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Dieci domande sulla Cina 2014

Il Giro del Mondo in 30 Caffè – La Cina che non cresce più come una volta, politica interna di Xi Jinping, figlio unico, scenari e prospettive di una politica estera in cui Pechino sarà sempre più protagonista e molto altro ancora: ecco di seguito 10 punti sulla Cina 2014 discussi con Thomas Rosenthal, Direttore del CeSIF (Centro Studi per l’Impresa della Fondazione Italia Cina).

1. Bolle, crisi imminenti, allarmi internazionali perché la Cina cresce “solo” del 7%. Ma una crescita più contenuta è per forza una brutta notizia?

Il CeSIF prevede almeno fino al 2015 una crescita più vicina al 7% che all’8%, e successivamente un livellamento della crescita tra il 6 e il 7%. Attenzione però, questa è una specifica scelta della autorità politiche ed economiche cinesi. Non c’è dunque motivo di preoccupazione: la crescita sarà più equilibrata nelle sue fonti, con i consumi domestici che continueranno ad assumere maggiore importanza. Rispetto alla struttura economica, il settore dei servizi mostra i maggiori margini di sviluppo: il CeSIF ha di recente registrato che il terziario, per la prima volta nella storia cinese, è nel 2013 il principale settore in termini di contributo al Pil, e mostra i maggiori margini di sviluppo. Non è un caso che la Shanghai Pilot Free Trade Zone, laboratorio di sperimentazione, dedichi prevalente attenzione proprio ai servizi più avanzati: bancario e finanziario, sanità, servizi professionali. La crescita sarà inoltre maggiormente sostenibile, perché enfatizza la qualità a scapito della quantità, con un uso più efficiente non solo delle risorse ma di tutti i fattori di produzione: lavoro, terra e capitale, e con minori esternalità negative soprattutto in ambito ambientale.

2. Dall’amministrazione Hu jintao-Wen Jiabao a Xi Jinping-Li Qejiang: in mezzo ad una apparente stretta continuità, cosa è cambiato e cosa potrà cambiare?

Xi e Li aprono una nuova stagione di riforme, che Li Keqiang ha già indirettamente proposto durante la precedente amministrazione in qualità di membro del Comitato permanente del Politburo nel documento China 2030, elaborato congiuntamente dal Governo cinese e dalla Banca mondiale. Possiamo aspettarci, come annunciato dal Terzo Plenum, riforme nelle seguenti aree:

  • fiscalità;
  • revisione delle procedure di investimento e per fare impresa;
  • maggiore accesso dei capitali privati in settori precedentemente ristretti o chiusi;
  • ruolo dello Stato e del mercato, con maggiore protagonismo dei meccanismi di quest’ultimo;
  • burocrazia e amministrazione, con una deregolamentazione e uno streamlining delle procedure amministrative per investire e fare impresa in Cina;
  • liberalizzazione e maggiore accesso ai capitali privati;
  • riforma bancaria e finanziaria;
  • rapporti tra centro e periferia;
  • rapporti tra politica e pubblica amministrazione e tra costituzione e leggi;
  • riforma delle imprese di Stato e degli asset di Stato.

È chiaro che le riforme più semplici da un punto di vista politico (in particolare, le prime tre citate) sono prevedibili nel breve-medio termine, mentre solo nel medio-lungo periodo, ed in particolare nel secondo quinquennio dell’amministrazione Xi-Li, quando entrambi avranno maggiori possibilità di costruirsi liberamente la propria squadra di Governo, potremo aspettarci le riforme più complesse da un punto di vista politico. Tra queste, in particolare quelle che si riferiscono al ruolo principe della rule of law e la riforma delle imprese di Stato, con una nuova ondata di privatizzazioni o – come le chiamano i cinesi – ristrutturazioni, anche in settori considerati strategici.

3. Si è parlato molto ultimamente di riforme relative alla politica del figlio unico e all’abolizione dei campi di lavoro: su questi temi, cosa effettivamente potrà cambiare?

Questa politica è attualmente il risultato di una serie di revisioni che l’hanno resa meno stringente nelle sue applicazioni e più aperta nella sua formulazione. L’ultima riforma della politica del figlio unico annunciata durante la terza riunione plenaria del Diciottesimo Congresso del Partito va di fatto verso una sua irrilevanza. Per quanto riguarda l’abolizione della rieducazione tramite il lavoro, verosimilmente assisteremo ad una vera cancellazione dei campi di lavoro e di iter processuali semplificati o inesistenti per delinquenti comuni e altri soggetti politicamente meno pericolosi, mentre credo che non cambierà l’atteggiamento nei confronti di dissidenti o quando si tratterà di persone politicamente pericolose.

Il logo del CeSIF
Il logo del CeSIF

4. L’affaire Bo Xilai: solo un brutto ricordo? Cosa è rimasto in termini di politica interna?

Ritengo che un gruppo politico che fa riferimento alla figura di Bo Xilai esista ancora, ma col tempo perderà sempre più rilevanza: la stessa caduta di Bo dimostra come questo gruppo di potere si stia sfaldando, altrimenti le cose non sarebbero andate così. Durante la transizione di potere, varie personalità e funzionari nella rete relazionale di Bo Xilai hanno perso importanza, posizione nella nomenclatura e rendite politiche. Possiamo comunque affermare, anche per questo caso ma non solo, che abbiamo assistito ad una delle più difficili e complesse transizioni al potere degli ultimi 30 anni.

5. La politica internazionale vede una Cina sempre più influente in quasi tutte le aree del pianeta. Quali saranno i principali trend della politica estera di Pechino nel 2014?

Sono sei i “fili rossi” che mi pare valga la pena sottolineare relativamente alla politica estera cinese:

a)      la ricerca di leadership all’interno di tutti i principali consessi internazionali. L’attivismo cinese avrà più o meno successo a seconda degli ambiti, ma questo aspetto va sottolineato con forza, in particolare nelle negoziazioni che si riferiscono al commercio internazionale in ambito WTO. La stessa zona di libero scambio di Shanghai e le altre dodici annunciate segnalano che la Cina intende porsi come riferimento per il libero commercio internazionale, anche per avere maggiore leva verso nuovi accordi internazionali multilaterali;

b)      l’utilizzo di risorse economiche finanziate da continui surplus commerciali e da ingenti riserve valutarie estere, con una valuta sempre più internazionalizzata, per acquisire obiettivi politici all’estero;

c)       la ricerca dell’accesso a risorse energetiche, in maniera costante e a prezzi relativamente bassi;

d)      la ricerca di sicurezza alimentare tramite approvvigionamenti costanti e sicuri da Asia Orientale, America Latina e Oceania; in quest’ambito si apre poi il tema dell’acquisto delle terre, il cosiddetto land grabbing;

e)      l’acquisizione di marchi e tecnologie, per incrementare valore aggiunto e la produzione cinese;

f)       “l’acquisto” di voti di Paesi di secondaria importanza a livello politico ma numericamente determinanti (in cambio di progetti in questi Paesi), per dare voce e attenzione agli interessi cinesi nelle organizzazioni internazionali.

6. Veniamo ora ai vari scenari globali e alle partite che Pechino sta attualmente giocando. Partiamo dalla politica regionale.

Abbiamo assistito durante la transizione politica ad un’accelerazione nell’attivismo cinese volto a dar voce e azione al proprio interesse nazionale, che si è esplicitato in tutte le controversie territoriali con i propri vicini, ed è possibile che tale attivismo tenda ad aumentare ancora prossimamente. È anche interessante notare la costituzione dello State Security Council cinese sul modello del National Security Council americano, per coordinare la sicurezza domestica ma anche internazionale del Paese. Contrariamente alla prassi, l’attuale Presidente della Repubblica Popolare Xi Jinping ha ottenuto la carica di Capo della Commissione Militare Centrale del Paese con circa un anno di anticipo; ciò sembra connotare un maggiore potere politico-militare nelle mani del Presidente Xi, che con tutta probabilità presiederà anche lo State Security Council, ed è ritenuto particolarmente vicino agli ambienti militari. Questo porterà a una maggiore investimento militare e ad una maggiore assertività nelle relazioni internazionali.

7. Il rapporto tra Cina e Stati Uniti: quali possibili evoluzioni? La formula “G2” è già passata di moda?

Usa e Cina parlano di partnership strategica, la realtà è che l’agenda politica di entrambi i Paesi trova un incontro in alcune aree e molte possibilità di scontro in altre. Credo che sia ormai marginale la tematica della rivalutazione della valuta cinese, molto più conflittuali rischiano di essere le relazioni tra i due Paesi quando si parla di politica internazionale, soprattutto nell’area Asia-Pacifico, dove gli obiettivi cinesi si vanno a scontrare con obiettivi di Paesi alleati degli Stati Uniti (ad esempio le controversie marittime nel Mar della Cina Meridionale e Orientale). L’affare Snowden, che non a caso ha scelto per un periodo Hong Kong come proprio rifugio, può essere collegato alle schermaglie Usa-Cina sul tema dello spionaggio, in particolare industriale. Per quanto riguarda il “modello G2”, va detto che quando si tratterà di prendere decisioni di un certo rilievo in ambito internazionale, il peso politico principale sarà quello di Cina e Stati Uniti. Sul piano regionale, poi, avere molteplici attori protagonisti responsabili nelle varie regioni del mondo sembra rientrare anche negli stessi interessi cinesi.

CinaAfrica18. La Cina e le regioni in via di sviluppo, in particolare Africa e America Latina. Possiamo parlare di nuovo colonialismo?

Assolutamente sì. Potremo chiamarlo diversamente, ma la sostanza è quella di un neocolonialismo spinto dalla reale ricerca di soddisfare il proprio interesse nazionale. Sfido chiunque a dimostrarmi il contrario. La Cina ha sicuramente ridestato interesse sul continente africano, dimenticato dalle grandi potenze alla fine della Guerra fredda. Tale interesse è però assai pragmatico e orientato agli approvvigionamenti di risorse naturali e materie prime, e alla creazione di uno sbocco verso nuovi mercati emergenti per investimenti e commerci, così come per la forza lavoro in eccesso. Questo neocolonialismo presenta poi esternalità sia positive che negative per queste aree. È infatti anche un ostacolo allo sviluppo, nel momento in cui, ad esempio, vi è un prezzo al di sotto del mercato per le forniture energetiche provenienti dalla Cina, oppure nel caso della realizzazione di infrastrutture scadenti. In generale, poi, vi è certo un ostacolo allo sviluppo dell’industria nascente africana e allo sviluppo sociale e politico di questi Paesi, poiché non vengono poste condizioni di alcun tipo e perché gli interlocutori rimangono le elite e i loro interessi personalistici. In generale, ripensando anche al rapporto Cina-Usa, va detto che Africa e soprattutto America Latina dovranno “giocarsi al meglio”  l’interesse strategico che rivestono per le due grandi potenze del XXI secolo.

9. Tra le tante aree del mondo di cui abbiamo parlato, manca solo la nostra Europa…

La Cina prende l’Europa come un insieme di Stati nazionali, e preferisce interloquire con questi. Di fatto, il ruolo e l’influenza dell’Unione Europea in ambito internazionale sono assolutamente marginali, e questo sembra molto più evidente alla Cina che agli stessi governi e cittadini europei.

10. La Cina fra dieci anni potrà ancora dirsi comunista?

Di comunista, se non sulla carta, già adesso è rimasto ben poco. Di fatto, il vero nome e la vera identità dell’attuale regime sono quelli propri di un modello autoritario, che caratterizza anche altri Paesi asiatici.

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Alberto Rossi
Alberto Rossi

Classe 1984, mi sono laureato nel 2009 in Scienze delle Relazioni Internazionali e dell’Integrazione Europea all’Università Cattolica di Milano (Facoltà di Scienze Politiche). La mia tesi sulla Seconda Intifada è stata svolta “sul campo” tra Israele e Territori Palestinesi vivendo a Gerusalemme, città in cui sono stato più volte e che porto nel cuore. Ho lavorato dal 2009 al 2018 in Fondazione Italia Cina, dove sono stato Responsabile Marketing e analista del CeSIF (Centro Studi per l’Impresa della Fondazione Italia Cina). Tra le mie passioni, il calcio, i libri di Giovannino Guareschi, i giochi di magia, il teatro, la radio.

Co-fondatore del Caffè Geopolitico e Presidente fino al 2018. Eletto Sindaco di Seregno (MB) a giugno 2018, ha cessato i suoi incarichi nell’associazione.

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