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“Il mio corpo la mia decisione”: il diritto all’aborto in America Latina e Caribe

In 3 sorsiNonostante alcuni progressi, l’interruzione volontaria di gravidanza rimane un diritto negato o criminalizzato in molti Paesi dell’America Latina e dei Caraibi. I movimenti femministi continuano a lottare per un accesso sicuro e legale all’aborto, essenziale per proteggere la salute e la vita delle donne.

1. PER UN ABORTO LEGALE, SICURO E ACCESSIBILE

“Madre per scelta, non per obbligo”, “Bambine, non madri” e “Il mio corpo, la mia decisione” sono solo alcuni degli slogan che migliaia di donne hanno gridato lo scorso 28 settembre in diverse capitali latinoamericane, in occasione della Giornata Internazionale per l’Aborto Sicuro. Questa ricorrenza, nata dalla lotta delle attiviste riunitesi nel 1990 in Argentina, durante il V Incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi, è diventata una data simbolo per il riconoscimento di un aborto legale, sicuro e accessibile a livello globale. Nonostante i progressi ottenuti, l’interruzione di gravidanza continua a essere stigmatizzata e criminalizzata in molti Paesi dell’America Latina e del Caribe, dove donne e ragazze sono spesso costrette a ricorrere a metodi illegali e pericolosi che mettono a rischio la loro vita e la loro salute. Stando agli ultimi dati disponibili, il 10% delle morti materne nella regione è dovuto a interruzioni di gravidanza clandestine. La lotta per il diritto all’aborto rimane quindi una questione cruciale, con migliaia di donne che continuano a mobilitarsi per ottenere il controllo del proprio corpo e la libertà di scelta.

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Fig. 1 – Manifestanti marciano a Città del Messico il 28 settembre 2024

2. IL DIRITTO ALL’ABORTO NELLA REGIONE

In America Latina e Caribe, la situazione del riconoscimento del diritto all’aborto varia significativamente da Paese a Paese. L’interruzione di gravidanza è consentita senza restrizioni in Argentina, Uruguay, Cuba, Messico e Colombia. In Paraguay, Costa Rica, Venezuela, Perù e Guatemala l’aborto è permesso solo in situazioni di rischio per la vita della gestante. In questi Paesi le leggi prevedono anche pene detentive per chi pratica l’aborto e per il personale che lo assiste. Panama, Cile e Bolivia consentono l’aborto anche in caso di stupro o se la vita della gestante è a rischio. Stesse condizioni sono previste in Brasile dove si aggiungono i casi di anencefalia del feto. In Messico, invece, l’aborto è stato autorizzato su tutto il territorio nazionale nel 2023, ma alcuni Stati non si sono ancora adeguati alla legislazione federale, creando disparità nell’accesso ai servizi. La situazione è invece particolarmente complessa in El Salvador, Nicaragua, Honduras e Repubblica Dominicana, dove l’aborto è criminalizzato in ogni circostanza. In particolare, in El Salvador l’aborto può essere considerato omicidio aggravato, e la madre, insieme al personale medico coinvolto, rischia pene detentive che vanno dai 30 ai 50 anni di carcere. Dal 1998 al 2019 sono state 181 le donne che in El Salvador sono state condannate alla prigione dopo aver vissuto un’emergenza ostetrica.

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Fig. 2 – Manifestante regge un cartello con la scritta “Basta criminalizzazione” a Città del Messico il 28 settembre

3. IL RUOLO DEI MOVIMENTI DI ATTIVISTE E FEMMINISTE

Nel complesso panorama in materia di aborto nella regione latinoamericana e del Caribe una costante emerge con forza: i movimenti di attiviste e femministe hanno avuto e continuano ad avere un ruolo cruciale nella depenalizzazione dell’aborto e nell’estensione delle circostanze in cui è consentito. In Argentina l’aborto è stato legalizzato soprattutto grazie alla pressione esercitata dal movimento “Marea Verde“, che si è trasformato in un fenomeno di massa capace di rivitalizzare i movimenti femministi a livello globale. Ispirate dall’esperienza argentina, le attiviste messicane sono riuscite a far riconoscere in otto Stati il diritto delle donne e delle ragazze di decidere liberamente se portare avanti una gravidanza. In Colombia, il movimento Causa Justa, che riunisce oltre 100 gruppi e migliaia di attiviste, ha contribuito in modo decisivo a cambiare sia il quadro giuridico che la percezione sociale dell’aborto nel Paese. Anche a Porto Rico le attiviste pro-choice hanno ottenuto importanti successi, riuscendo a far respingere quattro proposte di legge in Congresso che miravano a limitare l’accesso all’aborto e a punire le donne che lo praticavano. Gran parte dei progressi in materia di diritti riproduttivi in America Latina e nei Caraibi sono dunque il risultato diretto dell’impegno delle stesse donne. Come sottolineato da Giselle Carino, CEO di Fós Feminista, un’alleanza internazionale di gruppi per i diritti sessuali e riproduttivi, “la chiave è sostenere i movimenti femministi, che sono sempre in prima linea nella lotta e mantengono i cambiamenti raggiunti”. 

Maria Elena Rota Nodari

Pañuelazo en Ciudad de México por el aborto legal en Argentina” by Protoplasma K is licensed under CC BY-SA

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Perchè è importante

  • Alcuni Paesi dell’America Latina e del Caribe non riconoscono il diritto a un aborto legale, sicuro e accessibile o lo criminalizzano.
  • Lo sforzo dei movimenti di attiviste e femministe della regione gioca un ruolo importante della lotta per ottenere la libertà di poter scegliere sul proprio corpo.

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Maria Elena Rota Nodari
Maria Elena Rota Nodari

Classe 1997, sono originaria di Bergamo, ma ho studiato a Milano, Bologna e Madrid. Nel 2018 prendo parte a un progetto di volontariato a Bogotà, Colombia e mi innamoro dell’America Latina. Le mie più grandi passioni sono le relazioni internazionali, i viaggi, un buon libro e il caffè.

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