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Nel ventre del dragone

Il Caffè geoeconomico – Torna la rubrica che prova a mostrare come dietro a diversi risvolti geopolitici vi siano spesso tematiche geoeconomiche da analizzare. Abbiamo parlato tanto di Cina in questo periodo: proviamo a viaggiare “dietro le quinte”, per scoprire i motori dello sviluppo cinese, ma anche alcuni suoi squilibri. Il tema è complesso, ma è fondamentale capire alcune dinamiche che stanno dietro al fenomeno Cina, sempre più al centro del mondo (e la nostra cartina, nell'homepage, lo testimonia…)

Quando si parla di squilibri nell’economia cinese si pensa quasi sempre al tasso di cambio (sulla cui gestione si concentrano rimostranze e pressioni occidentali, soprattutto di Washington), o al tasso di inflazione (oggetto delle preoccupazioni cinesi). E’ in corso da alcuni anni (ma con particolare intensità negli ultimi due) tra gli addetti ai lavori un serrato dibattito sulla presenza nel tessuto economico cinese di importanti bolle speculative, ovvero di altre e più profonde distorsioni strutturali nella allocazione delle risorse. Di questi scompensi, i profili di cambio e prezzi sarebbero in parte causa, in parte sensore.

RISCHI SPECULATIVI – I temi sono diversi. Proviamo a fare un po' di chiarezza, districandoci tra questioni non immediate:

_ recentemente hanno suscitato una certa inquietudine report ufficiali e analisi delle banche d’affari sulla finanza delle amministrazioni locali. Se il National Audit Office (NAO) cinese parla di un debito periferico di circa 10.700 miliardi di renminbi (rmb), pari a un sostenibile 27% del Pil, gli analisti di Standard Chartered – banca d’affari focalizzata in particolare sull’estremo oriente – “vedono” un ammontare decisamente superiore (altri 4mila mld di “credito informale”). Non si tratta tanto del valore, assoluto o in rapporto al Pil, quanto dell’opacità e fragilità del sistema finanziario su cui il debito insiste. Il tasso di interesse praticato dalle banche sul credito “periferico” è stimato a un 6% medio, molto superiore al tasso ufficiale del 2%, che vige per il debito del governo centrale.

A questo si aggiunge che la stretta in corso sul credito da più di un anno, parte essenziale della manovra del governo volta a prevenire/assorbire bolle speculative e inflazione, colpisce in particolare province, città e imprese medio-piccole. Quasi sicuramente il bilancio nazionale dovrà farsi carico di una parte importante del debito periferico, se non si vuole correre il rischio di insolvenze generalizzate in grado di minare la credibilità del sistema bancario.

_ il credito alle grandi opere infrastrutturali (ferrovie, autostrade, aereoporti, interi quartieri e città..) e all’industria pesante opera al di fuori di ogni regola di mercato, potendo attingere al vasto bacino del risparmio a tassi amministrati, estremamente e artificiosamente bassi.

E’ sicuro che si deve all’esistenza e alle prospettive di sviluppo di vaste e moderne reti infrastrutturali se la Cina ha attratto in questi decenni tanta parte dei flussi globali di investimento diretto, ed è diventata “la fabbrica del mondo”. D'altra parte, vi sono alcuni economisti che puntano il dito su autostrade deserte, aereoporti nuovi di zecca e rimasti intatti, intere città fantasma e impianti siderurgici inutilizzati. Sarebbero questi chiari segnali di un eccesso di investimento, ovvero un’altra bolla speculativa, che potrebbe addirittura portare a una vera e propria crisi da sovracapacità produttiva.

INCENTIVARE I CONSUMI – E’ vero poi che occorre valutare tali dati e coefficienti alla luce dell'unicità del contesto cinese, che mostra un dinamismo economico e demografico incomparabile alle altre economie del G8. In ogni caso, vi sono indiscusse priorità, in gran parte dettate dalle problematiche dell’urbanizzazione e di una necessaria crescita dei consumi. Servono dunque meno industria pesante e infrastrutture per l’export (che portano a ingenti consumi di energia, con esternalità enormi su ambiente e salute, creando poca occupazione), e più reti idriche e fognarie, elettriche, ferrovie ad alta velocità, metropolitane (in grado non solo di agevolare la logistica e ridurre costi di distribuzione, facilitare la mobilità del lavoro, ma anche di generare tempo libero per maggiori consumi e migliore qualità della vita), così come le infrastrutture “soft” del nascente Stato Sociale: istruzione, servizio sanitario, previdenza sociale, cultura e impianti sportivi.

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OCCHIO ALL'IMMOBILE – Il settore immobiliare è diventato negli ultimi due anni, forse più dello stesso investimento infrastrutturale, il primo dei sospetti riguardo ai rischi speculativi. E’ comunque una industria di vastissime dimensioni, il cui andamento è considerato decisivo per gli sviluppi dell’economia cinese e mondiale, dato l’impatto enorme che ha sul consumo di materie prime.

Anche su questo tema il dibattito tra gli analisti si divide tra pessimisti e ottimisti. L’Economist ha tentato di recuperare e sintetizzare i dati grezzi disponibili in un indice comprensivo di settanta città: ne emerge un drastico rallentamento nella corsa dei prezzi, ma comunque un trend in moderato rialzo. In pratica la stretta creditizia del governo starebbe funzionando, inducendo un rallentamento e poi uno stop, forse una graduale correzione nei prossimi mesi e anni. In realtà, per l’immobiliare, i primi effetti di una inversione non si misurano sui prezzi, ma sui volumi e sull’andamento del debito: sperando in una ripresa del mercato molti operatori preferiscono rimanerne fuori (contrazione nel volume degli scambi), attingendo a linee di credito (ufficiale o informale) per pagare i conti. Questo sembra essere proprio quel che è accaduto in questi mesi: l’eventualità di un traumatico redde rationem con crolli dei prezzi, insolvenze a valanga, e seri danni alla stabilità delle banche, sebbene non così probabile nel breve periodo, non può essere esclusa.

A tutto questo si deve aggiungere la massa di credito offerto da privati e banche “informali”: la contrazione del credito “ufficiale” ha razionato la liquidità soprattutto ad amministrazioni locali e piccole e medie imprese, in particolare nel settore dello sviluppo immobiliare. Questo ha favorito l’affermarsi, in particolare nell’ultimo anno, di un ricco sottobosco di finanza informale, prestiti da privati e da istituti non riconosciuti, a tassi estremamente elevati: una manna per risparmiatori costretti ad accettare rendimenti reali quasi nulli o negativi, al tasso ufficiale. Si è così pompata una vasta massa di credito irregolare, sommerso, quasi sempre privo di garanzie.

SOTTO LA PELLE DELLE STATISTICHE – Apparentemente, sulla scintillante superficie delle statistiche macroeconomiche, la gestione di questi anni è stata un successo: la crisi che ha attanagliato l’Occidente non ha quasi scalfito la formidabile progressione del Pil, né le dinamiche occupazionali. Il settore trainante dell’export, un po‘ ridimensionato, è stato sostituito dal boom dell’investimento (soprattutto immobiliare), il cambio reale si è significativamente apprezzato e anche i salari aumentano. Nei fatti non si è ancora messo mano alle distorsioni strutturali del modello cinese (di cui pure la dirigenza mostra una chiara consapevolezza), non si è avviata la riconversione generale a un nuovo e più sostenibile equilibrio.

COME A SHANGHAI – La difficoltà particolare di questo aggiustamento strategico è data dal fatto che diversi squilibri dell’attuale modello formano tra loro un incastro apparentemente organico ed efficace: un sistema di welfare seppur in crescita ma ancora carente porta a elevati tassi di risparmio e deprime i consumi; d'altra parte, la repressione finanziaria (cioè il sistema centralizzato, che contempla una limitata o nulla scelta di strumenti d’ investimento per le famiglie, e tassi di remunerazione amministrati), e gli interventi di sterilizzazione della banca centrale (volti a sedare focolai di crescita dell'inflazione, mentre si opera per mantenere sotto controllo il cambio), creano un habitat perfettamente funzionale al grande aumento di investimenti ed export, e poi alla fase più pericolosamente sregolata e speculativa sviluppatasi nel settore immobiliare. Questo assetto, mentre distrugge nella produzione di opere inutili risorse che dovrebbero essere investite nelle politiche di urbanizzazione ed espansione del mercato interno, ha d’altra parte saputo rispondere alla crisi mondiale (occidentale) preservando l’occupazione. Si tratta ora di avere mano ferma e precisione, coraggio, per intervenire dove è necessario, eliminare i fattori distorsivi senza far crollare la costruzione. Come a shanghai.

Andrea Caternolo [email protected]

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