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Metropolis – Roma, e la Dolce Vita perduta

Analisi – La pandemia di Covid-19 ha colpito duramente settori cruciali del tessuto sociale ed economico di Roma, acuendo una crisi identitaria che si protrae da anni. Alle soglie di una tornata decisiva, per l’ennesima volta la Città Eterna si trova davanti a un bivio. L’impressione è che possa trattarsi dell’ultimo.

Prima tappa del viaggio del Caffè Geopolitico tra le grandi metropoli del pianeta, prossimo appuntamento giovedì 11 marzo con Parigi.

“Roma ha questo di buono, che non giudica, assolve”    

(Ennio Flaiano)

I NUMERI DELLA CRISI

La pandemia di Covid-19 ha prodotto finora numeri impietosi per il tessuto produttivo ed economico di Roma. Secondo i dati di Confcommercio 40mila persone hanno perso il lavoro nel corso del 2020 solamente nel settore della ristorazione e del commercio, mentre bar e locali nel centro storico hanno subito fino al 50% di perdite di fatturato o sono in vendita a prezzo di saldo. Il turismo, ovvero il 22% delle entrate della Capitale, sta pagando un conto salatissimo: un crollo della domanda turistica pari al 74%, dovuta principalmente a una flessione dell’88% delle presenze straniere, che ha portato a un calo del 75% del fatturato di tutto l’indotto, provocando una contrazione del PIL romano di quasi il 2%. Senza contare la drammatica crisi che ha investito un altro settore cruciale non solo per l’economia capitolina, ma anche per la sua proiezione internazionale: l’industria cinematografica. Per far fronte a questa emorragia, a dicembre 2020 la giunta Raggi ha annunciato una manovra di quasi 2 miliardi di euro per rilanciare gli investimenti. E mentre le imprese romane faticano a reggere l’urto della crisi, le ore di cassa integrazione nel Lazio sono aumentate del 1581% nel solo 2020, con un impatto devastante sulle famiglie. Colpita da una crisi economica senza precedenti, la città si interroga sul proprio futuro post-pandemia, nel pieno di un 2021 che segnerà una tornata elettorale decisiva e si interseca con una crisi vocazionale ormai decennale.

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Fig. 1 – Piazza della Rotonda, davanti al Pantheon, deserta di turisti e lavoratori

CRISI D’IDENTITÀ

Se oggi Roma lotta strenuamente per limitare l’impatto economico e sociale della pandemia, la sua crisi d’identità ha origini remote. Inchieste giudiziarie, scandali politici, servizi pubblici ormai ridotti all’osso, il sorpasso di ambizioni e immagine da parte di Milano. Tutti fattori che da anni spingono Roma in una spirale di immobilismo letargico. E se le foto degli autobus in fiamme per incuria hanno fatto il giro del mondo, neanche il ritratto malinconico e struggente regalatole da Paolo Sorrentino ne “La grande bellezza” è riuscito a riscattare e rilanciare l’immagine internazionale di Roma. Emblematica della crisi che la Capitale sta vivendo da ben prima della pandemia è la corsa al Campidoglio, che culminerà con le elezioni nel 2021. Una competizione che sembra trovare solo candidati riluttanti, con Virginia Raggi in cerca di un secondo mandato tra lo scetticismo della città e i partiti tradizionali incapaci di individuare candidati all’altezza, inseguendo esponenti della società civile per il timore di bruciare figure di spicco in una missione impossibile: governare Roma. La grande occasione per la politica di riprendersi il palcoscenico cittadino dopo le inchieste giudiziarie che hanno messo in luce i rapporti opachi con il mondo sommerso dell’Urbe, si sta trasformando in una plateale manifestazione di debolezza. E mentre aumentano i tavoli di dibattito sul futuro, l’immagine della città è ormai legata da un decennio più alle sue rinunce che ai suoi rilanci, dalle Olimpiadi mancate al recente abbandono dell’ennesimo progetto, il nuovo stadio della Roma. E così tra servizi di trasporto inadeguati, gestione dei rifiuti fallimentare, municipalizzate sull’orlo del default e mancanza di progettualità, la città ha assunto una postura sempre più introversa. Ferita da anni di gestione dissennata e sviluppo insostenibile, Roma sembra sull’orlo del tracollo mentre infuriano i venti della pandemia.

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Fig. 2 Piazza del Campidoglio, sede del Comune di Roma

QUALE FUTURO

In un quadro così fosco, la città si interroga su quale possa essere il suo futuro una volta che l’emergenza sanitaria sarà cessata. Affranta dalla prospettiva di un ineluttabile declino, Roma possiede ancora alcuni punti di forza sui quali poter fondare il proprio rilancio, se saprà ben sfruttare i fondi in arrivo grazie al Next Generation EU. A partire da un immenso patrimonio “verde” fatto di parchi urbani e giardini pubblici, disteso su un territorio che ne fa la Capitale più vasta d’Europa dopo Londra. Asset prezioso nel mondo post-pandemia, quando le città fuggiranno da densità abitative claustrofobiche che si sono dimostrate letali già nei mesi più caldi del contagio. Dimensioni così ampie però richiederanno anche un ripensamento degli spazi interni, delle vie di comunicazione e del rapporto con i Comuni che ne compongono l’hinterland. Una vastissima area metropolitana, che già da sola costituirebbe la quarta del Paese, mal collegata e peggio integrata con la Capitale, in un contesto di pendolarismo diffuso ed esteso. 700mila persone vivono al di fuori del Grande Raccordo Anulare, spesso con servizi altamente scadenti, o assenti, e in mancanza di prospettive o certezze. Meccanismi che nel tempo hanno alimentato veri e propri fenomeni di esclusione urbana, cui il virus ha dato ancor più risalto ed esasperazione. Ma rilanciare Roma in un mondo post-pandemia vorrà dire anche ripensare il modello di sviluppo per i suoi residenti. Seguendo un trend ormai mondiale, Roma da anni assiste a un’emorragia di residenti soprattutto nel centro storico, che nell’ultimo decennio ha registrato una diminuzione del 13% di abitanti. Giovani, ceto medio, lavoratori precari e studenti vengono spinti sempre più verso le periferie a causa dei costi insostenibili e del decentramento di qualsiasi servizio, svuotando i palazzi dai residenti storici in cambio di turisti mordi e fuggi, abbassando le serrande di ferramenta o alimentari e concentrando in quelle strade il 63% delle strutture ricettive. Un fenomeno comune alle grandi metropoli, ma che sta producendo una desertificazione dei quartieri più caratteristici e vitali di Roma. La pandemia, innestata su queste fondamenta, ha prodotto un’ulteriore fuga di lavoratori e residenti favorita dallo smartworking che impatterà sul modello di sviluppo dell’intera città, costringendo a immaginare un futuro con meno turisti e uffici.
Da questi numeri dovrà ripartire una nuova Roma, dall’inversione di tendenza di fenomeni in atto già prima della pandemia e che grazie al virus hanno ricevuto un’ulteriore accelerazione. Sfruttando i punti di forza di una città che, nonostante le ferite e l’incuria, sa ancora esercitare il fascino di una bellezza unica, potendo contare su un patrimonio culturale e artistico senza eguali.
Una Città Eterna chiamata a trovare una vocazione nuova dall’essere una semplice cartolina per turisti. Per sfuggire alla tristezza del declino, e lasciare che l’unica luce del tramonto sia quella che alla fine di ogni giornata tinge le case e i palazzi di Roma di un colore unico al mondo.

Luca Cinciripini

Immagine in evidenza: Photo by Julius Silver is licensed under CC0

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Perchè è importante

  • La pandemia sta causando danni enormi al tessuto economico e produttivo di Roma, gettando la Capitale in una profonda crisi.
  • L’emergenza sanitaria si allaccia a una crisi vocazionale in corso da anni, tra scandali politici, disservizi e inchieste giudiziarie.
  • Roma può ancora contare su un prezioso patrimonio di strumenti per rilanciarsi nel mondo post-pandemia. A patto di saper usare saggiamente le risorse di cui ancora dispone.

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Luca Cinciripini
Luca Cinciripini

Nato nel 1991, laureato in Giurisprudenza e attualmente dottorando in Istituzioni e Politiche presso l’Università Cattolica di Milano. I miei interessi di ricerca sono concentrati in particolare sulle politiche di sicurezza e di difesa europee, i rapporti tra NATO e UE e la politica estera comunitaria. Da grande amante del mondo anglosassone, seguo anche tutte le vicende rilevanti della politica e della società britannica.

Ma, soprattutto, tre cose non possono mancare mai per me: l’Inter, il cinema e gli U2.

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