Entrata ormai nella sua seconda fase e rinforzata da ulteriori uomini, la missione francese Sangaris nella Repubblica Centrafricana si appresta verosimilmente ad essere prolungata con un voto del Parlamento. In 3 sorsi, una panoramica della situazione.
UN SOSTEGNO MAGGIORE – Oggi, martedì 25 febbraio, il Parlamento francese vota sul prolungamento di sei mesi della missione Sangaris, schierata già dal dicembre 2013 in appoggio alla missione MISCA dell’Unione Africana, e già rinforzata recentemente con 400 ulteriori uomini, per un totale di 2000 soldati. Il prolungamento, che divide l’assemblea francese, si rende necessario alla luce della situazione ancora precaria nel fragile Paese immerso nel cuore dell’Africa. Le missioni fino a questo momento dispiegate non sono infatti riuscite a contenere la violenza tra la popolazione; una violenza che si sta tingendo di sfumature religiose, in quanto la popolazione cristiana accusa la parte musulmana del Paese di aver sostenuto la ribellione di Seleka, nonché di aver tratto beneficio da essa.
RICHIESTE DI AIUTO – Il Presidente ad interim della Repubblica, Catherine Samba-Panza, ha chiesto pubblicamente alla Francia di continuare a sostenere gli sforzi di stabilizzazione per il bene di una popolazione “che continua a contare molto sulla comunità internazionale, in particolar modo sulla Francia”. Ha inoltre chiesto che l’impegno delle varie nazioni duri “in funzione dell’evoluzione della sicurezza sul campo” per un lasso di tempo che sia il più lungo possibile, “almeno fino alle elezioni”, previste al più tardi per marzo 2015. Sono poi diversi gli appelli di varie organizzazioni internazionali che chiedono un maggiore impegno per far cessare le perduranti violenze.
FASE 2 – Sangaris è entrata nella sua seconda fase dal 10 febbraio. Prima confinata alla capitale Bangui, ora che nella città regna una calma precaria e che le truppe della missione EUFOR RCA si schiereranno anch’esse in questo luogo, la missione francese si sposterà in una diversa area dello Stato. Il nuovo obiettivo è quello di rendere sicura in un mese la rotta che collega Bangui al confine camerunense, asse fondamentale per il commercio e di conseguenza la stabilizzazione economica. Le difficoltà da superare saranno i punti di controllo che si incontrano lungo la via, tenuti dai gruppi Anti-Balaka (anti-machete, in contrapposizione ai ribelli di Seleka) che contribuiscono al permanere delle tensioni e alla precarietà di una situazione che l’ONU ha definito di “pregenocidio”.
Matteo Zerini