In 3 Sorsi – Israele, dopo aver eliminato quasi integralmente i vertici militari dell’organizzazione libanese di Hezbollah, ha comunicato l’inizio di una fase decisiva nel conflitto. Per il momento, non si parla ancora di un’invasione terrestre, ma l’intensità dello scontro è destinata a crescere vertiginosamente.
1. I PRESUPPOSTI PER L’AVVIO DI UNA NUOVA FASE DELL’OPERAZIONE ‘FRECCE DEL NORD’
In un crescendo di colpi assestati nel giro di qualche settimana all’organizzazione di Hezbollah, Israele ha fatto comprendere in maniera graduale le proprie intenzioni nel contesto del conflitto con il Partito di Dio. Il primo obiettivo è stato quello di minare in radice la sicurezza delle comunicazioni tra gli esponenti di grado non elevato dell’organizzazione, con l’introduzione di materiale esplosivo nascosto all’interno delle batterie dei cercapersone a loro recapitati. Un’azione che fonti della sicurezza libanese definiscono come “così sofisticata che non poteva essere rilevata anzitempo”. L’attacco, avvenuto il 17 settembre, è stato seguito da un’esplosione che ha coinvolto i walkie-talkie nelle mani di altri esponenti dell’organizzazione, con un bilancio complessivo di oltre 3mila feriti. Tali azioni hanno acquisito un significato ben preciso con l’evoluzione della postura assunta da Israele nei confronti di Hezbollah. L’apice di tale processo è stato rappresentato dai molteplici attacchi compiuti dall’esercito israeliano al quartier generale di Hezbollah a Beirut il 28 settembre. Il filo conduttore dei raid di Tel Aviv è stato quello di colpire il Segretario Generale di Hezbollah Hassan Nasrallah, il cui corpo è stato ritrovato il giorno seguente. Insieme a lui sono stati uccisi importanti vertici dell’organizzazione, consegnando uno scenario cui si aggiungono le morti di altri quadri del partito e della sua ala militare nei giorni precedenti.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Un musulmano sciita del Kashmir tiene in mano la foto di Hassan Nasrallah durante una marcia per protestare contro l’uccisione del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, il 28 settembre 2024 a Srinagar, nel Kashmir amministrato dall’India
2. L’INIZIO DELL’OPERAZIONE ‘MIRATA’ DI ISRAELE IN LIBANO
Nella serata di lunedì 30 settembre l’esercito israeliano (IDF) ha posto le premesse per un’invasione di terra del sud del Libano con l’invito ai residenti di allontanarsi dalle aree in cui opera Hezbollah. La motivazione addotta dall’IDF per il passaggio all’operazione di terra è stata la seguente: “Le nostre truppe di terra sostenute da forze aeree e artiglieria sono impegnate in raid terrestri limitati, localizzati e mirati contro Hezbollah nei villaggi del sud del Libano che rappresentano ‘una minaccia immediata’ per le comunità israeliane nel nord”. Al momento, le Autorità militari di Tel Aviv sembrerebbero voler scongiurare un attacco in profondità nel territorio libanese, con una strategia che potrebbe spiegarsi con un patto verbale con Washington in merito alle dimensioni che l’invasione di terra dovrebbe acquisire. Come rivelato da Barak Ravid di Axios, i due omologhi alla Difesa, l’Israeliano Yoav Gallant e lo Statunitense Lloyd Austin hanno raggiunto un’intesa in via di principio sui tre pilastri sui quali dovrebbe fondarsi tale operazione: smantellamento delle infrastrutture da cui partono gli attacchi lungo il confine; intervento limitato alle aree di confine nel sud del Libano; disponibilità israeliana al passaggio dalla dimensione militare a quella diplomatica quando sarà possibile.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il Segretario alla Difesa degli USA Lloyd Austin incontra il Ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant al Pentagono il 25 giugno 2024, Arlington, Virginia
3. LA REAZIONE DELLA MAGGIORANZA DI GOVERNO LIBANESE
La prima azione compiuta dall’esercito libanese è stata quella di ritirarsi dalle proprie basi nel sud del Paese in considerazione delle incursioni già in corso e di un possibile maggiore ingresso di unità israeliane. Ciò si pone in stretta continuità con la volontà dell’esecutivo libanese di non restare coinvolto nello scontro tra IDF ed Hezbollah. Il punto di vista ora predominante è ben esemplificato dalle parole espresse dal Primo Ministro Nijab Mikati e dallo Speaker del Parlamento Nabih Berri, il cui partito Amal è alleato di Hezbollah. Il primo ha comunicato al portale Asharq Al-Awsat che “il Libano è impegnato a raggiungere un cessate il fuoco e avviare negoziati indiretti che porrebbero fine alla feroce guerra israeliana al Libano e al suo popolo”, mentre il secondo ha ribadito allo stesso media arabo che “il Governo libanese è intenzionato ad attuare la risoluzione 1701 ONU (sostituendo le milizie di Hezbollah con le forze regolari dell’esercito libanese a sud del fiume Litani, n.d.r.), tanto che sul punto si era raggiunto un accordo in via di principio con Hezbollah”. Entrambi i leader politici libanesi hanno discusso della questione con il Ministro degli Esteri francese Jean-Noel Barrot, il cui Governo guida insieme a quello americano una coalizione di 10 Paesi intenti a premere per un cessate il fuoco tra le parti. Le parole di Mikati sono esemplificative dello scenario in cui si inseriscono i negoziati per un accordo: “Ora spetta alla comunità internazionale, in particolare agli Stati Uniti, trovare una soluzione. La loro credibilità è in gioco. Se non possono riuscirci loro, allora penso che nessuna possa farlo”.
Michele Maresca
Immagine di copertina: “Lebanese flag floating” by Eusebius@Commons is licensed under CC BY