Analisi – L’Unione Europa dovrebbe dotarsi dell’arma nucleare per creare un proprio deterrente qualora gli USA decidessero di non estendere più le proprie garanzie nucleari al Vecchio continente? Serve prima chiedersi a cosa servirebbe: rispondere “per deterrenza” non basta per definire se e cosa serva.
CAPIRE LO SCOPO
In queste settimane di tensioni tra USA e UE circa le politiche di sicurezza e difesa è stata spesso sollevata una domanda: l’UE dovrebbe dotarsi di un proprio arsenale nucleare, così da avere un proprio potenziale di deterrenza? Per rispondere a tale quesito serve tuttavia fare una serie di considerazioni più complesse. Spesso si crede che la deterrenza nucleare sia dovuta unicamente all’avere l’arma, ma non è così. Serve infatti rispondere a una domanda chiave: che ruolo (e quindi che scopo) dovrebbe ricoprire l’ombrello nucleare per l’Europa se non c’è quello USA? La definizione di quale sia lo scopo influenza infatti tutto il resto.
Non è un problema solo di numero di testate. Se da un lato è ovvio che attualmente nessuno (tranne la Russia) può competere numericamente con l’arsenale statunitense, l’esperienza della Guerra Fredda ha insegnato come in realtà non siano necessarie migliaia di testate a seconda di quale sia il motivo per cui ci si dota di esse. Francia, Regno Unito e USA hanno tre arsenali differenti non solo per dimensioni, ma anche per ruolo, ovvero sono stati creati e sviluppati a partire da necessità diverse.
Quando si parla di deterrenza infatti è indispensabile passare a parlare di strategia nucleare, che è definita come la traduzione della deterrenza nucleare in termini operativi (dottrina, piani e capacità). A sua volta, la strategia nucleare è solo una delle componenti della politica nucleare (che è a monte).
Fig. 1 – Un SSBN francese dotato di armi nucleari
STRATEGIA NUCLEARE
La strategia nucleare traduce il concetto di deterrenza in tre ambiti principali, più o meno rilevanti per ciascun Paese a seconda del caso:
- Evitare l’impiego dell’arma nucleare da parte di un avversario in caso di conflitto.
- Evitare un attacco nucleare a sorpresa contro le proprie forze nucleari sul proprio territorio.
- Evitare un attacco non nucleare sul proprio territorio nazionale o su quello di un alleato, laddove esso costituisca una minaccia considerata rilevante o “vitale” (termini spesso non specificati apposta).
- Generalmente questo coinvolge: la capacità di rappresaglia, la minaccia di escalation, la possibilità di attacco di tipo preventive, preemptive o “di limitazione dei danni”.
Tutto questo ha molteplici possibilità di risposta, a seconda delle preferenze e di quale “scuola” si tenda a seguire per raggiungere la deterrenza in tali aspetti, tenuto conto che essa si basa sempre sulla combinazione di credibilità e capacità. Ricordando inoltre che l’obiettivo di ogni escalation è sempre politico e non militare e dunque a questo va asservito.
La scelta di quali minacce coprire e quali risposte avere a disposizione costituisce il primo passo per il processo di pianificazione nucleare, che – semplificando molto per dare un’idea – coinvolge targeting, procurement, comando e controllo… e quindi la definizione di cosa e quanto avere a disposizione, come controllarlo, ecc…
In breve: non basta dire “voglio l’arma”.
La scelta francese, per esempio, è di utilizzare la propria capacità di deterrenza per proteggere i propri interessi vitali tramite capacità di signaling strategico (uso del missile nucleare ASMP lanciato da un cacciabombardier Rafale per il cosiddetto “colpo di avvertimento” in chiave di deterrenza pre-strategica) o per sconsigliare da un attacco nucleare diretto tramite l’esistenza degli SSBN, nascosti in mare, che hanno però – per numeri – solo una capacità countervalue e non counterforce. Si dà inoltre per scontato che dato tale arsenale l’avversario non sia in grado di condurre un disarming first strike che possa distruggere le forze nucleari francesi preventivamente.
I britannici, con l’attuale arsenale ridotto, di fatto si limitano a una capacità di deterrenza da attacchi nucleari diretti, tramite capacità countervalue (sempre per questione di numeri).
Gli USA ovviamente hanno l’intero spettro di capacità.
Per l’UE, quale scelta strategica verrebbe fatta? Senza tale valutazione, ogni altra considerazione appare poco utile: da questo infatti dipende, per esempio, ogni considerazione circa l’adeguatezza degli arsenali nucleari europei attualmente esistenti e/o su come essi vadano integrati.
Fig. 2 – Leader europei al recente summit a Londra
CHI CONTROLLEREBBE L’ARMA?
L’altro forte problema al deterrente nucleare europeo è la definizione delle responsabilità e del controllo politico dello stesso. La frammentazione politica europea e la generale freddezza di parti consistenti dell’opinione pubblica infatti pongono dubbi circa un’efficace gestione corale dell’arma.
Non solo, Regno Unito e Francia non delegheranno mai il controllo del loro arsenale: questo è un punto fermo sul quale non transigono, in particolare i francesi.
È possibile anche una proliferazione di tipo “orizzontale”, cioè un aumento dei Paesi dotati dell’arma nucleare, cosa che creerebbe alternative agli arsenali esistenti. Anche in questo caso tuttavia esistono ostacoli.
La Germania è difficile che vada a creare un proprio arsenale, come confermato da un recente studio pubblicato nel 2024. Appare anche poco plausibile che l’Italia possa dotarsi di arsenale proprio nelle condizioni politiche ed economiche attuali. La Polonia è in fase di forte riarmo convenzionale e potrebbe essere interessata, ma finora non si è andati oltre generiche riflessioni. La Svezia è l’unico altro Paese ad aver avuto un concreto programma nucleare arrivato a pochi passi dalla bomba durante la Guerra Fredda, ma è stato abbandonato nel periodo 1968-1972 e andrebbe ricreato, dilatando i tempi.
L’unica opzione realistica per ora rimane pertanto l’estensione della copertura da parte degli arsenali britannico e francese, circostanza che a giudicare anche dalle parole del Presidente francese Emmanuel Macron in realtà sembra sia già in discussione. A questo potrebbero sommarsi la disponibilità di maggiori fondi europei a supporto, ma, come espresso prima, non a prezzo di una cessione del controllo da parte di Londra o Parigi.
Tuttavia a parte i normali problemi dell’estensione della deterrenza nucleare (problemi di abandonement, entrapment…), quanto sopra influenza cosa l’ombrello nucleare possa o non possa fare. Quindi, se vogliamo capacità differenti, serve anche pianificare tale capacità differente. Difficile al momento, a meno appunto di espandere quanto già hanno Francia e Regno Unito.
Lorenzo Nannetti
Fonti:
- AA.VV. (edited by U.Kühn), “Germany and Nuclear Weapons in the 21st Century. Atomic Zeitenwende?”, Routledge (2024)B. Tertrais, “French Nuclear Deterrence Policy, Forces, And Future: A Handbook”, Fondation pur la Recherche Strategique, Recherches & Documents n° 04/2020
- A. Futter, “The Politics of Nuclear Weapons”, Palgrave Macmillan (2021)
- B. Tertrais, “Pax Atomica? Théorie, pratique et limites de la dissuasion”, Odile Jacob (2024)
- P. Watkins, “Insuring against Uncertainty: A European Nuclear Deterrent?”, International Centre for Defence and Security (ICDS) (2024), https://www.jstor.org/stable/resrep61487
Per i concetti di countervalue, counterforce, second strike capability, disarming first strike:
- L. Nannetti, “Introduzione ad armi nucleari e deterrenza”, Il Caffè Geopolitico
“File:15 Rafale French Navy 12 Flotille (3100255546).jpg” by Jerry Gunner from Lincoln, UK is licensed under CC BY 2.0.