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Lo scacchiere fra Cambogia e Thailandia

Da anni presso il tempio Khmer di Preah Vihear si consumano scontri e scaramucce tra i due Paesi asiatici. In realtà la località al confine tra i due Stati non è altro che un terreno di confronto politico tra i due paesi, per molto tempo separati da interessi contrapposti e oggi riavvicinati in seguito all’esito delle ultime elezioni in Thailandia

I FATTI – Qualche giorno fa l’ennesimo segno di distensione al confine tra Cambogia e Thailandia. Le truppe cambogiane sotto la guida del Generale Kun Kim rispondono all’ordine del leader Hun Sen e richiamano un contingente di 1800 uomini dall’avamposto nei pressi del tempio Preah Vihear. E’ la quinta volta dal mese di luglio che si assiste ad una operazione di ritiro. Il sito, testimonianza del picco della civiltà Khmer, è oggetto di un’aspra contesa tra Phnom Phen e Bangkok che risale alla metà del secolo scorso per la definizione dei confini fra l’antico Siam e i possedimenti coloniali francesi di allora.

 

LA STORIA – Il tempio è stato assegnato alla Cambogia dalla Corte di Giustizia Internazionale nel 1962 e in seguito dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO nel 2008 per la sua radice comune con il celebre sito di Angkor Watt. Decisioni queste che Bangkok non ha mai pienamente accettato, alimentando così una serie di scontri nell’ultimo decennio: nel 2001, poi ancora nel 2009 fino a episodi più recenti, l’ultimo dei quali lo scorso febbraio, terminato con l’arresto in Cambogia di alcuni nazionalisti thailandesi.

UN DELICATO EQUILIBRIO – Questi precedenti dimostrano che entrambi i paesi hanno utilizzato questo fazzoletto di terra al confine per motivi di orgoglio nazionale e di politica interna più che come campo di battaglia per uno scontro diretto, che al momento andrebbe a urtare questioni delicate come: la credibilità dell’ASEAN, del quale fanno parte entrambi i paesi; i rapporti con vicini in ascesa come Malesia e Vietnam; infine, in una più ampia prospettiva, gli interessi di Stati Uniti e Cina.

Infatti Bangkok può contare sull’appoggio di Washington grazie alla sua posizione privilegiata nell’area, vicina a territori “caldi” come la Birmania. D’altra parte in questi ultimi anni il signore di Phnom Phen ha stretto rapporti sempre più intimi con Pechino, aumentando così la sua influenza come paese emergente e il suo potere in Cambogia. Per ovviare alla palese inferiorità militare, Hun Sen avrebbe utilizzato gli episodi al confine come mezzo di propaganda in patria.

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LO ZAMPINO DI THAKSIN – Sembra che l’ex generale cambogiano abbia definitivamente abbracciato la strada della distensione dopo l’esito delle elezioni in Thailandia che hanno riportato al potere il PTP (Pheu Thai Party) guidato dalla premier Yingluck Shinawatra, sorella (e quindi “portavoce”) di Thaksin, noto magnate delle comunicazioni e protagonista assoluto della scena politica thailandese degli ultimi 15 anni.

Accusato di corruzione e imputato in diversi processi, alla fine del 2006, mentre si trovava all’estero, il premier subì un colpo di stato, fu esiliato dalla politica per cinque anni, i suoi beni furono congelati e il paese andò di nuovo alle urne. Shinawatra rimase quindi lontano dalla Thailandia per più di due anni. Nel 2008, per sfuggire alla sentenza della corte suprema che lo condannava due anni di reclusione per conflitto d’interessi, rinunciò a rimpatriare e si recò invece alle Olimpiadi di Beijing. In seguito fu proprio Hun Sen a offrire aiuto e asilo a Thaksin, nominandolo consigliere economico della Cambogia nel 2009.

A questo punto nella avvincente partita geopolitica del Sudest Asiatico si è arrivati a una sorta di paradosso. La distensione, resa possibile dalle novità thailandesi, mette gli scontri intermittenti sotto una nuova luce. Prima del “ritorno” di Thaksin, le scaramucce, indice di un conflitto latente tra un partner-USA e un nuovo protetto della Cina, avevano fatto emergere preoccupazioni per l’equilibrio geopolitico della zona.

Ora invece, sembra quasi che gli stessi scontri, non sfociando in un conflitto vero e proprio, possano in qualche modo bilanciare i macrointeressi contrapposti. La presenza di due governi alleati tra loro, quindi, entrambi in ottimi rapporti con Pechino, scuote lo scenario e rianima il gioco.

Valeria Giacomin

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Valeria Giacomin
Valeria Giacomin

Laurea Triennale in Finanza presso l’università Bocconi nel 2009, Double Degree in International Management con la Fudan University di Shanghai tra il 2009 e 2011 e master di secondo livello in Economia del Sud Est Asiatico presso la SOAS di Londra nel 2012. Più di due anni in giro per l’Asia e gran voglia di avventura. Tra il 2010 e il 2012 ho lavorato in Vietnam come analista, a Milano come giornalista e a Città del Capo presso una compagnia e-commerce.
Le mie aree d’interesse sono il commercio internazionale, business development e dinamiche di globalizzazione nei paesi emergenti, in particolare nel settore delle commodities agricole.
Dal 2013 sono PhD Fellow in Danimarca presso la Copenhagen Business School. Sto scrivendo la mia tesi di dottorato sull’evoluzione del mercato dell’olio di palma in Malesia e Indonesia e più in generale seguo progetti di ricerca sul settore agribusiness in Sudest Asiatico.

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