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Twiplomacy: il caso Australia-Indonesia

Diplom@ticEdward Snowden è stato certamente il personaggio del 2013, protagonista delle cronache globali per il ruolo giocato dagli Stati Uniti nel caso Datagate. Meno note sono tuttavia le ripercussioni di tali vicende sui rapporti tra due Stati dell’Asia-Pacifico: Indonesia e Australia. Esploso tra luglio e novembre 2013, lo scandalo è apparso solo nelle retrovie della cronaca globale. Quale ruolo hanno avuto i social media nello sviluppo della vicenda? E quali sono state le ricadute pratiche sulle relazioni bilaterali?

CONTESTO – Luglio 2013, Edward Snowden, caso Datagate: poche parole per descrivere lo scandalo divulgato da The Guardian. Come noto ormai al mondo intero, la National Security Agency statunitense avrebbe praticato attività di spionaggio e raccolta dati ai danni di potenze alleate e non. Fin dall’inizio, le rivelazioni di Snowden hanno generato un ciclone diplomatico non solo sul versante Atlantico del mondo. Infatti, tali dichiarazioni hanno creato diversi grattacapi anche nella regione dell’Asia-Pacifico. In questo caso, se il corrispettivo dell’NSA diventa l’Australian Defence Signals Directorate, al posto dei Paesi Europei troviamo i principali partner Asiatici dell’Australia: Cina, Giappone, India, Korea, Timor Est e Indonesia. È proprio con quest’ultima che le tensioni sembrano essere cresciute a livelli preoccupanti, sia per le conseguenze delle rivelazioni che per l’importanza di Giacarta per Canberra. Indonesia e Australia hanno infatti stretto una forte collaborazione a livello politico, testimoniata ad esempio dalle frequenti visite del presidente Yudhoyono (che tra il 2012 e il 2013 hanno rappresentano un record storico nel rapporto tra i due Paesi). Inoltre, tale cooperazione tocca anche la sfera economico-commerciale, essendo l’Indonesia il dodicesimo partner commerciale per l’Australia. Ciononostante, in base a quanto rivelato da ABC News, l’Australian Broadcasting Corporation, le vittime delle attività di cyber espionage australiane sarebbero stati proprio il presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono e la moglie Ani, oltre al vice-presidente Boediono e numerosi ministri Indonesiani. A differenza di altri paesi Asiatici, nel caso indoesiano si aggiungono due importanti componenti destabilizzanti: l’uso intensivo dei social media da parte degli attori interessati e le tempestive e preoccupanti ripercussioni sui rapporti bilaterali tra i due paesi.

Intercettazione telefonica australiana.
Intercettazione telefonica australiana.

RUOLO DELLA TWIPLOMACY – In pieno periodo di elezioni presidenziali, la risposta Indonesiana non ha tardato ad arrivare fin dai primi mesi. Già nel novembre 2013, mese della divulgazione dello scandalo, il presidente indonesiano Yudhoyono scriveva su Twitter di aver “fortemente protestato” contro “le rivelazioni sullo spionaggio di Australia e Stati Uniti a danno di molti paesi del mondo, inclusa l’Indonesia.” A distanza di pochi giorni, e ancora piu’ esplicitamente, il presidente indonesiano ha più volte ripetuto come “le azioni di Stati Uniti e Australia abbiano infettato la partnership strategica con l’Indonesia.” Mary Natalegawa (Ministro degli Esteri Indonesiano) ha definito lo spionaggio Australiano “un atto ostile e inappropriato fra due partner strategici”, minacciand “ripercussioni molto gravi” sulle relazioni bilaterali.
L’uso di Twitter è stato molto sfruttato dalla leadership indonesiana mentre la risposta della controparte australiana, sembrerebbe più contenuta nell’uso dei social media. Nonostante fosse attivamente presente su Twitter, il premier australiano Tony Abbott non avrebbe infatti tweettato alcuna dichiarazione ufficiale sulla vicenda, limitandosi a condividere solo la prima visita ufficiale a Jakarta in data 1° ottobre. Sempre a novembre 2013, intervenendo davanti al Parlamento, il premier Abbott avrebbe però dichiarato di “non credere che l’Australia si debba scusare per aver svolto operazioni di intelligence del tutto ragionevoli, così come non si aspetta che altre nazioni o altri governi si scusino a loro volta.” Qual è stata la risposta Indonesiana?

La lista australiana dei "sorvegliati speciali".
La lista australiana dei “sorvegliati speciali”.

IMPLICAZIONI PER RAPPORTI BILATERALI – Le reazioni di Jakarta alle mancate (seppure richieste) scuse australiane non hanno tardato ad arrivare e sono state più che mai decise. Il giorno successivo al discorso di Abbott, Yudhoyono ha richiamato l’ambasciatore da Canberra, annunciando (sempre via Twitter) il riesame delle cooperazioni bilaterali. L’Indonesia aveva infatti preso impegni con i governi australiani su due temi centrali per il governo di Abbott: la lotta non solo al terrorismo di matrice islamica ma anche alla tratta di esseri umani. Sospesa la cooperazione su tali temi, Yudhoyono ha inoltre interrotto le esercitazioni militari congiunte e lo scambio di informazioni tra i rispettivi servizi di intelligence. Le risposte indonesiane rappresentano quindi un chiaro esempio del rapporto tra politica “reale” e diplomazia digitale. Infatti, le dichiarazioni più o meno ufficiali di Yudhoyono (condivise su social networks quali Twitter) sono state subito seguite dai fatti e dal ridimensionamento dei rapporti diplomatici tra i due Paesi.

SITUAZIONE ATTUALE – Nonostante la situazione critica, negli ultimi mesi vi sono stati diversi segnali di riavvicinamento o sforzi in quella direzione. Il Ministro degli Esteri Natalegawa avrebbe infatti delineato per l’Australia un percorso in 6 tappe per sanare la ferita, aggiungendo che, qualora questo percorso non venisse seguito, verrebbe annullato anche il prossimo incontro tra i leader dei due paesi, da tenersi a giugno 2014. Secondo quanto divulgato dal governo di Abbott, i due Paesi avrebbero infatti lavorato a un “codice etico” che definisca, tra altri argomenti, il trattamento dei dati e l’uso di tecnologica informatica a scopi d’intelligence. Secondo altri componenti del Parlamento invece, le discussioni tra i due Paesi non sarebbero state abbastanza intense oltre ad esser poco concentrate alla risoluzione della mancanza di fiducia ormai chiara da parte di Jakarta.

CONCLUSIONI – Ad oggi nessun accordo è stato ancora trovato. Nel clima di incertezza attuale, un elemento sembra chiaro: dall’emergere delle tensioni tra i due Paesi, due importanti fattori sono stati evidenziati. Da un lato, la vicenda Indonesia-Australia rappresenta uno dei primi casi in cui problemi nei rapporti bilaterali tra due Stati siano stati affrontati più che intensivamente via social network. Chiaro segnale dell’importanza di tali strumenti, questo caso mostra come i social media siano diventati un’ importante vetrina non solo per l’opinione pubblica ma anche per gli stessi leader e capi di Governo. In secondo luogo, lo sviluppo e tempistica dell’intera vicenda (prima le dichiarazioni su twitter, poi i fatti) profilano possibili nuove tendenze in fatto di public diplomacy: le scelte strategiche dei Paesi interessati vengono prima divulgate al grande pubblico, per essere implementate solo in una seconda fase. Non è ancora possibile chiarire quali siano stati i dialoghi “a porte chiuse” tra i due Paesi: come e’ ovvio, molti rimarranno conosciuti solo dagli addetti ai lavori. Tuttavia, le modalità di interazione tra i due Paesi mettono in evidenza la particolarità di questo caso per le relazioni internazionali, mostrando in particolar modo il peso crescente delle relazioni diplomatiche digitali.

Patrizia Rizzini Cancarini

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Patrizia Rizzini Cancarini
Patrizia Rizzini Cancarini

Dal 2009, anno della prima esperienza negli States, una piccola costante è rimasta impressa nel mio DNA: il bisogno di partire, scoprire ed esplorare. Dopo la triennale in Scienze Linguistiche presso l’Università Cattolica di Brescia, la destinazione è stata la Beijing Language and Culture University per un intenso e indimenticabile semestre. Tornata in patria per iscrivermi al Master in European and International Studies presso l’Università di Trento, nel 2012 sono partita come Head Delegate per il New York Model United Nations e come Exchange Student presso la Zhejiang University ad Hangzhou. Dopo la partecipazione alla 5’ European Public Policy Conference a Parigi e un tirocinio al Centro Europeo Jean Monnet a Trento, quale sarà la mia prossima meta? Fresca di laurea e con tante idee nel cassetto, mi tengo attiva con gli oldies e newbies della mia vita: l’amore per l’Asia e gli States, il cibo etnico e le feste a tema, oltre che un profondo interesse per tutto ciò che ‘puzza’ di nuovo, dai non-traditional security studies all’e-diplomacy.

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