Al-Mamlaka al-Maghribiya: raramente ci si interroga sulle vicende del Regno di Muhammed VI e troppo spesso si ritiene il Marocco immune alla Primavera araba
UNA PRIMAVERA SUI GENERIS – Precondizioni come autoritarismo e scontento c’erano. Un movimento nato sull’onda delle Primavere dei Paesi vicini anche. Eppure la Rivoluzione marocchina sembrerebbe prematuramente abortita. In realtà , a tre anni dalla nascita del “Movimento 20 febbraio”, è possibile fornire un’interpretazione del corso politico nel Regno di una vera e propria Primavera, seppur anomala. Il 20 febbraio 2011 prese forma un movimento popolare, prevalentemente giovanile, che nei mesi successivi organizzò manifestazioni in tutto il Paese. Le rivendicazioni più pressanti erano riforme costituzionali che limitassero parzialmente il potere del Re, argini alla corruzione, maggiore libertà di espressione e liberazione dei prigionieri politici. Proprio nelle richieste del M20F risiedono le prime differenze con le altre Primavere: non si chiedevano le dimissioni del governante, sebbene lo scontento fosse e sia in parte palpabile, e non ha condotto alla rottura totale tra manifestanti e potere. La parola hogra, “rabbia”, riecheggiava nel Paese, ma non slogan come l’arabo irhal, “vattene” o il francese degage, “dimettiti”.
In secondo luogo, nessun partito si è reso portavoce delle rivendicazioni: si è invece assistito alla formazione di un fronte compatto e tutti i gruppi, senza distinzione, hanno preso le distanze dalle proteste, confermando la propria fedeltà al makhzen, il sistema di governo monarchico.
Terza difformità rispetto alle Primavere oltreconfine è la minore ostilità tra società e militari, dovuta anche alla condotta meno violenta dell’esercito.
LA NUOVA COSTITUZIONE – Anche la risposta del potere segnò il diverso corso marocchino: il Palazzo si è prontamente appropriato della paternità delle riforme, svuotando le proteste di gran parte della carica rivoluzionaria. Già il 21 febbraio 2011 si procedeva, infatti, alla creazione del Conseil Economique et Social e poco dopo della Commission consultative de révision de la Constitution. Il 1° luglio un referendum accoglieva la nuova Costituzione col 98.5% dei consensi.
Due novità della Carta del 2011 sono l’esplicitazione legale dell’uguaglianza di genere e il riconoscimento della lingua berbera Tamazigh come secondo idioma ufficiale dopo l’arabo. Il Re è poi “inviolabile” e non più “sacro”.
Ma sono molte le prerogative di Muhammed VI ancora intatte: resta ad esempio Amir al-Mu’minin, “Principe dei Credenti”, carica che gli consente di presiedere il Consiglio Superiore degli Ulema; nomina i membri del Governo e può sospenderli dalle loro funzioni; i suoi messaggi alla nazione non possono ancora essere oggetto di dibattito.
Nonostante gli ampi margini di democratizzazione rimasti, la situazione nell’estate 2011 vedeva i cittadini di fronte a due realtà : da un lato le tempestive risposte monarchiche, che con la loro prontezza hanno in parte oscurato quanto di immutato si celava nella nuova Costituzione, dall’altro la situazione nei Paesi che avevano marciato più speditamente verso la Rivoluzione: tensioni e instabilità in Tunisia ed Egitto, violenza e guerra in Libia e Siria. I marocchini avevano invece ottenuto in tempi record una nuova Costituzione: il Re è riuscito a inculcare l’idea del «non possiamo lamentarci».
Ciò non toglie tuttavia che lo scontento persista e che la conseguenza storica delle Primavere arabe, la presa di parola della società civile, si sia verificata anche in Marocco. In futuro la sinergia tra le proteste e il sovrano, almeno parzialmente disposto ad ascoltarle, potrebbe rendere il Marocco un unicum della regione, con una sorta di Primavera diluita nel tempo, non traumatica, destinata magari a non divenire prematuramente inverno.
L’AUTODETERMINAZIONE DEI SAHRAWI – Estremamente complessa è la pluridecennale questione del popolo Sahrawi, oggetto negli ultimi anni di rinnovato interesse dopo l’aggravarsi della situazione in Mali e nel Sahel. La rappresentanza della Repubblica Araba Sahrawi Democratica (RASD) e molti rifugiati sono in Algeria, ma la capitale del territorio conteso è El-Layyoun, nel Sahara Occidentale. A oggi l’azione auspicabile è il tanto rinviato referendum,nel quale potrebbero essere previste l’opzione dell’indipendenza e quella dell’ampia autonomia, assai più gradita a Muhammad VI. Il fatto che nell’area l’88% della popolazione sia costituito da coloni marocchini getta però ombre anche sull’efficacia del cammino referendario. In Europa si parla poco della regione anche per indubbi interessi economici: si pensi che recenti trattati commerciali tra Marocco e UE consentono a quest’ultima di pescare anche nelle acque antistanti al Sahara Occidentale – le più pescose della regione – area che così viene implicitamente confermata territorio marocchino.
IL TREND ECONOMICO – Il PIL marocchino è cresciuto di quasi 5 punti tra 2012 e 2013, i partenariati commerciali internazionali godono di ottima soliditĂ e il plauso per Muhammad VI è unanime tanto in Occidente quanto nel potente Gulf Cooperation Council.Â
A questa congiuntura politico-economica, certamente migliore di quelle di molti stati limitrofi, si aggiunga la mole di denaro costituita dalle rimesse dei migranti all’estero, 513mila solo in Italia, numero che li rende la prima comunità extra-europea nel Paese, seconda in termini assoluti solo a quella romena.
Neppure il turismo sembra risentire della crisi mondiale, né dell’instabilità regionale: il Nord Africa ha chiuso il 2013 con un +6%, e, vista la situazione nei Paesi limitrofi, tale dato è in gran parte riferibile proprio al Marocco.
Tuttavia persistono enormi squilibri in termini di sviluppo e ricchezza tra aree urbane e rurali-montuose. Inoltre, sebbene circa 156mila nuovi posti di lavoro siano stati creati ogni anno tra 2011 e 2013, il Paese soffre ancora di alti tassi di disoccupazione tra i sempre più numerosi giovani laureati.
In Marocco è in atto una lenta ma costante trasformazione sociale. Se sarà all’altezza di riforme concrete, delle difficoltà economiche persistenti e della pluridecennale questione del popolo Sahrawi, Muhammad VI è destinato a passare alla storia come uno dei più apprezzati governanti arabi contemporanei, in un Paese con ottime possibilità di crescita.
Sara Brzuszkiewicz