Il 10 agosto si terranno in Turchia le prime elezioni dirette del Capo dello stato, finora eletto dal Parlamento. Il premier Recep Tayyip Erdogan, il candidato comune dei partiti di opposizione Ekmeleddin Ihsanoglu e il presidente del partito curdo Pace e Democrazia (BDP) Selahattin Demirtas sono i tre candidati. Vediamo cosa si propongono di fare in caso di vittoria.
IL GRANDE FAVORITO – Neanche a dirlo, secondo tutti i sondaggi il Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan è destinato a vincere le elezioni presidenziali già al primo turno (eventuale ballottaggio il 24 agosto). Con ottimismo il Ministro della Difesa Ismet Yilmaz ha pronosticato un trionfo con il 90% dei voti, alla luce del successo del governo dell’AKP nel restituire in questi anni autostima alla popolazione turca. Tuttavia, servirà una campagna elettorale praticamente perfetta per conseguire questo ambizioso obiettivo.
A tale proposito, nel corso del suo primo intervento elettorale tenutosi a Istanbul l’11 luglio, Erdogan ha sottolineato come sia giunto il momento di costruire una nuova Turchia, ancora più ricca e democratica, che si discosti nettamente dalla vecchia nazione autoritaria in mano ai militari. Il premier ha poi esaltato l’abilità dell’AKP nel riuscire a ridimensionare in questi ultimi dodici anni l’influenza dell’esercito e del vecchio establishment fedele all’ideologia laicista imposta del fondatore della Repubblica turca Atatürk. Erdogan ha inoltre ribadito quelli che saranno i due obiettivi principali del suo mandato: l’approvazione di una nuova Costituzione al posto di quella scritta durante l’ultimo sanguinoso colpo di stato militare del 1980 e, soprattutto, il raggiungimento di un definitivo accordo di pace con gli autonomisti del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK).
Infine, il Primo Ministro ha confermato che, in caso di vittoria, non ricoprirĂ un ruolo superpartes come i precedenti presidenti, i quali, secondo Erdogan, hanno sempre difeso gli interessi di una Ă©lite, contro il governo democraticamente eletto dai cittadini.
IL PRINCIPALE SFIDANTE – Avversario numero uno del premier è Ekmeleddin Ihsanoglu, musulmano praticante ed esperto di relazioni tra mondo islamico e occidente e tra Turchia e paesi arabi. Una brillante carriera coronata nel 2005 con l’elezione ai vertici dell’Organizzazione della Conferenza Islamica (OIC) grazie al sostegno e il lavoro di lobby del governo turco. Ihsanoglu è sostenuto dai cinque partiti politici di opposizione che, per la prima volta, sono riusciti a creare un fronte comune contro l’AKP: il Partito Repubblicano del Popolo (CHP), il Partito del Movimento Nazionalista (MHP), il Partito della Sinistra Democratica (DSP), il Partito Indipendente Turco (BTP) e il Partito Democratico (DP). Al contrario di Erdogan, Ihsanoglu mira a imporsi come guardiano della Costituzione. Secondo il suo punto di vista, il Capo dello stato dovrebbe essere una figura neutrale, in grado di garantire unitĂ . In caso di vittoria dunque, egli non interferirebbe con il lavoro del Parlamento e, allo stesso tempo, sosterrebbe un maggiore bilanciamento dei poteri. Difficile dunque immaginare posizioni politiche piĂą divergenti di quelle dei due principali candidati alla vittoria finale. Ihsanoglu ha inoltre accusato Erdogan di aver creato un clima di forte divisione dal 2002 a oggi, culminato con le imponenti manifestazioni per la difesa del parco Gezi della scorsa estate che il governo ha violentemente represso. Unico elemento che accomuna Ihsanoglu a Erdogan è la volontĂ di portare avanti il processo di pace con gli autonomisti curdi e di far rispettare il cessate il fuoco con i guerriglieri del PKK.
In sostanza dunque, un approccio moderato ma, secondo i critici, troppo interconfessionale per fare davvero presa sull’ampio raggio di elettori che Ihsanoglu vorrebbe intercettare. Lo stesso Ministro della Difesa turco Yilmaz ha dichiarato che nessuno crede davvero nella vittoria di Ihsanoglu e che tutti si stanno giĂ chiedendo chi sostituirĂ Erdogan come premier quando diventerĂ presidente.
L’OUTSIDER – In questa sfida tra “nuova” e “vecchia” Turchia, come si colloca il candidato del movimento curdo Pace e Democrazia (BDP) Selahattin Demirtas? Due sono gli obiettivi che si propone di raggiungere il protagonista della campagna curda di disobbedienza civile tra il 2011 e il 2012: da un lato, trasformare un partito regionale in una forza nazionale, cercando quindi di ottenere preziosi voti dall’elettorato non curdo. Dall’altro, ricoprire un ruolo di primo piano nelle trattative per la pace in Kurdistan, ponendosi come mediatore nei momenti di stallo tra l’AKP e i principali partiti di opposizione. In sostanza dunque, la campagna elettorale di Demirtas è finalizzata a servire gli interessi di breve periodo del movimento politico curdo. Secondo i suoi più ottimisti sostenitori, Demirtas potrebbe portare Erdogan al ballottaggio del 24 agosto, qualora riuscisse a raccogliere i voti dell’elettorato di sinistra. Ad ogni modo, il problema principale risiede nel fatto che la sua azione politica sembra maggiormente rivolta a indebolire la posizione di Erdogan, più che ad aumentare le proprie possibilità di vittoria.
PERCHE’ ERDOGAN E’ FAVORITO? – Ci sono varie ragioni che inducono a scommettere sulla vittoria del Primo ministro alle presidenziali. Innanzitutto, la netta vittoria che l’AKP ha ottenuto alle elezioni amministrative dello scorso 30 marzo ha dissipato ogni dubbio circa il suo predominio nel contesto politico turco, nonostante gli scandali che hanno sconvolto il governo nell’ultimo anno. Questo successo è da attribuirsi sicuramente anche alla frammentazione dell’opposizione e alla dispersione dei voti a questa diretti. Tra i fattori che contribuiscono a rendere ancora piĂą instabile la coesione interna spiccano le critiche giunte dall’opposizione riguardo alla mancanza di finanziamenti per la campagna elettorale e il fatto che Ihsanoglu abbia ricevuto minacce fin dal momento della sua candidatura. Infine, molti continuano a vedere nell’AKP, e dunque in Erdogan, l’attore che ha contribuito al successo economico del Paese, nonostante gli andamenti molto altalenanti di questi ultimi anni. In conclusione, le elezioni del prossimo 10 agosto rappresenteranno una tappa molto importante per il futuro democratico della Turchia. Qualora dovesse prevalere Erdogan, l’auspicio è che il suo successo non comporti maggiore polarizzazione, instabilitĂ e autoritarismo e che si realizzi davvero questa transizione verso una “nuova Turchia”.
Mattia Bovi