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Le missioni di peacekeeping ONU in Africa: Repubblica Centrafricana e RDC

In 3 SorsiIncaricate di monitorare le tregue difficoltosamente raggiunte nella Repubblica Centrafricana e nella Repubblica Democratica del Congo, le Nazioni Unite sono presenti in Africa Centrale con due missioni di peacebuilding: MINUSCA e MONUSCO. Se ad accomunarle sono i numerosi traguardi raggiunti, a differenziarle sono le sfide future.

1. CONSOLIDARE LA PACE…

Con la rivolta della coalizione di ribelli Séléka contro il Governo del Presidente Bozizé nel 2013 ebbe inizio la Seconda Guerra Civile nella Repubblica Centrafricana, che innescò dinamiche parallele quali l’esodo di oltre un milione di persone verso i Paesi confinanti e la proliferazione di gruppi armati. Per farvi fronte, nel 2014 le Nazioni Unite hanno dato avvio a MINUSCA (United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in the Central African Republic), con il mandato di proteggere i civili, prevenire le violenze e sostenere il fragile Governo di transizione del Paese.
In maniera affine l’ONU è presente nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) dal 1999 con MONUC (United Nations Organization Mission in the Democratic Republic of the Congo), incaricata di monitorare il cessate il fuoco seguito alla Seconda Guerra del Congo, e dal 2010 con MONUSCO (United Nations Organization Mission in Democratic Republic of the Congo). Il cambio di denominazione ha riflesso la nuova fase che si stava aprendo nel Paese grazie allo svolgimento delle prime elezioni libere nel Paese in 46 anni, e si è accompagnato all’estensione del mandato al sostegno del Governo legittimo nei suoi sforzi di stabilizzazione. Tuttavia, MONUSCO si ritirerà completamente dal Paese entro la fine del 2024. La prima delle tre fasi attraverso cui è previsto il ritiro si è già svolta, con la partenza dei primi peacekeeper nel mese di giugno.

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Fig. 1 – Un casco blu ruandese della MINUSCA pattuglia una strada in prossimità di Damara, città della Repubblica Centrafricana contesa durante la guerra civile del 2013

2. …NONOSTANTE L’ INSTABILITÀ

Nella Repubblica Centrafricana le problematiche legate alla mancanza di sicurezza sono all’ordine del giorno. I confini sono teatro di periodici scontri, nei quali i gruppi armati cercano il controllo delle risorse minerarie e dei corridoi di transumanza, attaccando i civili e le postazioni delle forze di sicurezza. La situazione si è ulteriormente complicata da quando l’attuale Presidente Touadéra si è rivolto al Gruppo Wagner per ottenere assistenza in materia di sicurezza, assicurandosi armi e istruttori militari. Negli anni, la Compagnia russa ha accumulato un significativo potere, riuscendo a stabilire in Repubblica Centrafricana una complessa rete di operazioni per saccheggiare diamanti, oro e altre risorse naturali, macchiandosi di numerose atrocità nel percorso.
Nella RDC, è il Governo dell’attuale Presidente Tshisekedi a spingere per il ritiro completo della missione. Tuttavia, la partenza delle Nazioni Unite sembra incongruente con la realtà sul campo, con  gli attacchi dei ribelli che arrivano a colpire aree sempre più vaste – si stima che ci siano 7 milioni di cittadini congolesi sfollati. La fonte principale di instabilità deriva dai combattimenti tra l’esercito congolese e una complicata e crescente schiera di gruppi armati, che vanno da milizie gestite da interessi commerciali e politici in competizione tra loro, a grandi gruppi di ribelli più o meno organizzati. In concomitanza, ci sono attori con interessi minerari che traggono vantaggio da attività illecite che hanno ulteriormente contribuito al deterioramento della sicurezza. Questo ha portato oggi a una situazione con un vero e proprio deficit cronico di sicurezza da fonti ufficiali.

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Fig. 2 – Soldati cinesi della MONUSCO a Bukavu, nella RDC orientale, durante la cerimonia prima del ritorno in patria

3. TRAGUARDI E SFIDE

Gli sforzi compiuti da MINUSCA per sostenere il processo di pace si sono dimostrati uno strumento essenziale per promuovere il dialogo politico e sostenere la mediazione tra le comunità. Nell’ultimo rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite del giugno 2024 si riporta infatti come il Governo abbia dato priorità all’attuazione delle disposizioni chiave dell’Accordo politico per la pace e la riconciliazione nella Repubblica Centrafricana, facendo avanzare i preparativi per le prossime elezioni locali. Allo stesso tempo, il rapporto evidenzia come la porosità delle frontiere continui a rappresentare un rischio, come testimonia l’insicurezza lungo i confini con il Sudan e il Sud Sudan.
La sfida principale dello Stato centrafricano sta tuttavia nelle elezioni locali, previste per ottobre 2024. È incoraggiante che a febbraio il Presidente Molua abbia chiesto formalmente alle Nazioni Unite di elevare l’assistenza elettorale a compito prioritario di MINUSCA.
Allo stesso modo, anche MONUSCO ha ottenuto risultati degni di nota, nonostante le difficoltà incontrate. I principali sono stati contribuire a mantenere l’unità della RDC ed confermarla nel sistema delle Nazioni Unite, ma con la sua presenza ha anche concorso a prevenire la ricaduta in conflitti di grandi dimensioni come lo erano state la Prima e la Seconda Guerra del Congo. In modo quasi paradossale, la maggior sfida che la RDC si ritrova oggi a dover affrontare sta nel riuscire a evitare il vuoto di sicurezza che si potrebbe creare con il ritiro dei caschi blu dal Paese, con una potenziale ricaduta regionale: la fine di MONUSCO potrebbe aprire infatti nuovi capitoli del conflitto, con un rischio ancora maggiore per i civili.

Beatrice Gobbi

1B4A1600” by MONUSCO is licensed under CC BY-SA

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Perchè è importante

  • L’ONU ha attivato le missioni MINUSCA e MONUSCO per mantenere la pace e stabilizzare la tregua rispettivamente in Repubblica Centrafricana e in Repubblica Democratica del Congo.
  • Oltre ai molti traguardi raggiunti da queste iniziative di peacekeeping restano tuttavia numerose incertezze, a cominciare dal rischio di nuovi conflitti che la partenza dei caschi blu potrebbe comportare.

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Beatrice Gobbi
Beatrice Gobbi

Nata a Milano nel 1998, si è laureata prima in Cooperazione Internazionale e in seguito in Relazioni Internazionali con un’analisi comparativa del nazionalismo curdo in Iraq e in Iran. Da sempre appassionata di mondo islamico, negli anni ha affiancato questo interesse alla geopolitica delle risorse e al peacebuilding ambientale. Di giorno si occupa di progetti di sostenibilità presso il Politecnico di Milano e di sera scopre la letteratura e la cucina africana e mediorientale.

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