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Un Bengala pronto a esplodere

Il Golfo del Bengala è il Golfo più ampio del mondo e, per le sue dimensioni (2.172.000 km² di superficie), può essere considerato un mare vero e proprio. Quali sono le questioni geostrategiche dominanti al suo interno?

QUASI UN MARE – Di forma approssimativamente triangolare, il Golfo del Bengala costituisce la parte nordorientale dell’Oceano Indiano ed è collocato fra la Penisola indiana e il Sudest asiatico. Da occidente a oriente, sono sette i Paesi bagnati dalle sue acque: Maldive, Sri Lanka, India, Bangladesh, Birmania, Tailandia, Malesia e Indonesia. A questi se ne aggiungono due, le Maldive stesse e la Cina, la cui collocazione geografica dona loro rilevanza strategica nelle dinamiche geopolitiche dell’area.

LA COMPETIZIONE INDO-CINESE – Interessi economici e di sicurezza hanno spinto Pechino a un maggiore attivismo nella regione del Golfo di Bengala, con grande preoccupazione dell’India. La Cina ha coltivato rapporti economici con i Paesi dello scacchiere attraverso progetti infrastrutturali per lo sviluppo di porti e la costruzione di centrali elettriche, ferrovie e strade. Alcune localitĂ  sono di particolare interesse per le imprese statali cinesi, quali, per esempio i porti di Kyaukphyu in Birmania, Hambantota in Sri Lanka e Chittagong in Bangladesh. Altre, come Kra in Tailandia, sono state etichettate potenziali avamposti, viste le difficoltĂ  tecniche e finanziarie nel concretizzare simili progetti. La Cina ha bisogno di diffondere il successo economico in tutto il proprio territorio, dalle Province della costa orientale fino a quelle dell’entroterra occidentale, al fine di affrontare le crescenti sfide poste da enormi squilibri economici interni. Un’importante iniziativa creata per soddisfare questo requisito nazionale è il tentativo di fornire collegamenti infrastrutturali da nord a sud nell’Oceano Indiano. Da ciò si capisce come la difesa di interessi economici contiene al proprio interno anche una dimensione piĂą propriamente militare, costituita dalla presenza della flotta cinese nell’Oceano Indiano, di cui il Golfo del Bengala fa parte. Per oltre tre anni, essa ha condotto delle operazioni anti-pirateria nella zona, fornendo, però, anche un modo concreto per sostenere e proteggere gli investimenti e i cittadini cinesi presenti lungo il litorale dell’Oceano Indiano, compresi quelli in Africa.

Mappa del Golfo delBengala
Mappa del Golfo del Bengala

Al di lĂ  del modo ufficiale col quale le AutoritĂ  cinesi presentano la propria strategia, Nuova Delhi teme che l’influenza della Repubblica popolare in questi Paesi possa dissimulare un tentativo di accerchiamento dell’India, e che gli avamposti di Pechino possano trasformarsi in futuro in basi militari. In parte come risposta alla Cina e in parte come tentativo di affermare la propria ascesa sulla scena regionale e mondiale, l’India sta attuando una strategia fondata su due pilastri: un importante ammodernamento della propria flotta e un aumento dei legami militari bilaterali e multilaterali con i Paesi del Golfo del Bengala. Per quanto riguarda il primo pilastro, l’India sta cercando di potenziare il Comando orientale della Marina indiana (East Naval Command, ENC), l’organo responsabile della sicurezza dell’India nel Golfo del Bengala. Per anni, il Comando occidentale della Marina indiana, con sede a Mumbai, ha sempre ricevuto la maggior parte delle risorse, a causa della minaccia proveniente dal Pakistan. Tuttavia, nel 2011, l’ENC è stato ampliato in vari modi, tra cui il dispiegamento della fregata Shivalik, armata con missili da crociera anti-nave e un sistema di difesa aerea a corto raggio, della portaerei Jalashwa, adatta alle missioni di soccorso umanitario, e del sottomarino nucleare Chakra, grazie al quale l’India è diventata il sesto Stato al mondo con un sottomarino a propulsione nucleare. Per quanto riguarda il secondo pilastro, attraverso visite di personale della Difesa, scambi di informazioni ed esercitazioni comuni – in altre parole, l’intera gamma di strumenti di coinvolgimento diplomatico-militare, – l’India sta cercando di stabilire una sorta di cooperazione militare, soprattutto navale, con tutti i Paesi dell’area. A questo riguardo, a titolo di esempio, si può citare uno strumento in particolare, l’esercitazione “MILAN” (“incontro” in lingua hindi). Risalente al 1995, essa è costantemente cresciuta fino a includere tutti i Paesi costieri del Golfo di Bengala. PoichĂ© MILAN punta a promuovere l’interoperabilitĂ  tra le Marine della regione, gli Stati Uniti finora non sono stati invitati a partecipare, altro segno della necessitĂ  sentita da Nuova Delhi di affermare un ruolo di leader locale indipendente e autonomo.

Progetti cinesi di costruzione di oleodotti e gasdotti uniscono la regione dello Yunnan al Golfo del Bengala
Progetti cinesi di costruzione di oleodotti e gasdotti uniscono la regione dello Yunnan al Golfo del Bengala

IL TRIANGOLO BIRMANO E LE ALTRE QUESTIONI GEOSTRATEGICHE – La piĂą grande manifestazione della nascente rivalitĂ  indo-cinese nel Golfo del Bengala si è avuta in Birmania. Ciò è dovuto alla confluenza di interessi nazionali e strategici di Nuova Delhi e Pechino in questo Paese. La Birmania, infatti, può offrire qualcosa di importante per le regioni indiane e cinesi senza sbocco sul mare (la Provincia cinese dello Yunnan e gli Stati del Nordest indiano, tanto per citare i piĂą vicini alla zona): l’agognato accesso al Golfo del Bengala. Fino a poco tempo fa, la Birmania era considerato uno stato molto legato alla Cina a causa dell’assistenza di Pechino data al regime militare di Naypyidaw. Gli sviluppi politici avvenuti nel Paese nel corso degli ultimi due anni sembrano aver completamente cambiato le carte in tavola, visto anche il crescente impegno degli Stati Uniti nel cooperare con le AutoritĂ  birmane. Questo ha portato a un riequilibrio della situazione, laddove l’India ha potuto estendere l’applicazione della strategia descritta nel paragrafo precedente (aumento dei legami di sicurezza e creazione di progetti infrastrutturali ed economici) anche alla Birmania. A ogni modo, sta proprio a questo Paese monetizzare la propria posizione geografica, godendo dei vantaggi degli investimenti crescenti da parte dei suoi due vicini. Lo stesso non si può dire di Sri Lanka, Bangladesh e Maldive, per i quali la posizione geografica, la dipendenza diplomatica e militare, nonchĂ© la prossimitĂ  etnica, storica e culturale, danno a Nuova Delhi un vantaggio strategico che rende un riequilibrio a favore di Pechino molto difficile. Di conseguenza, la crescente attivitĂ  diplomatica ed economica della Cina verso questi Paesi muove certo qualcosa, ma non supporta l’idea di un cambiamento strategico di lungo periodo.

Il progetto del fiume Kaladan in Birmania, che dovrebbe collegare le province dell’India nord-orientale senza sbocco sul mare al litorale indiano di Kolkata
Il progetto del fiume Kaladan in Birmania, che dovrebbe collegare le province dell’India nord-orientale senza sbocco sul mare al litorale indiano di Kolkata

DISASTRI NATURALI E SFIDE AMBIENTALI – A differenza della competizione tra India e Cina, ancora in fase nascente, la sfida portata dai cambiamenti climatici e dai disastri naturali rappresenta una minaccia ben piĂą immediata per la regione. Essa è, infatti, particolarmente vulnerabile a minacce ambientali, sia improvvise – tra cui cicloni, terremoti, inondazioni e frane, – sia a lungo termine, come inquinamento, innalzamento del livello del mare e pesca illegale. La situazione è peggiorata dal fatto che la maggior parte della popolazione della regione vive sulla costa ed è quindi sottoposta a tali calamitĂ . Bisogna considerare che circa un quarto della popolazione mondiale risiede in questa regione, con tre Paesi (India, Indonesia e Bangladesh) che rientrano tra i dieci Stati piĂą popolosi del pianeta, senza citare l’elevatissima densitĂ  abitativa nella zona (il Bangladesh, per esempio, è il Paese piĂą densamente popolato al mondo). In conclusione, mentre i rischi della competizione tra India e Cina sono al momento solo potenziali, il vero fattore di rischio nel Golfo del Bengala è la possibilitĂ  di un disastro naturale, che sembra solo questione di “quando” e non “se”.

 

Luigi Della Sala

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Luigi della Sala
Luigi della Sala

Nato nel 1984 e laureato nel 2008 in Relazioni Internazionali alla LUISS di Roma. Ormai trapiantato a Bruxelles per la quale provo una sorta di amore-odio che mi ha fatto prima scappare per esperienze lavorative in Polonia, Francia e Malta, per poi ritornare alla ricerca di una presunta stabilità all’insegna della progettazione europea. La passione per la geopolitica invece non l’ho mai persa, ma ho anzi sempre cercato di coltivarla continuamente non solo con un Master alla SIOI ma anche con una voracità da lettura promettente e preoccupante allo stesso tempo. Odio la conservazione e la verità imposta che viene accettata un po’ per convenienza e un po’ per indolenza, amo il calcio, il crederci sempre e la libertà, che provo a ricercare in viaggi intrapresi fin da quando sono nato

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