Il governo turco ha deciso di bloccare l’accesso al social network Twitter. In 3 Sorsi analizziamo le motivazioni, le conseguenze del blocco e le reazioni interne e internazionali.
IL BLOCCO – Venerdì 21 Marzo il Premier turco Recep Tayyip ErdoÄźan, dando seguito alle minacce dei giorni precedenti, ha ordinato il blocco del social network Twitter nel territorio turco. Il blocco è seguito alla pubblicazione e condivisione sul social network  del contenuto di telefonate compromettenti riguardanti lo scandalo sulla corruzione in cui sarebbe coinvolto lo stesso ErdoÄźan assieme a membri del suo governo. Il Premier, durante un comizio elettorale per le importanti elezioni amministrative del prossimo 30 Marzo, aveva dichiarato di voler chiudere Twitter e altri social networks  per contrastare il loro utilizzo a danno dei cittadini della Turchia.
L’Autority turca per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (BTK), dotata di poteri straordinari a seguito della legge sul controllo di internet approvata lo scorso mese, del ha giustificato il blocco sulla base di alcune disposizioni di tribunali (ai quali, secondo fonti governative, si sarebbero rivolti numerosi cittadini) di cancellare i contenuti incriminati da Twitter a causa della violazione della privacy di privati cittadini che questi
rappresenterebbero. Secondo l’Autority, i gestori del social network sarebbero stati avvisati di ottemperare alle sentenze, ma non è stata ricevuta alcuna risposta. Successivamente anche Facebook e Google (a causa di Youtube) sono stati minacciati di chiusura. Negli ultimi giorni, il blocco di Twitter è stato comunque aggirato da numerosi cittadini turchi.
LE REAZIONI – La prima autoritĂ politica a dichiararsi contrario al blocco e a contrastarlo apertamente è stato il Presidente della Repubblica Abdullah Gul, che in un comunicato ha così dichiarato: “La chiusura completa delle piattaforme dei social media non può essere accettata. […] Come ho detto piĂą volte in passato, il livello raggiunto oggi dalle tecnologie della comunicazione rende tecnicamente impossibile bloccare del tutto l’accesso alle piattaforme dei social media come Twitter”. Numerosi avvocati turchi hanno fatto istanza per lo sblocco del social network, seguiti dal principale
partito d’opposizione, il Partito Repubblicano del Popolo (CHP). L’Unione Europea, tramite il Commissario per l’Agenda Digitale Neelie Kroes e quello per l’Allargamento Stefan Fule, e gli Stati Uniti, attraverso il Dipartimento di Stato e la Casa Bianca, hanno dichiarato la propria “preoccupazione” per il provvedimento del governo turco. Il portavoce del Presidente Obama ha fatto sapere che il blocco di Twitter è una minaccia all’esercizio, da parte dei cittadini turchi, dei fondamentali diritti di libertĂ di espressione e associazione che devono essere garantiti in un paese democratico. I Commissari europei Kroes e Fule si sono spinti oltre, definendo il provvedimento “infondato, inutile e vile”, aggiungendo che la libertĂ di comunicare è un valore fondamentale dell’Unione.
LA SITUAZIONE IN TURCHIA – Il blocco di Twitter è solo l’ultimo evento di un’escalation di botte e risposte tra l’opposizione e il governo. Sin dalle proteste di Gezi Park del Maggio 2013, il governo ed ErdoÄźan in prima persona si sono irrigiditi con norme spesso limitative della libertĂ di espressione, oltre a intervenire pesantemente sulla magistratura e sugli inquirenti che stavano conducendo un’indagine su appalti truccati e corruzione nella quale sarebbero coinvolti, a vario titolo, numerosi esponenti governativi e lo stesso Premier. Il dissenso immediato del Presidente Gul nei riguardi del blocco di Twitter, va letto nel progressivo distanziamento rispetto alle politiche e alle scelte del Premier, nell’ottica di sostituire ErdoÄźan alle prossime elezioni politiche turche.
Emiliano Battisti