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Pechino fa buon viso e cattivo gioco in Ucraina

Le recenti tensioni in Ucraina hanno monopolizzato il dibattito internazionale, tendendo a dividere gli interessi in gioco su due fronti quasi manicheistici. La situazione è  invece molto più complicata. Ad esempio la Cina, che ha diversi interessi in gioco, si sente particolarmente chiamata in causa. Vediamo

LA POSIZIONE CINESE – Come ci si poteva aspettare, meno di una settimana fa, al radicalizzarsi delle tensioni nella penisola di Crimea, Qin Gang, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, ha apertamente biasimato l’interferenza occiddentale nella situazione ucraina, tacciandola di avere solo aggravato la situazione, e definito “comprensibili” le mosse di Putin, volte a “difendere i propri interessi nell’area e la popolazione russofona ucraina”. Ovviamente la Cina non poteva certo approvare l’intervento degli Stati Uniti su un teatro cosi lontano da casa propria, e direttamente nella sfera d’influenza di un’altra  nazione, ça va sans dire, i richiami alla propria situazione politica sarebbero stati troppi. Senza contare che i sommovimenti popolari ucraini  hanno ripreso leitmotiv (e leader politici) dalle rivoluzioni colorate, quella arancione per Kiev, che Russia e Cina hanno sempre sospettato fossero appoggiate e finanziate da Europa e Stati Uniti.

KIEV COME PORTA SUL RETRO? – Purtroppo o per fortuna, a seconda del punto di osservazione, le cose non sono mai così semplici, e le alleanze spesso sono di merito, non di partito. Pechino, infatti, ha investito molto in Ucraina, nell’ordine delle decine di milardi di euro. Ha inoltre acquistato anche migliaia di ettari di terreno a basso prezzo, con strategie di land grabbing comunemente contestate al Dragone soprattutto in Africa (ma non solo), per soddisfare il costante bisogno di risorse alimentari del proprio Paese. Non sorprende infatti che questo inverno, in piena crisi, Yanukovich sia volato a Pechino per chiedere parte dei soldi necessari ad evitare il default. La Cina, infatti, sperando che l’Ucraina riuscisse ad entrare in un unione doganale con l’EU, stava ponendo le basi per una futura presenza nell’antico stato del Kievan Rus, da usare come testa di ponte per la penetrazione delle sue merci nel mercato europeo, cercando di aggirare le spinose questioni dei dazi e dei casi di dumping con gli Stati dell’Unione. Uno degli ultimi accordi tra Kiev e Pechino, inoltre, prevedeva la costruzione di un porto commerciale da circa 9 miliardi di euro, che accogliesse le merci da e per la Cina, direttamente nel distretto di Saki in Crimea, uno degli elementi di discordia dell’attuale crisi e in pieno territorio russo, sia per influenza che per etnia.

Import-Export Cina-Russia-Ucraina

NON TUTTO IL MALE VIEN PER NUOCERE – Yanukovich, contrariamente a quanto si potesse credere, non era pro-Russia per partito preso, ma cercava di destreggiarsi tra EU (leggasi anche USA), Cina e Russia, tutti e tre con forti interessi nell’area, tentando di fare salire il prezzo dell’adesione di Kiev a questo o quel partito, non solo per salvare l’Ucraina dal default, ma anche ricavarne il piĂą possibile. Gioco pericoloso, dato il peso non irrilevante dei partiti in gioco, che alla fine gli si è ritorto contro, facendo uscire di scena uno dei principali interlocutore per gli interessi cinesi nella regione. Quindi, la caduta di Yanukovich non costituisce per forza una cattiva notizia nĂ© per l’Unione Europea, nĂ© per la Russia, che hanno chiuso lo spiraglio che Pechino si era aperto in Ucraina. Ora i due possono confrontarsi direttamente sui loro progetti riguardanti questa regione, senza interferenze di terzi.

CONFUCIANESIMO POLITICO – Si dice spesso che una situazione sia veramente negativa solo se non si impara niente da essa, e questo è vero soprattutto per quanto riguarda l’approccio della Cina alle relazioni internazionali. Vistasi estromessa (per il momento) per quanto riguarda la parte commerciale, la Cina può imparare molto da questa situazione, soprattutto per testare la reazione delle principali potenze mondiali in fatto di risoluzione conflitti e deterrenza. Esperienza che potrebbe tornare utile in alcune questioni territoriali, come le isole Senkaku e Taiwan, nel caso malaugurato queste escano dai normali binari della diplomazia, rischiando l’intervento di potenze straniere soprattutto gli Stati Uniti ed I loro alleati nell’area. 

Marco Lucchin

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Marco Lucchin
Marco Lucchin

Ho 27 anni, sono originario del Varesotto ed appassionato di diplomazia e geopolitica. Laureato in Scienze Politiche in Cattolica con una tesi sul ruolo geopolitico di Taiwan, ho lavorato alla sede regionale del WHO a Copenhagen e ora mi occupo di sviluppo di start up digitali e geopolitica.

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