In 3 sorsi – Nel 2020 sono saliti a 17 i Paesi africani firmatari di accordi di cooperazione con aziende straniere per lo sviluppo di centrali nucleari al fine di vincere la lotta contro la carenza di elettricitĂ . I venditori nucleari e l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica offrono diverse prospettive di investimento nel settore, tuttavia i termini contrattuali non sono sempre chiari e i rischi ambientali e sociali elevati.
NUCLEARE A SCOPI PACIFICI
1959, Kinshasa, Repubblica Democratica del Congo. Il primo reattore nucleare africano viene attivato nell’ambito del progetto americano “Atoms for peace” sotto l’egida del Presidente americano Eisenhower. L’approccio innovativo di questa iniziativa si basava sulla promozione degli scopi pacifici dell’energia atomica, in particolare la costruzione di apparecchiature mediche e l’approvvigionamento energetico dei Paesi più bisognosi.
Settant’anni dopo, secondo le stime dell’International Atomic Energy Agency (IAEA), più della metà dei Paesi africani non ha la quantità di energia necessaria a soddisfare il proprio fabbisogno energetico e sono soggetti a frequenti blackout.
Alla luce di tali problematiche e volendo promuovere la crescita economica del Continente nel rispetto degli impegni presi alla Conferenza delle Nazioni Unite per l’Agenda 2030, molti Paesi africani guardano con interesse allo sviluppo di centrali nucleari in collaborazione con aziende straniere, con il fine di un approvvigionamento energetico ibrido, dato sia da risorse rinnovabili che nucleari.
Secondo uno studio della World Nuclear Association, sono 17 i Paesi africani che stanno firmando accordi di cooperazione con aziende russe, cinesi e francesi. In testa c’è il Sudafrica, già munito di un impianto nucleare attivo dal 1976. A seguire ci sono l’Egitto, il Ghana e il Kenya, che nei mesi recenti hanno sottoscritto accordi con l’azienda russa Rosatom per la costruzione di reattori nucleari.
Lo sviluppo di questa risorsa è però rischiosa e per questo è necessario coltivare la cultura della sicurezza nei Paesi interessati, come sottolineato dal Segretario Esecutivo della Commissione Africana per l’Energia Nucleare (Afcone). Ora più che mai è richiesta la collaborazione multilaterale tra Organizzazioni nazionali e mondiali per uno sviluppo sicuro per l’ambiente e la popolazione.
Fig. 1 – Un ricercatore davanti a un edificio del CREN-K (Centre RĂ©gional d’Études NuclĂ©aires de Kinshasa), nella Repubblica Democratica del Congo, dove nel 1959 fu realizzato il primo reattore nucleare in Africa
LE PROMESSE DEI NUCLEAR VENDORS E I PROGETTI DELLA IAEA
I nuclear vendors sono le compagnie di costruzione di impianti nucleari che stanno sottoscrivendo accordi di vendita di tecnologie nucleari con i Paesi africani. I principali attori di questo mercato sono la compagnia francese Electricité de France, la cinese China General Nuclear Power Group e la russa Rosatom. Durante gli incontri con gli acquirenti queste compagnie hanno promesso di finanziare i progetti nucleari nella regione, con benefici economici per entrambi le parti, nonostante in Europa stiano chiudendo le loro centrali a causa di ritardi di progettazione e problemi di finanziamento. Tali inconvenienti nei Paesi africani causerebbero l’aumento dei costi delle bollette elettriche e, di conseguenza, problemi economici per esempio legati al tasso di inflazione.
Le aziende straniere non sono però le uniche a incoraggiare lo sviluppo nucleare nel continente africano.
La IAEA provvede al supporto tecnico per l’implementazione nucleare di 45 Stati africani. Negli ultimi anni ha condotto diverse ispezioni per verificare la possibilità di costruzione di nuovi reattori in Paesi come il Ghana e il Sudafrica.
A differenza dei nuclear vendors, l’Organizzazione internazionale non supporta solo la costruzione di reattori, ma anche progetti per lo sviluppo dell’agricoltura e per la protezione dell’ambiente.
Il programma nucleare dell’Agenzia è svolto nell’ambito dell’African Regional Cooperative Agreement for Research, Development and Training related to Nuclear Science and Technology (AFRA).
Uno dei progetti principali della IAEA è il Regulatory Infrastructure Development Project (RIDP), nel quale sono coinvolti 37 Paesi africani per delineare i regolamenti per la costruzione delle infrastrutture nucleari in Africa, America Latina e Caraibi.
Fig. 2 – La centrale nucleare di Koeberg, in Sudafrica, attualmente l’unica attiva nel Continente
ROSATOM, IL PIONIERE DEL NUCLEARE IN AFRICA?
La Rosatom è la più grande compagnia di costruzione di impianti nucleari al mondo e da sola costituisce l’8% della produzione mondiale di uranio.
Nel 2019, in occasione del primo Summit Africa-Russia, Putin si dichiarò favorevole al finanziamento di centrali nucleari in tutti i Paesi che avessero voluto costruirne. Inoltre il direttore della Rosatom sottolineò i benefici nello sviluppo di una possibile apertura al nucleare.
I risultati non tardarono: 13 Paesi africani firmarono gli accordi di cooperazione, ritenendo vantaggiose le condizioni dei prestiti finanziari russi.
Al momento la Rosatom finanzia l’85% del progetto nucleare egiziano e sono già stati firmati accordi per la manutenzione futura per un valore di 60miliardi di dollari. L’Egitto dovrebbe sostenere il 15% del progetto, ma in caso di mancato rispetto dei termini contrattuali non è chiaro in quali sanzioni incorra.
Punto cardine della strategia della Rosatom è il Build-Own-Operate Model, una partnership pubblico-privato in cui il vendor costruisce, possiede e utilizza l’impianto nucleare per conto dello Stato, al quale poi vende l’elettricità . Tale modello ha però elevati rischi finanziari per i Paesi acquirenti, tra cui quello di dover pagare un prezzo fisso elevato per l’elettricità per diversi anni.
A completamento della sua “diplomazia del nucleare”, la Rosatom inserisce nei pacchetti di proposte per i Paesi africani anche altri progetti allettanti, ad esempio borse di studio per studenti africani che desiderano studiare scienze nucleari in Russia e corsi video online.
Fig. 3 – Il ministro alle Infrastrutture del Ruanda Claver Gatet e il direttore generale di Rosatom Alexei Likhachev firmano un accordo per la costruzione di un centro studi sull’energia nucleare nel Paese africano durante il Forum Russia-Africa del 2019 a Sochi
RISCHI CALCOLATI E NON
Il nucleare civile può quindi considerarsi un valido mezzo per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile dei Paesi africani? La risposta non è scontata.
Alle promesse illustrate dai nuclear vendors si contrappongono numerose problematiche per l’implementazione nucleare in territori soggetti a continui conflitti e con scarsa manodopera specializzata, quali sono quelli africani. Infatti per dirigere i delicati programmi nucleari sono necessarie una chiara legislazione e squadre di tecnici esperti.
Scenari di conflitto inoltre aumentano il rischio di furti da parte di organizzazioni terroristiche di materiali radioattivi.
Il problema principale resta quello dei costi, che sono elevati non solo in fase di implementazione, ma anche di manutenzione e di smantellamento delle centrali una volta concluso il loro ciclo di vita.
Inoltre in questo genere di contesti, nei quali sono coinvolti diversi attori e appalti, il fenomeno della corruzione è molto esteso. Nel 2019 il rapporto di Transparency International classificava l’Africa subsahariana tra le regioni con il più alto tasso di corruzione al mondo. Uno degli scandali più noti fu quello riguardo ai controversi accordi tra l’ex Presidente del Sudafrica Zuma e la compagnia Rosatom per la costruzione di nuovi reattori nucleari nel 2017.
Infine, dal punto di vista ambientale, lo smaltimento errato delle scorie radioattive o eventuali incidenti avrebbero esiti catastrofici e costi ingenti. Per ridurre al minimo i rischi sarebbero necessarie squadre di ispettori altamente istruiti, ma, al momento, i neo-formati ispettori africani mancano di un’esperienza tale da renderli in grado di eseguire controlli di questo tipo. Anche i contenitori e i depositi sotterranei in cui contenere le scorie sono estremamente costosi, come dimostra l’esperienza finlandese.
Per questi motivi il mondo sta gradualmente abbandonando il nucleare. L’ultimo rapporto annuale del World Nuclear Industry segnala che gli investimenti in questa forma di energia sono un decimo di quelli riservati ad altre forme rinnovabili.
Dunque, per lo sviluppo sostenibile del nostro pianeta, l’energia prodotta da altre fonti rinnovabili sembra a molti un’alternativa più conveniente sotto vari aspetti, oltre che più sicura per l’ambiente e la popolazione.
Alessandra De Martini
“koeberg wide” by paulscott56 is licensed under CC BY-SA