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Il risultato elettorale in Egitto

Il Generale al-Sisi è il vincitore delle elezioni presidenziali egiziane. Un risultato previsto ma che si colloca in un Egitto che fa fatica a trovare la propria via verso la stabilità politica e la ripresa economica. In 3 sorsi

 

IL RISULTATO ELETTORALE – Il risultato elettorale è stato praticamente un plebiscito, al-Sisi ha raggiunto il 96,2% dei voti per un totale di circa 23 milioni di elettori. Il suo avversario, Hamdeen Sabahi, si è attestato appena al 3,8%. Alcuni suggeriscono che questi fosse un oppositore di comodo, ma è difficile stabilire la veridicitĂ  di tali affermazioni. Alle precedenti presidenziali Sabahi aveva raccolto il 20% dei consensi, risultato non consolidato a soli due anni di distanza.

Il risultato delle elezioni odierne è in parte inficiato dalla bassa affluenza alle urne, appena il 47% degli aventi diritto. Questo riduce la legittimitĂ  di al-Sisi, che non può vantare una legittimitĂ  piena. Per tentare di ovviare a questo inconveniente le urne sono rimaste aperte un giorno in piĂą del previsto, una pratica guardata con molta apprensione dagli osservatori internazionali, statunitensi in primis. A questo si aggiungono testimonianze di persone “sollecitate” a votare da gruppi organizzati di attivisti pro-Sisi. Sebbene non ci siano ancora riscontri ufficiali in tal senso le voci che si rincorrono sono comunque preoccupanti.

SIGNIFICATO DEL VOTO – La legittimazione “mutilata” dalla bassa affluenza presenta alcuni vantaggi ma anche significativi svantaggi. Da un lato è positivo che, nonostante il risultato eclatante, esso non sia del tutto rappresentativo della volontĂ  egiziana. Una presidenza con consenso così ampio assume sfumature a tratti dittatoriali ed il mancato pronunciamento della totalitĂ  del popolo egiziano lascia un salutare margine di azione alle opposizioni. Tuttavia l’assenza di una legittima opposizione aumenta il rischio che la piazza venga preferita alle sedi istituzionali per la risoluzione delle controversie tra le diverse fazioni egiziane.

La Fratellanza Musulmana, nel corso della pur breve campagna elettorale, aveva dichiarato un’affluenza alle urne ancora piĂą bassa e divulgato stime dell’ordine di pochi milioni (5-6). I partiti islamisti hanno cercato di delegittimare il voto, forse perchĂ© sapevano che al-Sisi avrebbe comunque vinto.

L’ampio consenso rappresenta un esito paradossale in un Paese in cui proprio la frammentarietĂ  delle posizioni politiche, tra una 20ina di coalizioni che raggruppano a loro volta una pletora di partiti e movimenti, è stata tra i motivi principali dell’instabilitĂ  dei Governi che si sono succeduti dal 2011.

Campagna elettorale per l'oppositore Hamdeen Sabahi. Image credit: Khaled Elfiqi/EPA
Campagna elettorale per l’oppositore Hamdeen Sabahi. Image credit: Khaled Elfiqi/EPA

IL TREND EGIZIANO – La bassa affluenza alle urne affligge da tempo la soliditĂ  delle istituzioni egiziane e non aiuta a legittimare gli organi di Governo perchĂ© possano operare incisivamente per il Paese. GiĂ  nel 2012, le elezioni che portarono alla presidenza Mohamed Morsi registrarono un’affluenza simile a quella odierna, appena 46%. PiĂą recentemente, nel Gennaio 2014, il referendum per l’approvazione della  nuova Costituzione egiziana ha registrato un consenso del 98,1% a fronte di un’affluenza del solo 38,8%. Eppure non mancavano i partiti che si erano apertamente schierati contro il testo costituzionale, ma il risultato di tale opposizione non appare dalle urne.

Una parte della spiegazione di questi risultati risiede nel sistema di propaganda, che favorisce nettamente i partiti di Governo, i quali godono della massima visibilità a scapito degli altri. Secondo altre fonti di analisi, però, la partita si gioca anche su un piano diverso. I partiti che prevedono di perdere la tornata elettorale inviterebbero gli elettori a non presentarsi alle urne. In questo modo il loro risultato non può essere quantificato ed hanno quindi opportunità di presentarsi sempre e comunque come i rappresentanti inascoltati e squalificati dal dibattito elettorale.

Al di lĂ  di queste ipotesi, l’unica certezza è che giochi di questo tipo tra partiti di Governo e di opposizione non aiutano l’Egitto a raggiungere una vera stabilitĂ  e di conseguenza ad intervenire in maniera incisiva sui molti problemi del Paese, che spaziano dal crollo dell’economia (un tempo una delle piĂą differenziate e vivaci della regione) al degrado della sicurezza, soprattutto nei territori del Sinai ed al confine con il Sudan.

Per il momento l’elezione di al-Sisi fa sperare in un periodo di discreta continuitĂ  politica, ma vedremo nei prossimi mesi come il Generale intenda influenzare l’operato di Governo e quale strada vorrĂ  intraprendere per mettere in sicurezza il Paese.

Marco Giulio Barone

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Marco Giulio Barone è analista politico-militare. Dopo la laurea in Scienze Internazionali conseguita all’Università di Torino, completa la formazione negli Stati Uniti presso l’Hudson Institute’s Centre for Political-Military analysis. A vario titolo, ha esperienze di studio e lavoro anche in Gran Bretagna, Belgio, Norvegia e Israele. Lavora attualmente come analista per conto di aziende estere e contribuisce alle riviste specializzate del gruppo editoriale tedesco Monch Publishing. Collabora con Il Caffè Geopolitico dal 2013, principalmente in qualità di analista e coordinatore editoriale.

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