Sono settimane d’ansia per i governi di Lituania, Lettonia ed Estonia. La crisi ucraina minaccia infatti di rimettere in discussione gli equilibri politici interni di questi Paesi, costringendoli a scelte difficili in politica internazionale. Non si tratta solo di rafforzare o meno la presenza NATO nel Mar Baltico, ma anche di ridefinire i propri rapporti con la Russia e l’Europa a vent’anni dalla fine dell’esperienza sovietica. E le memorie del recente passato continuano ad influenzare pesantemente il dibattito politico delle tre repubbliche baltiche, aggiungendo ulteriori motivi di tensione ad una situazione regionale giĂ abbastanza complessa e rischiosa
QUALE DIFESA? – Su tutto dominano comunque le necessitĂ della difesa nazionale e della sicurezza energetica, emerse drammaticamente dopo il rapido intervento militare russo in Crimea. Da questo punto di vista la Lituania ha specialmente insistito per un maggiore dispiegamento di forze NATO nella regione baltica come garanzia contro possibili colpi di mano di Mosca nell’Europa settentrionale. Tale invito è stato prontamente accolto dai membri occidentali dell’Alleanza Atlantica, che hanno giĂ inviato diversi caccia F-15 nella base strategica di Siauliai, circa 200 Km. a nord di Vilnius, insieme ad un piccolo contingente terrestre. Tuttavia è ben difficile che queste misure bastino a calmare i timori delle repubbliche baltiche verso un possibile intervento russo nei loro confronti. Il ricordo della passata occupazione sovietica continua a tormentare i sonni dei governi locali, rafforzato dai recenti drammatici eventi in Ucraina. Inoltre gli aiuti militari occidentali non possono nascondere la generale inadeguatezza delle forze armate lituane, lettoni ed estoni, sostenute da fondi pubblici assolutamente insufficienti per i loro delicati compiti difensivi.
Tutti e tre i paesi baltici spendono infatti meno del 2% del loro PIL per la difesa ed il tentativo di aumentare il livello di tale impegno finanziario continua ad incontrare numerose resistenze, sia a livello politico che economico. I rigidi parametri del nuovo fiscal compact europeo rappresentano un ulteriore ostacolo all’incremento dei locali fondi militari, così come la paura di perdere importanti relazioni commerciali con la Russia, soprattutto nel settore chiave dell’energia. E’ vero che la Lituania sta sostenendo negli ultimi tempi un progetto di graduale emancipazione energetica da Mosca, basato principalmente sulla costruzione di due nuovi reattori nucleari a Visaginas, ma al momento le economie delle repubbliche baltiche restano seriamente dipendenti dal gas russo, fornendo una formidabile arma di ricatto politico al governo di Vladimir Putin. E l’opzione nucleare non promette affatto di risolvere il problema in tempi brevi, vista anche la chiusura del vecchio impianto sovietico di Ignalina nel 2009. Un impianto che forniva circa il 70% dell’energia elettrica lituana e che sarĂ ben difficile da sostituire con fonti energetiche alternative nell’immediato futuro.
MINORANZE E DISCRIMINAZIONI – Altro grande motivo di incertezza è l’atteggiamento delle minoranze russe presenti nelle tre repubbliche baltiche, che mantengono un rapporto abbastanza conflittuale con i loro paesi d’adozione. In Lettonia per esempio molti abitanti di origine russa vengono considerati “non cittadini”, privi di fondamentali diritti politici e spesso discriminati in ambito scolastico ed amministrativo. Tale situazione è stata piĂą volte denunciata dalle autoritĂ europee ma con scarsi risultati: il Governo di Riga ha infatti mantenuto in vigore la propria originale legislazione discriminatoria, semplificando solo alcune procedure per la naturalizzazione dei propri “non cittadini”. Le ragioni di questo atteggiamento ostile verso la minoranza russa lettone sono un misto di paura, nazionalismo e desiderio di rivalsa per la passata oppressione sovietica. Ma tale atteggiamento finisce spesso per giocare proprio a favore di Mosca, che ha piĂą volte usato le rivendicazioni dei suoi connazionali come strumento di pressione internazionale e destabilizzazione interna delle repubbliche baltiche.
E’ il caso della Lituania, per esempio, dove l’assenza di misure discriminatorie non ha comunque impedito l’ascesa di formazioni politiche russe legate a doppio filo con il Cremlino. Una di queste formazioni è il Partito del Lavoro (Darbo Partija) di Viktor Uspaskich, controverso imprenditore vicino a Gazprom, che ha ottenuto nelle elezioni legislative del 2004 quasi il 30% dei voti e mantiene ancora oggi una trentina di deputati nel parlamento lituano. Accusato piĂą volte di non essere abbastanza “patriottico”, il Partito è stato recentemente escluso dai colloqui ufficiali sulla sicurezza nazionale promossi dal presidente Dalia Grybauskaite dopo l’annessione russa della Crimea. Chiaro motivo dell’esclusione sono i rapporti stretti di Uspaskich con Mosca, ma tale decisione ha comunque provocato i malumori di parecchi membri della comunitĂ russa in Lituania, che non si sentono integrati nella loro nuova patria e guardano con malcelata simpatia ai “successi” militari di Putin in Ucraina. Una tendenza condivisa anche dai russi dell’Estonia, che hanno addirittura organizzato alcune piccole manifestazioni pubbliche a sostegno dell’occupazione armata della Crimea. Nulla di allarmante, ma quanto basta per rimarcare ulteriormente l’attuale fragilitĂ interna dei paesi baltici, messa a dura prova dalla crisi ucraina.
LONTANO DALL’EUROPA – In generale gli eventi delle ultime settimane hanno mostrato i limiti dell’indipendenza delle repubbliche baltiche dalla Russia e la loro difficile integrazione nell’Unione Europea. Un’integrazione salutata con grandi aspettative nel 2004, al momento dell’ingresso ufficiale dei tre paesi ex sovietici nella UE, ma mai completamente realizzatasi nel corso del decennio successivo. Nonostante la retorica della solidarietĂ comunitaria, i Paesi dell’Europa occidentale hanno infatti investito poco o nulla nello sviluppo infrastrutturale dei paesi baltici, lasciandoli sostanzialmente alla periferia del sistema economico continentale. Non ci sono per esempio collegamenti ferroviari diretti tra Tallinn e Berlino, mentre i voli commerciali tra Vilnius e Bruxelles continuano ad essere piuttosto irregolari. La crisi dell’Euro ha poi complicato il cammino di integrazione monetaria delle tre repubbliche nell’Unione Europea, rafforzando il loro senso di isolamento dal mondo occidentale.
Al contrario la Russia continua ad essere ben presente nella vita delle sue ex colonie sul Mar Baltico, mantenendo parecchi strumenti di pressione economica e militare su di loro. Inoltre l’endemica corruzione delle classi dirigenti locali rappresenta un ulteriore vantaggio per il Cremlino, che può così esercitare una notevole influenza politica nella regione a danno sia della NATO che dell’Unione Europea. Difficile dire se tale situazione verrĂ messa in discussione o confermata dai futuri sviluppi della crisi ucraina.
Simone Pelizza