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Elezioni in Kirghizistan, cronaca di una rivoluzione annunciata?

In 3 sorsiI risultati delle elezioni parlamentari nel Paese centroasiatico sono stati annullati dopo che i manifestanti hanno preso d’assalto il Parlamento e altri palazzi istituzionali nella capitale Bishkek, ma l’opposizione che affronta il Presidente Jeenbekov non sembra unita.

1. GLI SCONTRI

Il 4 ottobre in Kirghizistan si sono tenute le elezioni per il rinnovo del Parlamento, alle quali hanno partecipato 16 partiti politici. Secondo i dati provvisori forniti dalla Commissione Elettorale Centrale, solo 4 partiti avrebbero superato la soglia di sbarramento del 7%, di cui tre sostenitori del Presidente Jeenbekov (Kyrgyzstan, Birimdik e Merenim Kyrgyzstan) e uno dell’opposizione (Butun Kyrgyzstan). Ciò ha provocato violente proteste contro il Governo, accusato di brogli elettorali. Non si tratta di una novità: nella sua breve vita il Paese centroasiatico ha già visto due rivoluzioni, nel 2005 e nel 2010, e in entrambi i casi a quelle proteste seguì un cambio di leadership politica. I manifestanti a Bishkek hanno preso d’assalto il palazzo presidenziale, il Parlamento e la sede della televisione nazionale, costringendo Jeenbekov ad annullare i risultati delle elezioni. Per i leader dei partiti di opposizione questo rappresentava il principale obiettivo, anche se è stato raggiunto dopo un giorno intero di scontri con la polizia e un morto. La crisi si sta evolvendo in fretta ma in maniera confusa: è stato creato un Consiglio di Coordinamento che nelle intenzioni dei partiti politici che ne fanno parte deve sostituire il Governo ed esautorare Jeenbekov. Il problema è che l’opposizione non è unita e alcuni partiti sono stati accusati di essere in realtà vicini al Presidente. Di questo sembra avere approfittato Jeenbekov per nominare un vecchio alleato, Sadyr Zhaparov, come Primo Ministro e per imporre il coprifuoco a Bishkek. Per ora la situazione politica del Paese resta comunque estremamente precaria e non ci sono i presupposti perché la crisi venga risolta in breve tempo.

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Fig. 1 – I resti di due auto incendiate durante le recenti proteste a Bishkek

2. GLI ANTEFATTI

Il Kirghizistan ha un sistema politico piĂą democratico rispetto ai suoi vicini dell’Asia Centrale ed è l’unico che nella sua breve storia ha avuto piĂą di due Presidenti (ben 5, tra cui una donna, Roza Otunbayeva). Nel mese di campagna elettorale che ha preceduto le consultazioni e nel giorno delle elezioni il nepotismo e la corruzione che affliggono i Paesi della regione sono però tornati a galla. La compravendita di voti e la pressione su alcune sacche della popolazione sono state le forme piĂą evidenti in cui questi problemi si sono manifestati, a partire dell’ammissione del partito Kyrgyzstan nonostante il ritardo nella registrazione delle liste, continuando con l’esclusione del partito Butum Kyrgyzstan – poi riammesso, – per concludersi con alcuni episodi di violenza. Anche il giorno stesso delle elezioni si sono avuti diversi episodi di irregolaritĂ  e brogli nelle votazioni, come testimoniato da molti video girati dentro e fuori dei seggi. Nonostante ciò c’era la speranza che le elezioni si svolgessero con una relativa regolaritĂ , grazie all’alto numero dei candidati (circa 2mila per 120 seggi), ai tanti partiti di recente formazione e a un sistema elettorale che è considerato dall’OSCE come funzionante. Le aspettative della popolazione erano evidentemente alte per quanto riguarda la rappresentativitĂ . Ma tali aspettative sono andate deluse dopo aver visto quasi unicamente i partiti filo-presidenziali entrare in Parlamento.

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Fig. 2 – Sadyr Zhaparov, nuovo Primo Ministro e vecchio alleato del Presidente Jeenbekov

3. QUALI POSSIBILI CONSEGUENZE?

Gli eventi in Kirghizistan rappresentano la terza crisi in due mesi che riguarda un Paese membro dell’Unione Economica Eurasiatica (EEU) e dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO). Russia e Cina sono particolarmente interessati agli avvenimenti nel Paese. Putin ha reso noto di essere in contatto con tutti gli attori della crisi, mentre la portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino si è espressa a favore di una risoluzione pacifica della crisi senza l’intervento di altri Paesi. Secondo l’esperto di politica dell’Asia Centrale Arkady Dobnov, la situazione nel Paese non è comparabile a quella della Bielorussia. Il Paese rimane legato alla Russia per motivi economici e militari, visto che vicino alla capitale si trova una base militare russa e che buona parte dell’economia kirghiza si fonda sulle rimesse dei suoi immigrati in Russia. Ma Bishkek è anche legata alla Cina, che nonostante le difficoltà nel fare investimenti nella regione ha incluso il piccolo Paese in uno dei sei corridoi della BRI. Qualsiasi cambio avrà luogo nel sistema politico locale, la politica multivettoriale sarà sempre la linea guida del Kirghizistan nelle relazioni con le superpotenze.

Cosimo Graziani

Goosesteppers” by Francisco Anzola is licensed under CC BY

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Perchè è importante

  • Dopo le proteste nella capitale Bishkek, i risultati delle elezioni sono stati annullati e l’opposizione sta cercando un’alternativa a Jeenbekov.
  • Nonostante le buone premesse, le elezioni hanno evidenziato come il Paese sia ancora succube di corruzione e nepotismo.
  • Al momento solo Russia e Cina stanno seguendo l’evolversi della vicenda da vicino.

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Cosimo Graziani
Cosimo Graziani

International Master in Eurasian Studies presso l’UniversitĂ  di Glasgow e l’UniversitĂ  di Tartu in Estonia. La mia area di interesse riguarda la politica estera dei paesi dell’Asia Centrale, per questo durante il mio master ho trascorso anche un semestre in Kazakistan. Tifoso bianconero, se non parlo di politica mi piace parlare di storia e leggere libri.

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