In 3 sorsi – Le dimissioni di Jeenbekov hanno aperto la strada a Zhaparov come Presidente ad interim. Zhaparov vuole candidarsi alle prossime elezioni presidenziali, ma a Bishkek molti temono che, in caso di vittoria, possa modificare l’assetto istituzionale. Intanto il nuovo Governo kirghiso deve affrontare le preoccupazioni di Mosca e dei Paesi vicini.
1. L’ELEZIONE DI ZHAPAROV
Dopo le elezioni del passato 4 ottobre, in Kirghizistan la crisi politica è entrata in una nuova fase in seguito alle dimissioni del Presidente Jeenbekov e alla nomina di Sadyr Zhaparov come Presidente ad interim. Secondo la legislazione kirghisa, Jeenbekov avrebbe dovuto essere sostituito dal Presidente dell’Assemblea Parlamentare, e in caso dal Primo Ministro. Visto che la prima carica era vacante al momento delle dimissioni di Jeenbekov, la nomina è passata a Zhaparov in quanto Primo Ministro, ma non senza delle polemiche: Zhaparov è stato infatti liberato dal carcere dai suoi sostenitori politici, a seguito dei disordini causato dal risultato delle elezioni, e nel giro di poche ore è stato nominato alla carica più importante del Paese. Il nuovo Presidente è un vecchio volto della politica kirghisa: era infatti consigliere di Bakyev prima della rivoluzione del 2010. La sua agenda è nazionalista-populista: in passato si è fatto promotore di leggi per la differenziazione etnica della popolazione sul passaporto, animando il clima di ostilità nelle regioni del sud, spesso teatro di scontri tra le popolazioni di etnia kirghisa e uzbeka. Non è un caso che pochi giorni dopo il suo insediamento l’oligarca Maimbek Matraimov, vicino a Jeenbekov, e al centro di uno scandalo di corruzione, sia stato arrestato.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Sadyr Zhaparov, controverso protagonista della scena politica kirghisa dopo l’uscita di scena del Presidente Jeenbekov
2. IL NODO DELLE ELEZIONI
Ora che a Bishkek hanno un nuovo Presidente, seppur ad interim, il nodo da sciogliere riguarda l’organizzazione di nuove elezioni parlamentari e presidenziali. La Commissione Elettorale ha annullato le elezioni del 4 ottobre e aveva inizialmente convocato una nuova tornata per il 20 di dicembre. Il problema è che successivamente Zhaparov ha firmato una legge approvata dal Parlamento che annullava la precedente, quindi al momento non c’è una data per le nuove elezioni parlamentari. C’è invece quella per le elezioni presidenziali, che si svolgeranno il 10 gennaio, alle quali Zhaparov ha dichiarato più volte di volersi candidare. Secondo la Costituzione kirghisa i Presidenti in carica o ad interim non possono presentarsi come candidati alle elezioni quindi Zhaparov si è dovuto dimettere come Presidente lo scorso 14 novembre, dopo aver formalizzato la sua candidatura. Intanto la decisione di sospendere le elezioni parlamentari è stata accolta in maniera negativa dalla Commissione Elettorale e da alcuni partiti, che hanno presentato subito ricorso alla Corte Suprema. Le preoccupazioni di alcuni esponenti politici riguardano Zhaparov, che in passato si è espresso contro l’attuale forma di Governo del Paese, a suo parere troppo sbilanciata a favore del Parlamento a discapito del Presidente. Zhaparov si è fatto notare per alcuni commenti contro i media che non hanno fatto altro che aumentare le preoccupazioni per una deriva in senso autoritario in caso di vittoria nelle elezioni a gennaio.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il nuovo Ministro degli Esteri kirghiso Ruslan Kazakbayev insieme al collega russo Sergei Lavrov, 23 ottobre 2020
3. MOSCA E NUR-SULTAN PREOCCUPATE
Le principali potenze interessate agli eventi in Kirghizistan sono Russia e Cina. Ma nelle ultime settimane anche i Paesi vicini, soprattutto il Kazakistan, che teme eventuali effetti sullo svolgimento delle prossime elezioni di gennaio, guardano con attenzione l’evolversi della situazione a Bishkek. Le preoccupazioni di Mosca non riguardano solo il Kirghizistan a dir la verità. All’ultimo summit della Shanghai Cooperation Organization (SCO), Putin ha dichiarato che gli eventi nel Paese centrasiatico sono la conseguenza di pressioni esterne che in questo momento stanno colpendo anche Bielorussia e Moldavia. Le dichiarazioni di Putin sono la palese dimostrazione che la Russia non si fida del nuovo regime. Posizione che il Governo provvisorio paventava fin dai primi giorni fin quando il Cremlino aveva deciso di fermare lo stanziamento di 100 milioni di dollari in aiuti in seguito alle dimissioni di Jeenbekov. Ma il vero segnale che ha raffreddato i rapporti tra i due Governi si è avuto all’inizio di novembre, quando il consigliere di Zhaparov si è presentato a Mosca urgentemente per incontrare i membri del Governo ma è stato ricevuto solo da alcuni funzionari dei Ministeri delle Finanze e dell’Economia.
Cosimo Graziani
“War heroes” by Francisco Anzola is licensed under CC BY