fiducia da parte del resto delle forze politiche libanesi. Per tali ragioni, il 24 gennaio è stata indetta la “Giornata della Rabbia”. I sostenitori di Hariri sono scesi in piazza per protestare contro la nomina di Mikati, e solo l’intervento dell’esercito ha permesso il ritorno alla normalità.

Come sempre il Paese appare costantemente in bilico fra un ritorno alla normalità e l’eruzione di nuove violenze. In una situazione in continua evoluzione come quella libanese provare ad immaginare scenari futuri equivale al momento alla lettura di un pronostico all’interno di una palla di vetro.

Marco Di Donato [email protected]

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