La gomma naturale, come molte altre commodities, è attualmente oggetto di grande interesse e speculazione nei mercati internazionali. Il Vietnam, mediante due grandi compagnie del settore agricolo finanziate anche da capitale occidentale, sta sottraendo a Cambogia e Laos foreste e terreni coltivabili per destinarli alla coltivazione di gomma naturale. Come spesso accade quando si parla di imperialismo, a farne le spese sono i più deboli: piccoli produttori agricoli e abitanti dei villaggi.
I NUMERI DELLA GOMMA – La gomma naturale viene oggi utilizzata per la produzione di pneumatici (50% del mercato), vestiario, contraccettivi e attrezzature mediche. I principali produttori ed esportatori di questa commodity si trovano nel Sud est Asiatico: Tailandia, Indonesia, Malesia e Vietnam coprivano il 73% del mercato globale già nel 2011.
La produzione di questa materia prima è quasi raddoppiata tra il 2000 e il 2011 passando da 7 a 11.5 milioni di tonnellate annue, mentre nello stesso periodo il suo prezzo è quadruplicato. Alla base di questa impennata ci sono due fattori principali.
Il primo è la crescita del prezzo del petrolio, che ha reso proibitivo il prezzo della gomma sintetica (un suo derivato), spingendo la domanda (e il prezzo) del suo sostituto naturale. Il secondo fattore è la crescita della domanda cinese. La Cina è il primo consumatore mondiale di gomma naturale e negli ultimi dieci anni, a causa della diminuzione delle aree coltivabili (ne avevamo parlato qui e qui), ha ridotto la produzione domestica di gomma naturale, aumentando ulteriormente le sue importazioni, che hanno raggiunto 1.7 milioni di tonnellate nel 2011.
Ad approfittare di questa congiuntura favorevole è stato il Vietnam, che già nel 2010 produceva 783 mila tonnellate di gomma naturale per il mercato estero, utilizzando circa 834 mila ettari, pari all’8% del suo territorio coltivabile.
Le principali compagnie vietnamite della gomma sono il colosso privato Hoang Anh Gia Lai (HAGL) e la società statale Vietnam Rubber Group (VRG), che da sola controlla 300.000 ettari di territorio nazionale e l’85% dell’export. La crescente domanda di gomma e la scarsità di terra coltivabile hanno spinto queste compagnie a cercare nuove aree coltivabili in Cambogia e Laos, Paesi limitrofi, poveri, meno popolati e ricchi di terre vergini da acquisire, occupare e disboscare.
IL CASO – Secondo un report di Global Observer a oggi più di 1.2 milioni di ettari in Cambogia e almeno 375.000 in Laos sono stati destinati alla coltivazione di gomma negli ultimi sei anni. In Cambogia il 14% della gomma è in mani vietnamite: HAGL controlla circa 47 mila ettari e VRG più di 120 mila ettari. In Laos i dati sono più incerti, ma le cifre delle terre a gestione vietnamita si avvicinano a 50.000 ettari.
Sebbene Cambogia e Laos abbiano disperato bisogno di aumentare la produzione agricola per combattere la povertà (in Cambogia un terzo della popolazione vive con meno di 1 euro al giorno e 90% dei poveri risiede nelle zone rurali) la coltivazione della gomma non rappresenta una soluzione concreta, poiché offre limitate possibilità di impiego e soppianta colture essenziali per la sopravvivenza delle comunità di villaggio.
Nonostante la densità della popolazione di Laos e Cambogia sia rispettivamente 10 e 4.5 volte inferiore a quella vietnamita, in entrambi i Paesi non è facile ottenere licenze di sfruttamento della terra coltivabile. In Cambogia parte della terra è patrimonio dello Stato e dunque non dovrebbe essere oggetto di concessione, mentre la terra coltivabile è gestita mediante il sistema delle Economic Land Concessions (ELC), licenze che permettono a uno stesso soggetto l’utilizzo del terreno nazionale fino a un massimo di 10.000 ettari.
Per superare questo ostacolo le compagnie Vietnamite hanno creato una rete di società affiliate e controllate, in modo da frazionare nominalmente la titolarità delle licenze. Al fine di ottenere il controllo di ulteriori terre e foreste, sembra che le due compagnie abbiano sfruttato le relazioni personali dei loro dirigenti con il primo ministro cambogiano Hun Sein e altri esponenti del Governo e che, inoltre, abbiano disboscato territori protetti garantendo a tycoons locali lo sfruttamento del legname di risulta. Infine, sembra che, corrompendo i capi dei villaggi, abbiano occupato le terre che gli abitanti utilizzano per la loro sopravvivenza in cambio di rimborsi e compensazioni che spesso non sono arrivati.
Per le comunità rurali la conversione alla gomma ha rappresentato un grave danno: la popolazione è troppo debole per combattere questi soprusi, spesso non è in possesso della documentazione relativa alla proprietà della terra, non padroneggia la normativa vigente, non ha accesso ai mezzi di comunicazione e, in molte occasioni, le proteste e le manifestazioni nei villaggi vengono messe a tacere con la forza.
In questa mappa, la regione del Sudest asiatico
CHI CI METTE IL CAPITALE? – Sia HAGL che VRG sono quotate nelle borse internazionali (vietnamita e inglese) e hanno registrato utili in crescita fin dal 2006. È interessante notare che la raccolta di capitale ha coinvolto due grandi istituti noti al pubblico occidentale: Deutsche Bank e International Financial Corporation, responsabile per gli investimenti finanziari della World Bank. La banca tedesca possiede 3.4 milioni di azioni di HAGL per un valore di circa 4.5 milioni di dollari tramite il suo fondo d’investimento DWS Vietnam Ltd., continuando inoltre a finanziare la società attraverso un fondo che opera direttamente nella borsa vietnamita. Deutsche Bank detiene anche una quota di Dong Phu, controllata di VRG che agisce in Laos e Cambogia.
IFC detiene circa il 9% di Dragon Capital Group Ltd, un fondo vietnamita, specializzato nei mercati emergenti, che a sua volta controlla direttamente o attraverso altri fondi piccole quote di entrambe le compagnie vietnamite della gomma. Poiché entrambi gli istituti finanziari sono vincolati a standard etici per le loro scelte d’investimento, questa vicenda fa sorgere dubbi sui criteri seguiti per le due-diligencies di questi progetti.
Valeria Giacomin