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UE, come ridurre le disuguaglianze dopo la pandemia?

In 3 Sorsi – La pandemia acuisce le disuguaglianze sociali che da anni sono in crescita in Europa. La consapevolezza delle implicazioni economiche e politiche può aiutare l’UE ad impostare una strategia di lungo periodo in grado di attenuarle.

1. AUMENTO DELLA DISUGUAGLIANZA: UNA COSTANTE DEGLI ULTIMI 40 ANNI

In primo piano nell’agenda politica europea ci sono gli ingenti sforzi per tenere a galla l’economia e possibilmente rilanciarla una volta superata l’emergenza coronavirus, ma lo sfondo sul quale questi sforzi si agitano è quello di una disuguaglianza sociale preesistente alla Covid-19 e che il virus implacabilmente accentua.
Quello della disuguaglianza è un tema raramente menzionato in maniera esplicita nel discorso politico pubblico europeo, ma già prima dell’esplodere della pandemia le Istituzioni europee erano ben coscienti che i livelli di disuguaglianza in molti Paesi UE sono andati accrescendosi sensibilmente a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, tendenza peraltro comune a tutto il mondo occidentale. Dopo i decenni immediatamente successivi alla fine della Seconda guerra mondiale (i “trenta gloriosi” di ininterrotta crescita economica, caratterizzati anche da forti interventi statali in economia a carattere redistributivo), una serie di eventi e politiche (che sarebbe lungo elencare ma che sono ampiamente esaminati nella letteratura specialistica) hanno contribuito all’impennata di retribuzioni o rendite di una piccolissima percentuale della popolazione e alla concentrazione estrema dei patrimoni, fattori che hanno fatto risalire verso l’alto la curva della disuguaglianza economica tra le varie fasce di popolazione e messo in dubbio la promessa di meritocrazia e di giustizia sociale che le nostre società da più di settant’anni proclamano. Il tutto non è certamente estraneo alla crescita generalizzata dei movimenti populisti, che hanno gioco facile nel far presa sui sentimenti di insoddisfazione e rabbia di larghe fasce della popolazione. Le disparità di reddito, di ricchezza e di opportunità mettono a rischio, tra l’altro, la stessa coesione sociale e il senso d’appartenenza comunitario sia a livello nazionale che, a maggior ragione, europeo.

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Fig. 1 – La Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen

2. IL CORONAVIRUS ACCENTUA LE DISUGUAGLIANZE

La pandemia ha accentuato tali disuguaglianze. Se è vero che il virus può colpire chiunque, gli effetti sulla salute e sulle condizioni finanziarie delle persone inevitabilmente acuiscono le differenze già esistenti. Le fasce di popolazione a reddito più basso sono sia potenzialmente più esposte al rischio di infezione (perché abitano in zone più densamente popolate, ad esempio, o svolgono mestieri che non possono essere svolti da casa, o non hanno accesso a prestazioni o assicurazioni sanitarie private, ecc.) sia più colpite in termini di reddito (o perché sono impiegati in settori interessati da chiusure e regole di distanziamento sociale, come ristorazione e ospitalità, o in quanto costretti a lavori temporanei o precari, ecc.). Anche l’istruzione in periodi di lockdown non è uguale per tutti gli studenti: nell’Unione europea solo il 74% delle famiglie incluse nel gruppo dei redditi più bassi (su quattro macro gruppi, o quartili) ha accesso a internet da casa, contro circa il 99% delle famiglie incluse nel quartile di reddito più alto e diseguaglianze analoghe si possono tracciare per velocità di connessione, disponibilità di strumenti performanti (pc, tablet) e di spazi adeguati, od altro ancora.

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Fig. 2 – La pandemia ha avuto tra le conseguenze anche un aumento della povertà

3. L’IMPORTANZA DI UN APPROCCIO STRATEGICO EUROPEO

Indubbiamente la prevenzione delle disuguaglianze o le possibili politiche per ridurle dipendono in gran parte dagli Stati membri. La UE ha tuttavia un ruolo nel sostenere e integrare le politiche nazionali nel settore sociale in generale, circostanza che già avviene attraverso vari strumenti finanziari, come ad esempio il Fondo sociale europeo o il Programma per l’impiego e l’innovazione sociale, o indirettamente attraverso altre azioni.
In una prospettiva di più ampio respiro e di lungo termine, però, il cambio di passo richiesto dall’emergenza Covid-19 sembra aver contribuito a maturare la consapevolezza europea di quanto sia necessario fornire precisi indirizzi strategici alle economie dei Paesi dell’UE. In questo contesto la riduzione delle disuguaglianze è un esempio di obiettivo che può essere perseguito su scala europea su impulso di Bruxelles. Non necessariamente previe modifiche delle attuali competenze previste dai Trattati. Ad esempio la trasformazione digitale è uno dei pilastri delle politiche del prossimo bilancio pluriennale europeo 2021-2027 ed elemento essenziale dello stesso Recovery plan di Next Generation EU: è un settore in cui si può incidere concretamente sulla riduzione del digital divide esistente tra i cittadini europei, realizzando capillari infrastrutture tecnologiche all’avanguardia e garantendone l’accesso incondizionato a tutti.
È soltanto un esempio di come, molto spesso, non ci siano decisioni così profondamente politiche come quelle economiche.

Paolo Pellegrini

Photo by nattanan23 is licensed under CC BY-NC-SA

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Perchè è importante

  • La crisi attuale agisce sullo sfondo di disuguaglianze crescenti da decenni in tutti i Paesi dell’Occidente.
  • In Europa, complice la pandemia, si fa strada la consapevolezza che l’economia possa essere coordinata a livello comune anche per questo aspetto.
  • La trasformazione digitale è un esempio di indirizzamento strategico dell’economia dai risvolti politici potenzialmente importanti.

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Paolo Pellegrini
Paolo Pellegrini

Nato a Terni nel 1967, laureato in Giurisprudenza, sono un funzionario della Commissione europea. Prima di diventare un euroburocrate ho svolto vari lavori ed attività, tra cui l’editore e l’istruttore di paracadutismo sportivo, ma la cosa di cui sono più fiero è l’essere stato, per un breve periodo della mia vita, operaio metalmeccanico.

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