Aleksandar Vučić ha stravinto le elezioni anticipate di fine marzo e da fine aprile ha cominciato la sua esperienza come capo del Governo Serbo. Nella riorganizzazione del Governo scompare dalla lista dei Ministeri quello per il Kosovo. In 3 sorsi
LA VITTORIA – Le elezioni anticipate di fine Marzo hanno confermato lo strapotere politico di cui gode Aleksandar Vučić in Serbia. Il suo SNS (Partito Progressista Serbo) ha ottenuto il 48,5% dei consensi ovvero 158 seggi su 250 del Parlamento Serbo. Una vittoria schiacciante quella di Vučić, che spiana la strada alle riforme tanto auspicate durante la breve campagna elettorale. Temi principali durante la campagna elettorale sono stati la lotta alla corruzione e criminalita organizzata, l’euro-integrazione e la riforma del lavoro.
Farà parte del nuovo esecutivo anche il Partito Socialista Serbo dell’ex Premier Ivica Dačić, il quale ha ottenuto 44 seggi. Dačić guiderà il Ministero degli Affari Esteri e con lui altri due membri del PS guideranno due Ministeri importanti quali quello dell’Agricoltura e quello dell’Energia. Ovviamente tutto ruoterà intorno a Vučić. Avendo ottenuto una maggioranza assoluta, egli ha già fatto capire che non avrà problemi a sostituire chi non seguirà la sua linea.
Rimangono fuori dal Parlamento i liberali di Jovanović e i democratici dell’ex-Presidente serbo Koštunica.
KOSOVO, CAPITOLO NUOVO – La scomparsa del Ministero per il Kosovo dal nuovo Governo dimostra che l’ex Provincia serba non costituisce più una priorità per l’esecutivo di Vučić. Ovviamente Belgrado non abbandonerà di sicuro il dialogo con Pristina, in quanto esso è legato al suo cammino verso l’euro-integrazione. Già da prima Vučić ricopriva un ruolo chiave, durante le sedute a Bruxelles, tra l’ex-Premier Dačić e quello kosovaro, Hashim Thaçi.
Nonostante da Bruxelles si auspicasse una continuazione del dialogo nella figura di Dačić, il fatto che quest’ultimo guiderà il Ministero degli Esteri sposterà tutta la faccenda su un’altra dimensione. Del Kosovo, come dice Vučić, se ne occuperanno un po’ tutti i ministeri. Si tratta di una svolta storica che potrebbe portare le relazioni tra i due Stati balcanici ad un’ulteriore normalizzazione, annoverando le questioni bilaterali tra quelle di politica estera (e normalizzandone implicitamente l’indipendenza).
POLITICA ESTERA – Presa nella morsa tra l’euro-integrazione e il suo rapporto speciale con la Russia, la crisi in Ucraina mette non poco in imbarazzo Belgrado.
Da un lato, il cammino della Serbia verso l’Unione Europea è appena cominciato ed è già difficile, di per sé, ottemperare alle richieste in materia economica e giuridica. In aggiunta, le trattative per la “questione Kosovo” continuano a rimanere oggetto centrale dei negoziati. Seguire le linee guida dettate da Bruxelles significa inoltre sostenere Kiev e allontanarsi da Mosca.
Dall’altro, la vicinanza della Serbia alla Russia non riguarda soltanto aspetti storici, ma implica enormi investimenti fatti da imprese russe sul territorio serbo. Ciononostante, le somiglianze – pur indirette – tra la secessione della Crimea e quella del Kosovo incoraggiano ulteriormente Belgrado ad abbracciare la causa di Kiev piuttosto che quella di Mosca.
Insomma, sul piano internazionale VuÄŤić avrĂ il suo “da fare” maggiore, in quanto a livello nazionale non ci sono dubbi che il popolo, almeno per il momento, sia e dalla sua parte.
Juljan Papaproko