Dal 1991 il Gruppo di Visegrad riunisce Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca in una comune organizzazione per la cooperazione militare ed economica in Europa centrale. Inizialmente ideato allo scopo di sostenere i negoziati dei principali ex Paesi membri del blocco comunista con Bruxelles, il Gruppo ha continuato a esistere anche dopo la formale inclusione di tutti i suoi componenti nell’Unione Europea nel maggio del 2004, supportando numerose iniziative di integrazione regionale a livello culturale, diplomatico, finanziario ed energetico. Non a caso molti analisti considerano oggi il Visegrád 4 (V4) come un influente attore geopolitico sia in Europa orientale, sia nei nuovi Paesi indipendenti dello spazio ex sovietico. Un giudizio parzialmente confermato dalla recente crisi ucraina, dove il Gruppo è spesso intervenuto a sostegno dei dimostranti antigovernativi, promettendo anche un futuro impegno finanziario per lo sviluppo di istituzioni democratiche a Kiev.
ANTICHE RADICI – In apparenza il V4 appare come una creazione recente, prodotta dagli sconvolgimenti internazionali della fine della Guerra Fredda. Tuttavia le radici ideali dell’organizzazione affondano ben più in là di tale breve fase storica, arrivando addirittura all’età tardomedievale. La scelta di Visegrád come luogo di fondazione del Gruppo si ricollega infatti direttamente agli incontri ufficiali avvenuti nella città tra i sovrani di Polonia, Ungheria e Boemia nel 1335 e nel 1339, con l’intento di creare più forti relazioni commerciali tra i tre Regni in opposizione al predominio regionale degli Asburgo di Vienna. Questi tentativi di integrazione economica condussero successivamente all’unione politica di Polonia e Ungheria nel 1370, sotto la guida di Luigi I d’Ungheria (1326-1382).
Alla morte del monarca, l’unione si sfaldò rapidamente, ma l’originale spirito cooperativo stabilito a Visegrád continuò a permeare la storia dei Paesi dell’Europa centro-orientale nei secoli successivi, soprattutto in Polonia, dove esso contribuì a rafforzare tendenze di carattere federalista. Queste spinte trovarono poi pratica applicazione nella Confederazione polacco-lituana nata dall’Unione di Lublino del 1569, che portò le popolazioni del Baltico e dell’Ucraina in uno stato comune, ma rispettoso delle proprie differenti leggi e Istituzioni locali. Nella struttura costituzionale della Confederazione, per esempio, la Lituania mantenne una considerevole autonomia in ambito amministrativo e finanziario, difesa e promossa da una delegazione distinta di rappresentanti al parlamento polacco.
CZARTORYSKI E PILSUDSKI – La brutale spartizione del regno di Polonia tra Russia, Prussia e Austria nel XVIII secolo non segnò per niente la fine di questa importante esperienza storico-culturale, che trovò anzi un nuovo vigoroso sostenitore nel principe Adam Czartoryski (1770-1861), ex ministro degli Esteri della Russia zarista. Nel 1830 Czartorysky propose infatti la creazione di un nuovo Stato federale polacco-lituano e collegò apertamente la causa dell’indipendentismo polacco con quella delle altre nazioni soggiogate dell’Europa orientale, sostenendo lo sviluppo di una vasta alleanza regionale dal Mar Baltico al Mar Nero. Il fallimento delle rivoluzioni del 1848 sembrò sconfessare tale ambizioso progetto, anche per via dell’intransigente nazionalismo ungherese, ma le idee di Czartoryski ispirarono successivamente le azioni diplomatiche e militari di Józef Pilsudski (1867-1935), primo Presidente della rinata Polonia indipendente dopo la Prima Guerra Mondiale.
Alle prese con il nazionalismo tedesco a occidente e il comunismo sovietico a oriente, Pilsudski cercò di creare una grande federazione regionale dalla Finlandia alla Romania capace di resistere a una possibile alleanza politico-militare tra Mosca e Berlino, entrambe umiliate dal nuovo assetto territoriale deciso alla conferenza di pace di Versailles. Meglio noto come “Intermarium” (Miedzymorze) questo visionario progetto geopolitico fallì principalmente per la ferma opposizione della Lituania, timorosa delle ambizioni territoriali polacche, ma parte dei suoi obiettivi originali vennero comunque raggiunti nel 1921 con la nascita della Piccola Intesa, un’alleanza difensiva tra Cecoslovacchia, Romania e Jugoslavia sostenuta esternamente da Francia e Polonia. Diretta principalmente contro il revisionismo tedesco e ungherese, la Piccola Intesa stabilizzò temporaneamente la situazione geopolitica dell’Europa danubiana, rappresentando al contempo una breve, ma significativa, fase di integrazione regionale a livello diplomatico e militare.
DALLA ‘TERZA EUROPA’ AL V4 – L’aggressiva ascesa della Germania nazista alla fine degli anni Trenta segnò però la fine della Piccola Intesa, indebolita anche dai conflitti interni tra i propri Stati membri. Allo stesso tempo il ministro degli Esteri polacco Józef Beck (1894-1944) cercò di far rivivere gli ambiziosi disegni geopolitici di Pilsudski, sostenendo la nascita di un forte blocco diplomatico-militare in Europa orientale contro le pretese egemoniche di Hitler. Meglio noto come “Terza Europa”, il progetto di Beck fallì miseramente per l’ostilità dell’Ungheria, mentre anche gli altri Paesi della regione mostrarono scarso interesse ad allearsi con la Polonia, insospettiti dal revisionismo territoriale di Varsavia verso la Cecoslovacchia. Gli eventi successivi della Seconda Guerra Mondiale spazzarono poi via definitivamente ogni possibilità di integrazione o alleanza regionale, consegnando tutti i Paesi della vasta area tra Mar Baltico e Mar Nero al ferreo controllo dell’Unione Sovietica. Solo la fine della Guerra Fredda ha parzialmente ravvivato le tendenze federaliste e cooperative del passato, portando alla nascita del V4 nel 1991 e alla sua progressiva affermazione come importante attore geopolitico all’interno dell’Unione Europea.
Dal 2009 il V4 ha anche cominciato ad agire attivamente in supporto del Partenariato Orientale (Eastern Partnership) promosso da Bruxelles verso i Paesi dell’ex Unione Sovietica. Questo supporto ha assunto soprattutto la forma di sussidi finanziari e iniziative di scambio culturale, accompagnati di recente da azioni diplomatiche più consistenti verso Bielorussia e Ucraina a sostegno di riforme democratiche. Tuttavia, restano serie divergenze politiche ed economiche tra i membri del Gruppo che ne limitano l’efficacia a livello internazionale. Inoltre il peso del passato divide ancora l’Ungheria, un tempo nazione egemone dell’area danubiana, dagli altri Paesi del V4, soprattutto la Slovacchia, che ha affermato nel secolo scorso la propria indipendenza contro le pretese territoriali e culturali di Budapest. Ancora oggi una cospicua minoranza ungherese vive in Slovacchia e il suo status rappresenta un persistente motivo di tensione tra i due Stati. La vecchia sfida tra nazionalismo e integrazione regionale continua dunque in Europa centro-orientale.
Simone Pelizza