In 3 Sorsi – Dopo il parere positivo del Consiglio Supremo degli Ulema, la riforma del Codice di Famiglia del Marocco ha superato anche il vaglio del Re Mohammed VI. Molteplici le novità introdotte dalla legge, il cui obiettivo fondamentale è coniugare tradizione islamica e progresso sociale.
1. UNA RIFORMA FONDATA SU UN BILANCIAMENTO TRA ESIGENZE DI NATURA RELIGIOSA E SOCIALE
Re Mohammed VI ha dato il via libera alla riforma del Codice di Famiglia del Marocco, altresì detto “Moudawana”, da lui stesso richiesta in continuità con l’esigenza di adeguare le norme alla nuova realtà del Paese. Le linee guida su cui si è fondato il progetto di riforma sono state definite dal Re durante una riunione con il Governo tenutasi a settembre. In tal senso, sono tre le direttrici che hanno guidato l’azione dell’organo deputato alla predisposizione del testo di riforma: garantire la massima trasparenza nella definizione dei singoli articoli della normativa; assicurare la chiarezza nel dettato della legge, così da evitare contraddizioni o possibili interpretazioni differenti tra loro; adeguarsi ai bisogni della società odierna, pur nel rispetto dei parametri religiosi di riferimento.
Quest’ultimo bilanciamento tra esigenze talvolta contrapposte ha rappresentato il compito più ostico che l’organo responsabile della redazione del progetto di riforma ha dovuto assolvere. L’assunzione di norme in grado di contemperare tali interessi è agevolata dal fatto che i valori islamici in questione, di cui il Re richiede il pieno rispetto da parte del legislatore, corrispondono a quelli propugnati da chi fa propria una visione non “purista” dell’Islam. Ciò riduce la distanza tra la realtà sociale odierna cui adeguarsi e gli standard religiosi cui conformare la propria azione legislativa.
Fig. 1 – Il re Mohammed VI del Marocco assiste alla firma degli accordi bilaterali al Palazzo Reale di Agdal il 13 febbraio 2019 a Rabat, in Marocco
2. LE INNOVAZIONI INTRODOTTE: LE DONNE PRINCIPALI PROTAGONISTE DELLA RIFORMA
La riforma della Moudawana è stata impostata in continuità con quanto predisposto dal Re Mohammed VI nelle direttive indicate al Governo nei mesi precedenti all’adozione del testo. La garanzia di una compatibilità tra misure conformi al progresso della società e aderenza ai dettami della religione islamica è stata assicurata attraverso l’approvazione di norme ritenute tali da non alterare gli equilibri su cui si fondava il Codice di Famiglia. Così si spiega la decisione di consentire un avanzamento sul piano dei diritti esercitati dalle donne nei rapporti familiari, esemplificata dalla condivisione della responsabilità genitoriale tra uomini e donne durante e dopo il matrimonio, dalla garanzia per le donne di conservare la custodia dei figli anche dopo un nuovo matrimonio e dal cambio di passo in materia di poligamia ed età in cui si è legittimati a sposarsi. Nello specifico, nel nuovo Codice si stabilisce che la poligamia rappresenta un’eccezione, anche laddove ci sia l’espresso consenso della donna, da consentire in casi straordinari come quello di malattia o di infertilità . Per quanto riguarda la legittimazione a contrarre matrimonio, si dispone che le donne possono sposarsi dopo aver compiuto i 18 anni, con eccezioni valide a partire dai 17 anni soltanto in casi disposti in via giudiziale. La modifica si è resa necessaria per la presenza di una clausola, applicata in ben 13mila casi soltanto nel 2020, che consentiva ai giudici di concedere alle famiglie una deroga speciale per il matrimonio delle ragazze minorenni.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Le donne gridano slogan durante una protesta sulla violenza contro le donne, in occasione della Giornata internazionale delle donne, davanti al palazzo del Parlamento a Rabat, Marocco, l’8 marzo 2018
3. IL SIGNIFICATO COMPLESSIVO DELLA RIFORMA ALLA LUCE DELLE MODIFICHE APPROVATE E DI QUELLE DISAPPROVATE
Altrettanto indicativi dell’orientamento seguito dal legislatore sono gli emendamenti rigettati dal Consiglio Supremo degli Ulema. Il riferimento, in particolare, è a una delle principali richieste provenienti dalle manifestanti che hanno guidato il movimento per la riforma del Codice di Famiglia, ossia l’eguaglianza nell’ereditarietà . I supremi consiglieri si sono infatti opposti all’idea per cui i figli di fede religiosa diversa da quella dei genitori dovrebbero avere diritto ai beni ereditari, testimoniando dunque la permanente sussistenza di un ostacolo al pieno adeguamento delle norme rispetto alle richieste avanzate da una parte della società . La giustificazione addotta per tale diniego, consistente nell’impossibilità di ricorrere a “interpretazioni” (Itijhad) laddove il testo religioso non lo consente, è un segnale di una discontinuità non ancora superata tra le due dimensioni chiamate in gioco nella stesura del progetto di riforma: quella religiosa e quella sociale. Pur trattandosi di un “soddisfacimento parziale” delle istanze degli attivisti per la riforma della Moudawana, il lavoro del legislatore può rappresentare un importante punto di partenza nel segno di un progressivo adattamento della realtà formale a quella sostanziale. A ciò occorre aggiungere anche la possibilità di incidere sulla stessa realtà concreta, nel momento in cui la riforma può assolvere una funzione pedagogica, educativa, nei confronti delle nuove generazioni, consentendo a queste ultime di assumere prospettive diverse in merito ai rapporti familiari e ai diritti spettanti alle donne in tale contesto.
Michele Maresca
“Mohammed VI, painted portrait DDC_5124” by Abode of Chaos is licensed under CC BY