In 3 sorsi – La posizione strategica della Turchia ha permesso che il Paese sino ad oggi sia stato caratterizzato principalmente da importazioni sul piano energetico. La recente scoperta di un immenso giacimento di gas sottomarino nel Mar Nero ha ripagato Erdogan degli sforzi profusi nella continua ricerca di una autosufficienza energetica, e può riscrivere i rapporti geopolitici anche in chiave Mediterraneo con la Grecia.
1. IL TORPORE DELLA POLITICA ENERGETICA TURCA
La Sublime Porta, come veniva chiamata durante il periodo ottomano, per secoli padrona del Mediterraneo orientale, è oggi la Turchia di Erdogan, considerata una potenza regionale grazie anche alla sua importante posizione strategica. Posizione strategica derivante anche e soprattutto dalla possibilità che il Paese ha avuto nei secoli di rifornirsi di materie prime dagli attori geopolitici circonstanti. Oggi la sua politica energetica è ancora fortemente basata sulle importazioni, che rappresentano i tre quarti del fabbisogno energetico turco. Escluso il carbone, la cui presenza nella provincia di Zonguldak è considerevole, le energie rinnovabili hanno una posizione marginale: il Paese non sfrutta appieno risorse come l’eolico e il solare, le cui fonti abbondano in un territorio come quello anatolico. Il gas, anch’esso importato, è al centro dell’economia energetica turca. Al momento la fornitura di gas naturale più cospicua proviene dalla Russia, trasportata dal gasdotto TurkStream, inaugurato nel gennaio scorso da Putin ed Erdogan. L’altra direttrice è rappresentata dalla TANAP (Trans-Anatolian Natural Gas Pipeline), che trasporta il gas direttamente dall’Azerbaijan fino in Europa. Se la volontà turca è quella di rendersi autosufficiente dal punto di vista energetico, le politiche che vanno in tal senso non devono avere un limite temporale breve (come criticato al Governo di Erdogan, che sembra concentrarsi principalmente sul 2023, centenario della Repubblica), ma guardare a un futuro più ampio, poichè anche se l’obiettivo è alla portata, è necessario tenere conto degli altri attori regionali.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – La nave turca Yavuz di ricerca degli idrocarburi scortata dalla marina turca, avvistata al largo del Mar Mediterraneo
2. LA PERSEVERANZA RIPAGA SEMPRE
Inaspettatamente, e in linea con la volontà di potenza della politica turca, dopo 9 tentativi la nave esploratrice Fatih (che in turco significa “conquistatore”) di proprietà della TPAO (Turkish Petroleum Corporation) si fa protagonista di un annuncio storico: la scoperta a luglio scorso di un giacimento di gas di 320 miliardi di metri cubi nel Mar Nero, a 100 miglia nautiche dalle coste turche. Ora finalmente Erdogan può puntare a quella autonomia energetica che tanto era stata inseguita, poiché il ritrovamento, effettuato nella cosiddetta area Tuna-1 della Zona Economica Esclusiva, rafforza il ruolo della Turchia come produttore energetico nella regione. Nonostante non si conosca ancora quale sia la tipologia di gas, il Presidente turco ha affermato che il gas appena scoperto potrebbe essere immesso sul mercato domestico già dal 2023. I 41 miliardi di dollari spesi dal Paese per la sua politica energetica nel 2019 potrebbero essere quindi destinati altrove, permettendo di riscrivere i rapporti di forza con gli Stati finora fornitori di gas, e trasformando la Turchia stessa da importatore a esportatore. Nonostante la scoperta non sia priva di problematiche, poiché il giacimento si trova a una profondità alla quale poche aziende riescono ad arrivare con la propria tecnologia, ha avuto degli ovvi effetti positivi sulla lira turca dopo il recente periodo di crisi. Questa favorevole articolazione di eventi avviene in un periodo in cui la politica turca deve però affrontare una serie di problematiche derivanti dalla crisi per le acque greche, sotto i riflettori di un Mediterraneo sempre più conteso.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – La nave Fatih Drill avvistata in mare dopo che il Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan ha annunciato la scoperta delle principali riserve di gas naturale nel Mar Nero, in Turchia, il 21 agosto 2020
3. TURCHIA VS. GRECIA: UNO SCONTRO SECOLARE
L’obiettivo finale della politica energetica di Erdogan sul versante del Mare Nostrum è quello di modificare gli accordi di Losanna, in base ai quali il Paese, all’indomani della sconfitta nella Prima guerra mondiale, perdeva il controllo del Dodecaneso, ceduto prima all’Italia e poi alla Grecia, escludendo la Turchia e le sue ambizioni nell’Egeo. Non contando che la Grecia, con le sue 6mila isole, estende le proprie Zone Economiche Esclusive, tendenza che la Turchia critica da molto tempo ormai e vorrebbe impedire: da qui lo scontro sulle acque contese tra i due Paesi. L’accordo tra Turchia e Libia di gennaio scorso, in cui Ankara ha tentato di influenzare le dinamiche regionali energetiche, avviene in conseguenza del precedente patto sul gasdotto Eastmed, che trasporterà il gas naturale dalle riserve di gas off-shore nel bacino levantino (a largo di Israele) fino in Grecia. A luglio è stato sancito un ulteriore accordo tra Egitto e Grecia, che traccia le rispettive frontiere marittime, creando una Zona Economica Esclusiva condivisa dai due Paesi. La tensione è molto alta nell’Egeo, talmente palpabile che le Forze Armate greche al confine sono state messe in pre-allerta. L’area non è mai stata così “calda” e nonostante l’oggetto dello scontro sia cambiato nei secoli, sembra che la Sublime Porta e l’Ellade siano state, siano e saranno protagoniste dello scontro per il controllo del Mediterraneo orientale.
Alessandro Manda
Immagine di copertina: Photo by sulox32 is licensed under CC BY-NC-SA