Grazie alle modifiche introdotte dal Trattato di Lisbona, i votanti alle imminenti elezioni europee potranno indirettamente scegliere, per la prima volta, il presidente della Commissione Europea. Cosa cambierĂ nella pratica?Â
TRATTATO DI LISBONA E DEFICIT DEMOCRATICO – Una delle questioni più controverse legate al sistema istituzionale europeo è senza dubbio la presenza del cosiddetto deficit democratico, cioè di una mancanza di legittimazione delle istituzioni europee da parte dei cittadini dell’Unione stessa. In pratica, si ritiene che le decisioni prese a livello europeo siano distanti dalla popolazione non solo perché troppo complesse da comprendere, ma anche – e forse soprattutto – perché prese da soggetti che, non essendo eletti direttamente dalla base, non sono responsabili di fronte a questa del loro operato.
Le riforme dei Trattati succedutesi nel tempo hanno via via cercato di ovviare a tale carenza potenziando il ruolo del Parlamento Europeo nel disegno istituzionale. Il Trattato di Lisbona è espressione di una delle spinte più forti in tal senso; oltre ad incrementarne la funzione legislativa e il potere in tema di approvazione del bilancio, il Trattato entrato in vigore nel 2009 prevede infatti che sia il Parlamento ad eleggere il presidente della Commissione Europea.
COMMISSIONE EUROPEA: RUOLO E CAMBIAMENTI DAL 2014 – La Commissione Europea è considerata come l’organo europeo per eccellenza, sia perché i suoi membri agiscono a titolo personale (e dunque non esprimendo necessariamente la posizione del proprio Paese di provenienza), sia perché a questa è affidato il ruolo di garante dei trattati. Nel tentativo di risolvere la già citata questione del deficit democratico, il ruolo di questa istituzione è stato via via incrementato, con funzioni che spaziano dal diritto esclusivo di iniziativa legislativa alla cura delle relazioni esterne dell’Unione Europea, passando per la funzione generale di impulso e coordinamento.
Il 2014 sarà un anno rilevante per il funzionamento della Commissione su due fronti. Alla fine dell’anno, secondo la previsione dei Trattati, questa non sarà più composta da un membro per Paese, ma da un numero di membri pari a due terzi degli stati, che si avvicenderanno grazie ad un sistema di rotazione messo a punto dal Consiglio ed atto a preservare la rappresentatività geografica e demografica. In aggiunta, con le elezioni europee che si terranno il 25 maggio verrà modificato il metodo per scegliere il presidente della Commissione, che partecipa alla scelta dei membri della stessa, nominando i vicepresidenti e  fornendo il suo accordo alla nomina dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
IL NUOVO MECCANISMO DI ELEZIONE – Prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il presidente della Commissione Europea era designato a maggioranza qualificata dal Consiglio, con la successiva approvazione del Parlamento. Con la procedura prevista dal Trattato di Lisbona, il processo di nomina del presidente della Commissione vede un ruolo maggiore non solo del Parlamento, ma anche ai suoi elettori. Il Consiglio, infatti, dovrĂ designare il proprio candidato tenendo conto del risultato della tornata elettorale, e successivamente proporlo al Parlamento, che dovrĂ eleggerlo a maggioranza. Anche se a prima vista potrebbe sembrare banale, il dover tenere conto del risultato elettorale rappresenta una forte evoluzione del sistema di elezione, che sposta la rilevanza dal Consiglio – in cui il potere decisionale è nelle mani dei capi di stato e di governo dei Paesi dell’Unione – al Parlamento, l’istituzione direttamente eletta dai cittadini dell’Unione Europea.
COSA CAMBIA NELLA PRATICA – Il riflesso pratico di questo nuovo assetto istituzionale, sta nel fatto che, durante la campagna elettorale, i gruppi parlamentari europei stanno dichiarando chi appoggeranno come presidente della Commissione. Questo significa che, nel momento in cui esprimeranno la preferenza per un dato candidato, gli elettori supporteranno questo, il partito europeo cui questo è affiliato e il candidato presidente della Commissione da questo sostenuto. I cittadini europei che si recheranno alle urne dal 22 al 25 maggio potranno, attraverso il loro voto, supportare indirettamente un candidato presidente della Commissione, sperimentando per la prima volta il tentativo di forte riduzione del deficit democratico che sta alla base di questa nuova procedura.
IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE – Con l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam nel 1999 – anno di insediamento della Commissione guidata da Romano Prodi – il presidente della Commissione Europea è passato da primus inter pares a soggetto sovraordinato rispetto agli altri commissari; questo ha infatti acquisito non solo la possibilitĂ di assegnare i diversi portafogli ed invocare le dimissioni (vincolanti) di uno dei commissari, ma anche delle forti funzioni di organizzazione della Commissione e di definizione dell’agenda politica da essa seguita, elementi che lo hanno “trasformato” in uno dei membri piĂą influenti dell’intera struttura istituzionale europea.
La “politicizzazione” del presidente della Commissione, che dovrebbe derivare dal risultato delle prossime elezioni, potrebbe rilanciare non solo la competizione elettorale tra i partiti europei, ma lo stesso ruolo dell’istituzione da esso guidata. Questa potrebbe infatti riaffermare con maggiore fermezza rispetto a quanto non sia recentemente avvenuto il suo ruolo di motore europeo, a parziale scapito del potere sempre crescente del Consiglio (e dunque degli stati) nell’assetto istituzionale. Il risultato delle elezioni svelerà se i membri del Consiglio daranno spazio a tale ruolo e soprattutto se – preservando le previsioni dei trattati – seguiranno effettivamente l’esito delle elezioni per la designazione del nuovo presidente della Commissione Europea.
Giulia Tilenni