In 3 sorsi – A quasi due anni dagli ultimi supercicloni il Mozambico è messo ancora in ginocchio dal trio Chalane-Eloise-Guambe. Oltre agli incalcolabili danni materiali, l’emergenza lascia anche un forte impatto psicologico per un Paese appena uscito dall’abisso economico e infrastrutturale.
1. L’ENNESIMA PIAGA DEL MOZAMBICO
Nella prime ore del 23 gennaio il ciclone Eloise si è abbatttuto a circa 20 chilometri a sud della città di Beira, portando venti della velocità di 160 km/h e piogge torrenziali. Lo scorso 30 dicembre era stato preceduto dal ciclone Chalane, ma il vigore di Eloise ha riportato il Paese alla drammatica situazione del 2019, quando era stato dilaniato da due supercicloni consecutivi, Idai e Kenneth (un totale di 400mila persone colpite, almeno mille morti e danni stimati a circa 2,2 miliardi di dollari), dai quali si era ripreso da poco e con fatica. A neanche un mese di distanza un altro ciclone, Guambe, ha fatto la sua comparsa, portando venti di 155 km/h: è il terzo ciclone dallo scorso dicembre e si prevede un’ intensificazione dei fenomeni nelle prossime settimane. Secondo gli ultimi dati disponibili sono circa 441.686 le persone danneggiate, di cui 22 morti ufficiali e 43.327 sfollati. Alcuni di loro hanno trovato riparo nei pochi edifici rimasti in piedi, altri in centri di accoglienza temporanei realizzati dall’Istituto Nazionale per la Gestione delle Catastrofi e la Riduzione dei Rischi (INGD). Oltre a più di 56mila abitazioni compromesse o smantellate, sono andati distrutti anche circa 140mila ettari di terreno coltivabile: recuperare l’attività agricola e portare a termine il raccolto annuale sarà verosimilmente impossibile.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Gli effetti del cliclone Eloise nel distretto di Dondo, a nord di Beira, nel Mozambico centrale
2. UNA CRISI UMANITARIA MULTIDIMENSIONALE
Negli ultimi anni il Mozambico ha sofferto molteplici traumi: una costante oscillazione tra inondazioni violente (cinque dal 2019) e altrettanto severe siccitĂ , epidemie (colera e Covid-19) e sfollamenti in rapido picco a causa della rafforzata minaccia jihadista nella provincia di Cabo Delgado, ormai centro logistico di Ahlu Sunnah Wal-Jamâa. Il Mozambico è incline a eventi meteorologici intensi ed è ora nel pieno della stagione delle piogge (ottobre-aprile), che porta venti dall’Oceano Indiano e inondazioni nei bacini idrografici dell’Africa australe. La loro portata distruttiva è aumentata negli anni a causa del riscaldamento climatico, tant’è che nel 2019 il Paese è risultato il piĂą colpito da eventi atmosferici estremi. Oltretutto è opinione condivisa che le emergenze siano state affrontate con un certo lassismo a livello governativo e che i fondi ricevuti nel 2019 non siano stati correttamente spesi. Molte infrastrutture pubbliche distrutte non sono state riparate e diversi sfollati di allora vivono ancora in accampamenti improvvisati. Il contesto sociale è ulteriormente aggravato dalla pandemia: le strutture ospedaliere sono state danneggiate dai recenti cicloni e non dispongono di posti letto e ventilatori sufficienti, i test sono limitati e i centri di accoglienza congestionati – rispettare le norme anti-Covid è un’autentica sfida.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Donne in fila per ricevere le provviste distribuite dall’organizzazione sudafricana Gift of the Givers dopo il passaggio del ciclone Idai nel 2019 a Estaquinha, a ovest di Beira
3. ‘BUILD BACK BETTER’ (?)
Varie Istituzioni internazionali e ONG si sono attivate non appena si è configurata l’entitĂ dell’emergenza. Tra le piĂą note presenti sul campo Oxfam, Medici Senza Frontiere, Croce Rossa Internazionale, Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e Nazioni Unite. Un sostegno considerevole è giunto anche dall’INGD. Tutte spingono affichĂ© vengano incanalati aiuti internazionali verso il Mozambico e perchĂ© il Governo sviluppi previsione e prontezza operativa attraverso programmi di disaster risk management. Le concrete possibilitĂ di “ricostruire meglio” appaiono però molto nebulose: giĂ nel 2019 il Mozambico si è trovato in una situazione di forte indebitamento, peggiorata a seguito di Idai e Kenneth, alla quale il Fondo Monetario Internazionale aveva provato a ovviare fornendo un cospicuo prestito (Rapid Credit Facility). L’iniziativa è stata replicata anche quest’anno per far fronte alle conseguenze della pandemia. L’ulteriore disastro meteorologico compromette sensibilmente le prospettive di superare la crisi strutturale. Per il momento, il futuro del Mozambico rimane appeso a un filo.
Ylenia De Riccardis
“People take refuge on the roofs of buildings following flooding caused by Cyclone Idai in Mozambique” by DFID – UK Department for International Development is licensed under CC BY